Riflessioni sulla didattica ai tempi del covid: "quando lo spazio insegna".

Riflessioni sulla didattica ai tempi del covid, di Antonella Castelnuovo
 
In questo momento storico caratterizzato dalla pandemia del covid 19, tutte le società sono in crisi ed ancor più le istituzioni che stanno sperimentando strategie di emergenza che possono essere definite ‘di sopravvivenza’ più che essere rivolte ad una effettiva tutela del corpo sociale cioè a dire di noi stessi e degli altri.
Tra le istituzioni sociali la scuola è il luogo in cui la crisi potrebbe avere maggiori ripercussioni, non solo perché si è perso un lunghissimo tempo per la sua ripartita, ma anche e soprattutto per l’assenza di direttive didattiche e pedagogiche da affiancare a quelle sanitarie. E’ in questa ottica che intendo delineare dei brevi principi educativi che potrebbero risultare utili in questo difficile momento.   
 
1.La pandemia del covid ha colpito ogni luogo e contesto, e in tal senso non vi sono differenze dunque tra scuola e ambiente esterno: da questa prospettiva l’ambiente scolastico come peraltro ogni altro ambiente sociale, dovrà essere percepito come una comunità dove ognuno deve rispettare regole comuni e fare la propria parte, esattamente come nella società. Ciò per definizione richiede l’impegno di tutti, docenti ed alunni, che dovranno cooperare e collaborare per creare regole comuni da rispettare, promuovendo responsabilità individuali e collettive. Nella classe, microcosmo della comunità scolastica, tali regole e responsabilità dovranno essere tradotte in termini funzionali, non solo per garantire sicurezza ma soprattutto per veicolare relazioni ed apprendimenti.
Indubbiamente il distanziamento richiesto dalle norme anti-covid e la nuova regolamentazione degli spazi saranno fattori non indifferenti che non permetteranno, almeno nei primi mesi di scuola, un facile inizio di anno scolastico. Proprio per questa ragione i docenti hanno il dovere di fare delle riflessioni su come lo spazio agisca da fattore di”mediazione” di relazioni e di concetti: infatti dilatando o restringendo lo spazio cambiano sia i rapporti che le percezioni interpersonali, così come il valore che si dà agli oggetti e al loro uso funzionale.
Gestire lo spazio esterno significa dunque gestire anche lo spazio mentale interno in quanto nella percezione di un ambiente la persona non è qualcosa di esterno e scollegato, ma ne è parte integrante, poichè tra i due esiste una interazione costante (Baroni, 1998). Un rapporto positivo con l’ambiente rappresenta dunque un aspetto importante nell’identità individuale; tutti abbiamo bisogno che il nostro spazio parli di noi, ci rappresenti, che racconti i nostri vissuti, le nostre narrazioni individuali e familiari, e ciò ci aiuta nel mantenimento di una dimensione storica personale. L’identità di un luogo è, infatti, strettamente legata ai nostri ricordi, in quanto in essa confluiscono emozioni, relazioni, e soprattutto bisogna ricordare che l’ambiente domestico è anche un prezioso “contenitore” (De Marco, 2015), in quanto racchiude in sé tutto ciò che avviene al suo interno. Tuttavia lo spazio è anche “contenuto” in quanto è il quadro di riferimento che determina le dinamiche interpersonali, così come ogni evento che avviene al suo interno attraverso rituali, incontri, saluti e distacchi.
In base a tali concetti nella didattica scolastica da parecchi anni ormai si è posta una grande attenzione alla progettazione di ambienti didattici innovativi dovuta in gran parte ad esigenze nuove in ambito pedagogico, e in tal senso ci sono stati dei grandi cambiamenti. Una scuola innovativa oggi è attenta alla metafora dello spazio come “terzo insegnante”, usata da Loris Malaguzzi, connotata con l’importante ruolo che l’ambiente può ricoprire nel sistema-scuola. Non si tratta solo di un ruolo funzionale per rendere possibili determinate attività, ma soprattutto per facilitare il modo in cui tali attività possono essere svolte, il senso che le funzioni da espletare hanno per i soggetti coinvolti. La spazio infatti è un “mediatore pedagogico” di significati evidenziabili e rapportabili a diversi modelli scolastici; fino a poco tempo fa ad esempio, l’organizzazione dello spazio nelle istituzioni scolastiche aveva l’obiettivo di creare relazioni gerarchiche basate su ideologie di ordine, controllo, sorveglianza, disciplina e competizione. Ciò rifletteva un modello di apprendimento basato sulla trasmissione-ricezione dove l’allievo aveva il solo compito di ascoltare e ripetere ciò che gli è stato trasmesso. Dal punto di vista pedagogico e didattico il modello metodologico trasmissivo richiede semplicemente uno spazio strutturato con cattedre e banchi fissi.
Purtroppo la situazione della pandemia covid 19 può far ricadere la didattica su modelli tradizionali ormai superati orientati su questo tipo di setting, con schemi fissi e rigidi per paura del contagio. Tutto quello che in passato si è dimostrato poco proficuo nei confronti dell’apprendimento oggi potrà solo peggiorare a causa dei ruoli forzati nel posizionamento degli alunni creando tensioni, stress e senso di isolamento. Di fatto nell’odierna situazione, occorre potenziare non tanto i posizionamenti quanto piuttosto le relazioni tra alunni e tra docente e alunni. L’adozione di un banco unico dove ogni studente starà da solo richiede lo sviluppo di abilità individuali ed anche di responsabilità personali. Occorre sviluppare e acquisire competenze autonome, saper comprendere un problema o un testo senza chiedere aiuto al compagno di banco, saper trovare soluzioni ai problemi ecc. Tuttavia i docenti dovranno al tempo stesso trovare soluzioni per creare il contatto relazionale tra alunni, in un clima di sicurezza. Per raggiungere questo scopo, inquadrato all’interno di una metodologia centrata sullo studente, si richiede una riorganizzazione funzionale degli spazi scolastici deve permettere agilmente di creare settings didattici diversificati, e funzionali ad attività differenziate. A scopo esemplificativo i banchi potrebbero essere rivolti non tanto verso la cattedra ma in maniera che ogni alunno possa essere di fronte ad un altro vis a vis con un compagno, in modo da poter svolgere riflessioni insieme, presentare elaborati, realizzare prodotti multimediali, svolgere prove individuali o di gruppo, discutere attorno a uno stesso tema, ecc. Questo non significa necessariamente vicinanza corporea ma implica la possibilità di creare degli scambi di idee, pensieri ed esperienze; poiché le attività scolastiche sono diversificate l’ambiente deve prevedere zone di lavoro e strumenti diversi anche attigui all’aula scolastica (utilizzo di corridoi, giardino, palestra ecc):gli spazi chiusi e rigidamente predefiniti sono insufficienti a dare risposte efficaci ai processi che si sviluppano a scuola. Spazi aperti, aree interne, arredi flessibili, tecnologie mobili sono solo alcuni esempi di un nuovo ambiente didattico che richiede un ripensamento complessivo. Emerge quindi la necessità di mantenere la scuola come uno spazio unico e integrato in cui i microambienti finalizzati ad attività diversificate abbiano la stessa dignità dell’aula tradizionale e presentino caratteri di abitabilità e flessibilità in grado di accogliere in ogni momento persone e attività della scuola offrendo caratteristiche di funzionalità, comfort, benessere oltre che sicurezza. In tal senso l’aula didattica generalista perde la sua egemonia e il quasi-monopolio del tempo scuola per lasciare spazio a una serie di ambienti variegati e rimodulabili in base alle esigenze.
Alla luce di queste premesse teoriche, occorre ripensare le metodologie didattiche che possano affiancare (senza sostituire) la didattica frontale, il modello preminente sulla base del quale la scuola italiana ha poggiato le fondamenta:didattica attiva, laboratoriale, lavoro di gruppo tra pari, cooperative learning, problem solving, problem-based learning, inquiry-based learning sono solo alcune delle possibili strategie per rendere lo studente protagonista del proprio percorso e processo di apprendimento.
 
2. Il supporto costruttivo del docente, definito scaffolding da Bruner (1982) dovrà essere modulato sulla base della nuova organizzazione sociale della classe. Il docente, oltre ad infondere sicurezza emotiva, dovrà trasmettere istruzioni in modo semplice e chiaro in modo da non creare ambiguità o fraintendimenti. Ma soprattutto dovrà modulare le sue istruzioni in relazione alle diversità dei singoli alunni, che per definizione sono multiformi, che vanno da diversità sociali e cognitive che richiedono quindi metodologie didattiche differenziate.
Howard Gardner (2005) ha teorizzato l’esistenza di 10 possibili “intelligenze”(logico-matematica; linguistica; spaziale; musicale; cinestetica o procedurale; interpersonale; intrapersonale; naturalistica; etica; filosofico-esistenziale) a dimostrazione del fatto che, ancora una volta, un’educazione standardizzata, uguale per tutti, non è la via preferenziale per intercettare le attitudini e le potenzialità innate degli studenti.
Differenziare gli interventi formativi rivolti alla valorizzazione delle intelligenze multiple necessita, come già ricordato, un ripensamento del metodo didattico nel disporre di luoghi e tecnologie idonei ad ospitare e supportare questi processi. Tutto ciò si riferisce ad un lungo dibattito già iniziato da E. Morin che fu tra i primi a sottolineare come la divisione del sapere in “organizzatori” - le discipline - sia una forzatura concettuale. Secondo Morin la reintegrazione dei saperi della cultura umanistica e della cultura scientifica consentirebbe di rispondere alle sfide della globalità e della complessità nella vita quotidiana, sociale, politica, nazionale e mondiale. In tal modo Morin restituisce alla complessità, e pertanto all’ interdisciplinarità, un ruolo cardine nel processo educativo, invitando gli insegnanti ad incentivare la ricerca di connessioni all’interno dei concetti nella stessa materia e tra le varie discipline sui vari livelli del sapere.
Nella scuola tutto ciò si traduce nell’adottare un approccio multimodale nella didattica, che consente agli alunni di partecipare ai processi di apprendimento in modo soggettivo, utilizzando strumenti di conoscenza, di scelte e di produzioni consoni alla propria esperienza e cultura. Sul piano della modellistica ciò implica il passaggio da una concezione “oggettivistica” della conoscenza, ad una concezione “costruttivista” della stessa. Quest’ultima si basa su un ruolo particolarmente attivo degli allievi, in quanto il processo di apprendimento si realizza nel campo delle esperienze personali, in un prodotto “socialmente, storicamente, temporalmente, culturalmente e contestualmente costruito”.
Appare evidente, dunque, che non esiste un sapere uguale per tutti, ma un processo che deriva dalle realtà culturali e concrete in cui ogni alunno si trova ad operare, derivato dalle esperienze di ognuno. Questo esige una grande varietà della offerta didattica e una certa flessibilità per renderla adattabile alle capacità e all’interesse di ognuno. E’ in questo contesto che gli strumenti multimediali possono assumere il ruolo di mediazione tra la cultura scolastica e quella degli alunni. Nell’attuale situazione scolastica il pluralismo dei modi di trasmettere e di apprendere le conoscenze va coniugato con l’esigenza del distanziamento fisico tra gli alunni legato alla loro capacità di autogestire individualmente le loro competenze.
 
3.Lo spazio esterno alla scuola deve presentare gli stessi standard di benessere e abitabilità e sicurezza delle altre strutture pubbliche e private adibite alla cittadinanza. La scuola in tal senso si apre all’esterno per attivare sinergie col territorio e cogliere, ospitare e rilanciare ciò che il territorio stesso offre. Allo stesso tempo si offre alla comunità mettendo a disposizione strutture e ambienti.
E’ importante capire la natura sistemica dei comportamenti di aggregazione nell’ambiente esterno in quanto lo sviluppo della responsabilità civica è strettamente legata alla posizione e al riconoscimento che gli individui occupano nella struttura sociale. Per citare un esempio i soggetti di origine Rom, emarginati spesso dalla società, assumono atteggiamenti verso l’ambiente circostante che rispecchiano la loro mancata responsabilità verso la società dove non si sentono rappresentati né integrati. Lo stesso vale per soggetti immigrati di recente sul nostro territorio che spesso si agglomerano in zone periferiche delle città.
I rapporti con l’ambiente partono innanzi tutto dai rapporti tra gli individui che vivono esperienze reali, coinvolgendo famiglie, partecipando a corsi multimediali, apprendendo i dettagli tecnici anche attraverso esperimenti, giochi e test di autoapprendimento. Nel progettare processi di integrazione tra gli inseriti nel loro ambiente occorre sfatare i pregiudizi reciproci, e fare emergere il concetto di identità plurime e complesse, esaminando gli elementi che la compongono. Così ad esempio sarà utile e necessario far comprendere che alcuni elementi identitari quali la religione o l’origine etnica possono variare da individuo a individuo ma al contempo ciò che unisce tutti in una unica dimensione devono essere le regole che non sono solo morali ma anche sociali per favorire il benessere degli individui e la loro convivenza. In tal senso la valutazione degli apprendimenti sull’ambiente dovrà tener presente i seguenti obiettivi:
  • educare a visioni pluralistiche ed interculturali centrate sull’ambiente e i suoi elementi di base. • educare alla responsabilità civica collettiva riconoscendo il valore delle azioni individuali all’interno di un gruppo;
  • comprendere il concetto di ambiente articolato in modo ecosistemico;
  • favorire la presa di coscienza dell’ambiente partendo dagli elementi di base: aria acqua terra mare;
  • riconoscere i vari contesti ambientali: ambiente familiare, scolastico, territoriale, nazionale, motivando gli alunni ad osservare e descrivere i propri ed altrui comportamenti all’interno di ogni singolo contesto;
  • attivare strategie plurime basate su valori etici diversi per cambiare e migliorare i contesti ambientali.
I requisiti di questo nuovo modo di vivere la scuola non possono non essere inclusi nei documenti guida per le nuove scuole.
 
 

Riferimenti Siti e documenti web

INDIRE, Quando lo spazio insegna, Indire Ricerca, Firenze 2012. www.indire.it/quandolospazioinsegna/eventi/2012/miur/ www.indire.it/2012/10/30/hellerup-la-scuola-senza-banchi/

Bibliografia

Malaguzzi, L. (2010). I cento linguaggi dei bambini. L’approccio di Reggio Emilia all’educazione dell’infanzia. Bergamo: Edizioni Junior, 2010.

Baroni M.R. (1998), “Psicologia ambientale” Il Mulino, Bologna

Bruner J.,Toward a Theory of Instruction, 1966. Trad. it. Verso una teoria dell'istruzione, Roma, Armando, 1982.

De Marco S.M. (2015), “Psicologia e architettura: studio multidisciplinare dell’ambiente” Aletti Editore;

Filippini T. (1990), Introduction to the Reggio Approach, paper presentato alla conferenza annuale della National Association for the Education of Young Children (NAEYC), Washington (D.C.).

Gardner H., Educazione e sviluppo della mente. Intelligenze multiple e apprendimento Erickson 2005

Maragliano R., "La nuova multimedialità e la scuola" - Intervista a Mediamente Rai.

Morin E., La testa ben fatta. Riforma dell'insegnamento e riforma del pensiero, Raffaello Cortina Editore, Milano 2000,