Le buone pratiche nell'insegnamento di Storia e Filosofia

Intervento di Floriana Giancotti

Ho conosciuto l’ispettrice Anna Sgherri durante il corso di formazione per presidi di prima nomina, ad Alghero, e da allora la sua presenza ha accompagnato tutto il mio percorso professionale. Non solo come sua collaboratrice nei tantissimi progetti che ha realizzato, ma anche come amica.

Al di là delle qualità umane che hanno accompagnato la sua professione, è il ricordo delle sue competenze che rimane indelebile.

Ha segnato con la sua presenza attenta, colta e perseverante un periodo importante e fecondo della storia della scuola italiana.

Conclusasi l’epoca delle sperimentazioni cosiddette selvagge, l’Amministrazione centrale aveva cercato di guidare un processo autonomo di riorganizzazione e moltiplicazione delle sperimentazioni, dettandone soltanto le linee generali e sostenendo il processo di formazione ed aggiornamento degli insegnanti o direttamente o attraverso le Associazioni disciplinari o attraverso le scuole stesse , investite del ruolo di Poli di aggiornamento didattico. Fino a quando è stato possibile farlo.

Sono stati anni straordinari, di grande fermento innovativo ed è sul terreno delle scuole che Anna Sgherri ha speso la sua intera attività professionale.

Era sua ferma convinzione che la scuola non abbia il compito dell’elaborazione teorica e non deve produrre materiali compiuti di tipo accademico, ma deve testimoniare la realizzazione delle “buone pratiche “ didattiche, i percorsi attraverso i quali realizza gli obiettivi educativi e formativi che programma.

Per questo il punto di forza del suo impegno di tanti anni è stata la fiducia nella professionalità dei docenti. La certezza che sia possibile sviluppare forme alte di professionalità a partire dalle competenze esistenti.

Fiducia non scontata e non banale perché quella dei docenti non appare come una professione. Non ci sono percorsi formativi e di carriera, il merito è irrilevante, non c’è valutazione dei risultati, né un sistema decisionale chiaro, esiste una falsa collegialità, senza responsabilità di controllo e di gestione.

L’insegnante veniva individuato come un professionista che apprende facendo e perciò:

sceglie, programma, organizza, valuta: all’interno di un contesto collaborativo, in un gioco di squadra che amplifica e valorizza le competenze, in un circuito continuo di riflessività esperta che restituisce alla professione dignità, responsabilità, bellezza.

Era certa, Anna, che le scuole avessero la possibilità di crescere autonomamente attraverso la riflessione sulla didattica e sull’immenso materiale grigio che veniva via via prodotto.

Raccogliere, censire, riannodare fili e parlare ad alta voce, doveva significare per gli insegnanti riprendere la progettualità educativa, ridiventare protagonisti di un cambiamento di cui oggi si sono impadronite altre agenzie formative, con la fermezza di chi, come professionista serio, è capace di riflettere sui dati informativi ed interpretarli, sa costruirsi forme di autocontrollo dell’azione professionale e di ascolto e di guida delle esigenze del territorio.

Ha così consegnato alle scuole un patrimonio di esperienze, di riflessioni, di modelli operativi, di procedure che ancora non ha esaurito la sua capacità di produrre innovazione.

Era la storia il suo settore specifico di competenza ed a rileggere oggi i documenti delle tantissime iniziative di cui è stata promotrice e coordinatrice, si rimane stupiti della straordinaria modernità dei temi affrontati che avevano sempre al centro la didattica e quindi gli alunni. Così Anna scriveva nel n. 5 della collana “Quaderni” del MPI “Dalla memoria al progetto”. Eravamo nel lontano 1994

“…. un reale processo di cambiamento dei contenuti, ma anche – e soprattutto - nelle metodologie di trasmissione del sapere (in senso lato) richiede un cambiamento nel ruolo e nelle funzioni dei docenti … ciò presuppone un’inversione di tendenza nel modo con cui è stato gestito l’aggiornamento negli ultimi venti anni, ponendo al centro della progettualità della formazione in servizio i docenti, le scuole, il territorio, inteso come sede in cui i bisogni formativi s’incontrano con le risorse a disposizione e con i servizi che presiedono al loro soddisfacimento.

Le condizioni essenziali, seppure non esaustive, per attivare e sostenere l’impegno dei docenti sono costituite dalla presenza di “materiali” che siano di supporto e guida all’attività didattica, dal funzionamento di un circuito che faciliti il confronto e la socializzazione delle esperienze e da figure o funzioni di assistenza che orientino il processo di autoformazione senza imposizioni di contenuto o di coordinamenti esterni...”

E questo della produzione di “ materiali” socializzabili era diventata una sfida che tutti avevamo accettato sottoponendoci al suo controllo ed al suo giudizio rigoroso. Era molto esigente, infatti. Aveva una visione sempre alta degli obiettivi, ma anche molto buon senso, una carica di umanità e di esperienza che le consentiva di stabilire realisticamente le mete da raggiungere.

Conosceva i limiti delle situazioni e delle persone, ma puntava sulle potenzialità, sull’entusiasmo conoscitivo che non l’abbandonava mai e che ha continuato a coltivare anche dopo la pensione con la sua attività di docente universitaria.

La collaborazione con Anna è stata per me motivo costante in tutti questi anni per sostenere con tutte le energie possibili i processi in campo, di cui, nella solitudine del singolo territorio, si possono smarrire le ragioni generali e perdere gli obiettivi, anche di breve periodo, perché le difficoltà ambientali e le inevitabili conflittualità, anche interne al Collegio dei docenti, tendono a risucchiarti nelle realtà parziali e negli interessi particolaristici.

E’ stata una guida sicura ed affidabile, riuscendo anche a sostenere le incertezze di linea apolitica che a volte hanno fatto ondeggiare l’azione della Direzione Generale.

Il contesto in cui si collocava l’impegno organizzativo e finanziario del M.P.I, in particolare la Direzione generale Classica Scientifica e Magistrale, come ho anticipato, era quello di un sostegno forte all’innovazione didattica, quale richiesto dalla diffusione su tutto il territorio nazionale delle sperimentazioni dei nuovi quadri orari e dei Programmi del Progetto “Brocca”, dal nome del sottosegretario che ne aveva curato lo studio e la stesura. Perciò le scuole italiane furono coinvolte in un serrato giro di aggiornamento nelle varie aree disciplinari, secondo il metodo dei seminari di aggiornamento e produzione.

Anche per l’area storica il M.P.I. mise in atto un’organizzazione complessa, che ha il suo riferimento più importante ed autorevole nella Direttiva Berlinguer del 1996.

Il rinnovamento della didattica della storia ed il ripensamento dei programmi del biennio e del triennio della scuola secondaria superiore, furono affidati all’elaborazione delle associazioni disciplinari ed al contributo delle scuole coordinate da alcune scuole “Polo”scelte nell’ambito nazionale.

La collaborazione del Liceo Scientifico Majorana di Latina, allora da me diretto, relativamente alla didattica della storia ha avuto inizio negli anni '90. Il Liceo era stato scelto come "Polo" per l'aggiornamento della didattica della storia, nell'ambito dei Piani Nazionali di Aggiornamento.

Sempre nel settore delle discipline storico-sociali, la scuola aveva accumulato anche una buona competenza nell’ambito della Valutazione poiché aveva partecipato all'elaborazione del test d'ingresso ed uscita dal biennio - progetto "Prometeo", in collaborazione con l'IRRSAE Marche .

L’intero impegno organizzativo dei tantissimi Seminari allora organizzati si è retto sull’ipotesi che il miglioramento della qualità dell’azione didattica dell’insegnante dell’area storica si realizzasse attraverso:

- una più precisa conoscenza delle finalità e degli obiettivi di apprendimento e di insegnamento della disciplina

- una riflessione critica sui programmi e sulla programmazione

- la conoscenza delle caratteristiche del lavoro didattico in rapporto al tempo ed alle dinamiche di apprendimento degli allievi

- la conoscenza ed il confronto delle esperienze condotte da altri insegnanti in situazioni analoghe alla propria.

Si è puntato in maniera fondamentale sulla professionalità dei corsisti, considerati essi stessi “esperti”….. non più l’aggiornamento per un gruppo di insegnanti, ma il lavoro di produzione degli insegnanti per la diffusione dell’innovazione… (Collana Quaderni M.P.I.n.5,1995)

Man mano che i corsi si moltiplicavano si rinsaldava l’ipotesi progettuale che si arricchiva di nuovi obiettivi, soprattutto per la soluzione dei problemi relativi alla circolazione dei materiali prodotti, che costituiva il cruccio costante di Anna.

Per chiarire meglio il senso dell’esperienza di formazione ed aggiornamento realizzata, si riportano le parole stesse di Anna, sempre nell’introduzioni al n. 5 della collana Quaderni del M.P.I.:

“L’impegno prodigato in questi anni dalla Direzione generale per l’Istruzione Classica, Scientifica e Magistrale … ha consentito di elaborare un’ipotesi di formazione in servizio tendente a moltiplicare ed estendere nel tempo gli effetti di ogni azione attraverso la circolazione dei materiali prodotti a questo specifico scopo.

… Il progetto di formazione che qui proponiamo si basa sulla convinzione che in futuro qualsiasi strategia mirata all’aggiornamento dovrà tener conto non solo dell’alto numero di persone a cui rivolgersi, ma anche dell’opportunità di considerare il docente non un semplice destinatario dell’azione, bensì il soggetto di un processo a cui partecipa attivamente e nel quale interviene sia in fase di progettazione che di costruzione del proprio percorso formativo. …

Il progetto prevede il ricorso ad un materiale di supporto che partendo da un “pacchetto” iniziale, si arricchisca di altri modelli didattici operativi e di strumenti utili all’azione quotidiana via via che le attività si estendono e si ramificano.

… è opportuno ipotizzare un modello organizzativo in cui le occasioni di incontro per la produzione di materiali, lo scambio di esperienze, la riflessione su nuove tecniche metodologico-didattiche, la valutazione di strumenti innovativi, anche tecnologici, e - in ultimo - l’approfondimento dei nuovi campi della ricerca storiografica, siano possibili in tempi ragionevoli e con un’adeguata assistenza tecnico-scientifica.

Tale modello presuppone un’integrazione di risorse e di competenze diverse, afferenti ad Enti ed a Soggetti, istituzionali e non, a vario titolo interessati ai problemi connessi all’insegnamento della storia nelle scuole superiori.”

Programmazione, modularità, costruzione di percorsi, selezione delle rilevanze, laboratorio di storia, costruzione di ipertesti, multimedialità e-learning sono state le operazioni metodologiche e tecniche che hanno arricchito le competenze professionali dei docenti facendoli uscire dalle routines che mortificano l’immaginazione e spengono l’entusiasmo.

Possiamo così riassumere in breve le attività svolte

• I corsi di formazione nazionali per il rinnovamento della didattica della storia e la pubblicazione degli atti (la collana Quaderni del Ministero della Pubblica Istruzione) e degli ipertesti (CD allegati)

       - Dalla memoria al progetto: i corsi di formazione di Latina

      - Progetto Le storie estreme del ‘900 corsi di formazione / aggiornamento ( Latina, Brescia ,Varese, Bari)

      - Memoria e insegnamento della storia contemporanea, I luoghi della memoria,nell’ambito del potenziamento dello studio della storia del ‘900

      - progetto interdirezionale, in collaborazione con IMSLI, Istituto Luce, Treccani, SIS- (Milano, Roma, Stresa)

• I corsi di formazione per

      - L’attuazione dei Programmi Brocca

      - I curriculum verticale di storia (Latina Ferrara )

      - Per i tutor provinciali di Storia e la Riforma Berlinguer – (Palermo, Torino, Brescia,Pozzuoli, Brindisi, Latina, Catania)

• Pubblicazione del sito www.Aretusa.org, contenente i contenuti delle principali esperienze svolte, sito oggi dismesso ma rintracciabile.

• Rinnovamento della Didattica della storia attraverso le nuove tecnologie:

      - Insegnare storia: CD multimediale in collaborazione con l’Università degli studi di Bologna e la direzione del prof. Ivo Mattozzi. Questo CD è stato distribuito a tutti gli ex Provveditorati agli studi per l’aggiornamento dei tutor di storia delle Commissioni provinciali

      - Produzione di un Prototipo multimediale sulla base della documentazione dell’ISTITUTO LUCE (anno 98 – 99)

• Il progetto Sconfinando e la collaborazione con INDIRE per la formazione degli insegnanti neoassunti.

Quest’ultimo progetto è stato il più complesso ed ha richiesto un’organizzazione lunga e su più livelli ed è quello sul quale conviene riflettere più a lungo per le proiezioni che potrebbe avere sul presente.

Il pacchetto doveva contenere materiali formativi destinati ad un’ipotetica utilizzazione per l’autoaggiornamento attraverso l’e-learning, con preciso riferimento ad una piattaforma di formazione interattiva. Le finalità del lavoro da svolgere erano state così individuate:

  •       Diffondere nella pratica didattica l’uso degli strumenti multimediali
  • Sensibilizzare gli insegnanti alla pratica dell’aggiornamento a distanza
  • Costruzione dei criteri di orientamento per l’aggiornamento in rete

e gli Obiettivi così descritti

  • Produrre materiali didattici socializzabili on-line
  • Costruire esperienze di laboratorio didattico multimediale
  • Selezionare un gruppo di insegnanti-esperti capaci di guidare la formazione a distanza
  • Selezionare percorsi e materiali di lavoro, nell’ambito della storia, della riflessione scientifica e filosofica, prevalentemente della seconda metà del ‘900

Ed allora gli insegnanti si sono cimentati nella costruzioni di moduli e di percorsi, hanno costruito ipertesti, hanno collaborato con Università, Enti di ricerca, Associazioni storiche, Istituzioni … ed è sicuramente questa ricchezza e molteplicità di esperienze che ha consentito ad Anna Sgherri di collaborare con l’On Violante per l’organizzazione della Giornata della memoria e del gruppo di lavoro sulle Storie estreme del ‘900 nel quale è stato selezionato il gruppo più ristretto scelto per il viaggio a Jad Vashem.

La collaborazione con l’Indire ha consentito di

  • Non disperdere la qualità del lavoro svolto; quella qualità che emerge come valore aggiuntivo dalla collaborazione all’interno dei gruppi che hanno una comunanza di esperienze, di obiettivi e di metodi
  • Conservare alla produzione il carattere di prodotto scolastico di alto livello, ma che nasce e si sviluppa in un circuito virtuoso di sensate esperienze e di rigorosi riferimenti teorici
  • Costruire in alcune scuole dei veri e propri centri di coordinamento della produzione culturale per la formazione e l’aggiornamento, in una rete decentrata nazionale che alimenta le grandi piattaforme nazionali senza creare subalternità tra la scuola ed i luoghi di produzione e disseminazione della cultura professionale
  • Condividere in rete il progetto formativo e parte delle risorse necessarie, pur nella diseguaglianza delle potenzialità economiche e tecnologiche, consentendo alla scuola di conservarsi come luogo “altro” della produzione, non inserito nella logica del mercato culturale e dei suoi vincoli: un luogo in cui la produzione intellettuale nasce dalla riflessione professionale degli insegnanti individuati come esperti
  • Inserire questa produzione non destinata al mercato nelle possibilità della rete, che diventa così orizzonte di riferimento della pratica professionale degli insegnanti, non esperienza episodica, ma comunità virtuale di pratiche, in cui si impara e si insegna
  • Costruire anche per gli insegnanti una sorta di portfolio professionale spendibile in qualche maniera • Selezionare lentamente coloro che desiderano cimentarsi in percorsi pubblici di riflessione • Costruire anche tra i produttori di testi comunità virtuali per il confronto/controllo reciproco della produzione in un circuito nazionale che rimetta in circolazione le idee delle scuole
  • Avviare di nuovo nuclei di sperimentazione assistita su obiettivi circoscritti, utilizzando gli strumenti dell’autonomia e nuove intese con gli Enti locali

Poi c’è stato un lungo silenzio durante il quale Anna ha continuato a supportare il lavoro della “Città dei filosofi” e del costituendo Liceo delle scienze sociali.

Oggi c’è bisogno di una nuova scommessa politica che nutra l’immaginazione e sorregga l’azione.

Uscire dal guado, ricomporre i segmenti smarriti del presente, restituire senso all’azione.

Questo la scuola lo può realizzare e questa speranza è giustificata e rilanciata dall’esperienza di questo passato così lontano così vicino.

Intervento di Maurizio Villani

ANNA SGHERRI E LA “CITTÀ” DEI FILOSOFI

Maurizio Villani

Che cos’è la “Città” dei filosofi

La “Città dei filosofi è una delle più importanti iniziative pensate e realizzate da Anna Sgherri nel corso della sua attività di dirigente dell’allora Ministero della Pubblica Istruzione, volta all’aggiornamento e alla formazione in servizio dei docenti di filosofia. Se si avvia una ricerca su Internet per sapere che cosa sia, digitando “Città dei filosofi” si trova la seguente definizione: La Città dei filosofi è il nome di un gruppo di progetto, composto da insegnanti di filosofia di scuola superiore, provenienti da tutta Italia. Formatosi per iniziativa della Direzione classica del Ministero della Pubblica Istruzione, si riunisce periodicamente, sotto il coordinamento dell’ispettrice Anna Sgherri, per riflettere sui processi di innovazione nella didattica della filosofia. Il gruppo ha prodotto materiali di supporto per l’autoaggiornamento degli insegnanti relativi alla programmazione didattica e all’analisi dei testi .

La definizione è corretta e coglie alcuni aspetti salienti dell’iniziativa: il lavoro di gruppo, la dimensione della ricerca sia disciplinare sia didattica, la produzione di materiali destinati all’aggiornamento degli insegnanti.

Anna Sgherri ha sempre sostenuto che la “buona scuola” (espressione divenuta di moda in questi tempi) la fanno i “buoni insegnanti”: docenti, nel nostro caso di filosofia, che devono essere innanzitutto ricercatori. La natura della loro ricerca è duplice: da un lato devono approfondire le conoscenze disciplinari (soprattutto attraverso il confronto con i testi dei grandi autori); dall’altro devono affinare le competenze didattiche, consapevoli che una cosa è la disciplina accademica e altra cosa è la filosofia insegnata. Il rapporto tra due entità comporta una mediazione che si traduce nella pratica quotidiana in aula in cui i contenuti culturali si misurano con i problemi della definizione degli obiettivi, dei metodi, delle verifiche che sostanziano il processo di insegnamento-apprendimento.

 

Cenni storici

I seminari ministeriali di formazioni della “Città” dei filosofi hanno avuto inizio nel 1994 con il primo incontro a Ferrara, al Liceo classico “Ariosto”, scuola polo per la filosofia. In realtà c’era stato un precedente, non ancora riconducibile al progetto della “Città” dei filosofi: si tratta del Corso di aggiornamento sui Programmi Brocca, che Anna Sgherri aveva organizzato a Santa Margherita ligure nel 1992 . Tutti i successivi Seminari si sono tenuti a Ferrara e sono documentati dalla pubblicazione degli Atti: sono complessivamente otto incontri che vanno dal 1994 al 2002. A questi va aggiunto il Seminario di Firenze (2009-2010) che, pur non rientrando più nel Progetto della “Città” dei filosofi, ne ha continuato fedelmente l’impostazione.

Cito alcuni dei temi trattati nel corso degli anni: I nuovi media nella didattica della filosofia, I filosofi antichi nel pensiero del Novecento, La scrittura filosofica, Il concetto di felicità nel pensiero filosofico, Moduli di filosofia nel biennio, La filosofia e i saperi scientifici. In bibliografia riporto tutte le pubblicazioni promosse dalla “Città” dei Filosofi

 

Il modello di formazione per docenti di filosofia in servizio

Sulla struttura dei seminari vorrei soffermarmi perché il merito maggiore del Progetto della “Città” dei filosofi consiste, a mio avviso, nell’aver progressivamente messo a punto un modello di formazione per docenti di filosofia in servizio. Si tratta di un modello rigoroso e funzionale che si articola in quattro fasi:

1. il seminario inizia con la trattazione del tema prescelto, fatta docenti universitari, cui si affianca un Discussant che imposta la mediazione didattica della relazione accademica (a questa fase normalmente sono dedicati i primi due giorni di attività);

2. il secondo momento vede la costituzione di gruppi di lavoro, formati da insegnanti liceali e coordinati da docenti dello staff del seminario. Il compito loro assegnato è quello di progettare percorsi, a partire dagli input teorici discussi in precedenza (è l’impegno dei tre giorni successivi). Il lavoro di progettazione mette al centro le operazioni di lettura e comprensione dei testi dei filosofi, opportunamente scelti e contestualizzati in relazione alle particolari esigenze della didattica;

3. nella terza fase i percorsi progettati sono sperimentati nelle classi dai docenti che li hanno messi a punto nel lavoro seminariale (la sperimentazione avviene nel corso dell’anno scolastico seguente);

4. l’ultima fase consiste nel ritorno, l’anno successivo, dei docenti sperimentatori, che sono chiamati a discutere e valutare quali risultati ha dato l’inserimento dei percorsi nella programmazione didattica delle loro classi. La verifica dei risultati è una fase necessaria per valutare la riuscita del progetto e per correggere e migliorare l’impostazione del modello di formazione. L’obiettivo è quello di estendere i progetti sperimentali a un crescente numero di docenti in modo da favorire dal basso un rinnovamento della didattica della filosofia.

Manifesto della “Città” dei Filosofi

Mi avvio alla conclusione richiamando un ultimo punto. Come ogni città-stato che si rispetti, anche la “Città” dei Filosofi si è data una Costituzione in cui i fondatori hanno sintetizzato i principi cui si deve ispirare l’insegnamento filosofico. È il Manifesto della “Città” dei Filosofi scritto nel maggio del 1997. Nonostante gli oltre 18 anni passati, esso conserva anche oggi una grande attualità. Qui di seguito è  riportato integralmente. Qui mi limito a segnalare i passaggi più notevoli di quel documento, che si articola in cinque punti e tre conclusioni.

Nei cinque punti della prima parte si indicano “i tratti irrinunciabili dell'insegnamento filosofico”, così riassumibile: La filosofia vive nei testi, educa al confronto critico, si apre ai diversi saperi, è meta-riflessione e abita nella città. Nelle conclusioni finali si afferma, motivandola, la forte valenza formativa della filosofia, e per questo motivo se ne chiede l’insegnamento in tutti gli indirizzi della secondaria superiore; si sottolinea poi che chi la insegna deve avere competenze specifiche, acquisite attraverso un curriculum di studio adeguato.

 

Manifesto della “Città” dei Filosofi

[Ferrara, maggio 1997]

A conclusione dell'attività di riflessione sull'insegnamento della filosofia svolto nell'ambito dei seminari coordinati dal Ministero della Pubblica Istruzio¬ne negli anni 1992-97, i docenti richiamano l'attenzione sui tratti irrinunciabili dell'insegnamento filosofico.

1. La filosofia vive nei testi: porre il testo filosofico, nella sua storicità, al cen¬tro dell'insegnamento, consente di "dialogare" con i filosofi, di riconoscere la pluralità degli stili di pensiero e delle tradizioni concettuali, di individuare i nodi del dibattito filosofico, di cogliere i rapporti tra la pratica filosofica e la realtà storica.

2. La filosofia abitua al confronto critico: conoscenza e comprensione filosofica educano al riconoscimento del punto di vista dell'altro, della differenza.

3. La filosofia si apre ai diversi saperi: condivide problemi, mostra le connessioni, riflette sugli statuti, codifica i metodi, sottolinea valori e limiti. La presenza dell'insegnamento filosofico nel percorso formativo permette di comprendere appieno il significato delle discipline e il senso della cultura.

4. La filosofia è meta-riflessione: non si esaurisce nei suoi contenuti e contesti dichiarati perché si offre, nel contempo, come riflessione storico-critica e come attitudine problematica.

5. La filosofia abita nella città: in uno scenario caratterizzato da complessità e rapidi mutamenti, elabora ed offre chiavi di lettura della realtà e apre all'uso critico di nuovi linguaggi e strumenti.

 

Questa prospettiva conduce alle seguenti conclusioni:

- la filosofia ha una forte valenza formativa: sollecita un atteggiamento critico e problematico, orienta al metodo della ricerca, abitua ad argomentare con rigore, dispone a costruire relazioni tra i saperi, arricchisce la dimensione comunicativa nel processo di insegnamento-apprendimento;

- l'insegnamento della filosofia è un'opportunità che non può essere negata a nessuno studente e pertanto deve essere presente in tutti gli indirizzi;

- l'insegnamento della filosofia non è improvvisazione, ma richiede competenze specifiche, acquisite anche attraverso un curriculum di studio adeguato, capacità di progettazione e selezione, disponibilità al confronto con la situazione scolastica, attenzione alle possibilità offerte dai diversi strumenti, metodi, linguaggi.

 

Bibliografia dalle pubblicazioni

 degli Atti dei Seminari di formazione per docenti di filosofia, coordinati Anna Sgherri

AA. VV., Il sapere filosofico e gli altri saperi - Atti del Seminario per docenti di filosofia, S. Margherita Ligure, 1992.

I Quaderni della “Città” dei Filosofi 1 ) AA. VV., La "città " dei filosofi. Seminario di formazione per Docenti, (Li¬ceo Classico Statale "L. Ariosto" Ferrara, ottobre 1994), Ferrara-Roma 1996 («Quaderno» n. 12), pp. 80. 2)

AA. VV., I nuovi media nella didattica della filosofia. Materiali prodotti dai Seminari di formazione per docenti (Ferrara, ottobre 1995 e maggio 1997), a cura di Rosanna Ansani, Laura Bolognini, Mario Pinotti, Maurizio Villani, Ferrara-Roma 1998 («Quaderno», n. 12/1), pp. 56, cui è allegato un ipertesto de La Città dei filosofi su CD intitolato Limiti e possibilità nella conoscenza in Kant curato da Mario Pinotti. 3)

AA. VV., I filosofi antichi nel pensiero del Novecento. Atti del corso re¬sidenziale di aggiornamento sulla didattica della filosofia (Ferrara, 17-22 no¬vembre 1997), a cura di Emidio Spinelli, Ferrara-Roma 1998 («Quaderno», n. 12/2), pp. 200. 4)

AA. VV., La scrittura filosofica. Generi letterari, destinatari, finalità e for¬me della scrittura filosofica. Atti del corso residenziale di aggiornamento sulla di¬dattica della filosofia (Ferrara, 16-21 novembre 1998), a cura di Fabio Minazzi, Ferrara-Roma 1999 («Quaderno», n. 12/3), pp. 320. 5)

AA. VV., Moduli per l'insegnamento della filosofia nel biennio del riordino dei cicli scolastici. Atti del corso residenziale di aggiornamento e materiali didattici (Fer¬rara. 1999-2000), a cura di L. Bolognini, M. Villani, Ferrara-Roma 2000 («Qua¬derno», n. 12/4), pp. 308. 6)

AA.VV., Il concetto di felicità nel pensiero filosofico. Atti del corso residenziae di aggiornamento sulla didattica della filosofia (Ferrara, 2000). a cura di Rosanna Ansani, Maurizio Villani, Ferrara-Roma 2001 («Quaderno», n. 12/5), pagg. 398. 7)

AA. VV., Filosofia e saperi scientifici. Seminario di formazione per docenti di filosofia (Ferrara, 2001), a cura di Rosanna Ansani, Laura Bolognini, Maurizio Villani, Ferrara-Roma 2003, («Quaderno», n. 12/6), pagg. 269. 8)

AA. VV, Nuovi moduli di filosofia nel biennio. Seminario ministeriale di formazione e materiali didattici (Fer¬rara. 1999-2000), a cura di L. Bolognini, M. Villani, Ferrara-Roma 2004 («Qua¬derno», n. 12/7), pp. 308.

AA.VV., La filosofia e i saperi scientifici. Seminario nazionale (Firenze, 2009-2010), a cura di G. Polizzi, D’Anna, Messina-Firenze 2011.

Intervento di Sparta Tosti

Le buone pratiche nell’insegnamento di Storia

Sparta Tosti

Una testimonianza

Il mio contributo a questo convegno verterà sulla mia esperienza di corsista e di “insegnante ricercatore” nei progetti di formazione attivati da Anna Sgherri. Vorrei iniziare riportando una testimonianza su un laboratorio storico realizzato diversi anni fa in una classe del Liceo Majorana di Latina:

Nello scrivere qualche riga sull’esperienza del laboratorio storico sulla “grande trasformazione” mi sono improvvisamente reso conto di alcuni elementi che non avevo ovviamente focalizzato al tempo (ben 12 anni fa…). Innanzitutto che tale laboratorio aveva un carattere di eccezionalità (lo testimonia il solo fatto che oggi io scriva queste righe) e che dietro di esso si celava una figura silenziosa ma di fondamentale importanza. Non ricordo se ho conosciuto di persona la prof.ssa Anna Sgherri o meno. Benché non abbia chiara memoria della persona non dimentico quello che il laboratorio è stato e quello che ha significato per me. La sua influenza sul biennio finale della scuola secondaria superiore non può che confermare la straordinarietà della persona che ne è stata l’ideatrice e ne ha curato la diffusione.

Per rispondere al meglio alla domanda su cosa avesse significato per me lavorare a questo progetto mi sono preso del tempo per rileggere il testo finale. Nonostante il tempo passato e la mia attuale occupazione (ben distante dall’analisi storica) il testo oltre a trasmettermi molti ricordi mi ha ancora una volta incuriosito con i suoi molti spunti di riflessione. Penso di essere stato, insieme al mio compagno e amico Andrea Zerbinati, il più coinvolto nella ricerca. L’aver partecipato a ogni fase (raccolta delle testimonianze, controllo della storiografia locale e nazionale, elaborazione dei grafici, editing) mi pone in una posizione privilegiata per analizzare tale esperienza a 360°. Nella speranza di mantenere queste poche righe leggibili vorrei esprimere solo due ordini di considerazioni.

La prima considerazione è di natura tecnica. Un lavoro del genere trasmette in maniera organica la “metodologia” della ricerca storica. Partecipare ad un progetto del genere, se opportunamente guidati (e non “trainati” passivamente) porta a rielaborare in maniera personale e focalizzare in modo preciso e puntuale le fasi della ricerca storica. Tali concetti metodologici passano dall’essere astratti ad avere una loro realtà fattuale. Ovviamente questo comporta non solo la padronanza della metodologia ma anche il “rispetto” per il lavoro storiografico praticato da altri nonché la capacità di trovare le “falle” in un ragionamento storico/storiografico fatto da altri. Lo sviluppo di una capacità critica è, nella mia opinione, il risultato più significativo.

La seconda considerazione è di natura affettiva. Il laboratorio sulla grande trasformazione non verrà dimenticato da me (e penso da tutti i miei compagni) perché è stato un progetto che ha coinvolto il nostro territorio e le nostre famiglie. Ci ha aiutato a comprendere meglio aspetti della realtà che ci circonda ogni giorno e come questa realtà si è formata e plasmata nel tempo. La storia locale si è legata alla grande storia favorendo interconnessioni inaspettate e sorprendenti. Il piacere di ritrovare nelle grandi analisi storiche gli stessi elementi che si sono osservati sul territorio (magari attraverso la testimonianza di familiari) si unisce al piacere di ripercorrere gli stessi sentieri storiografici percorsi da altri autori prima di noi (a volte anticipandoli).

Tutto questo è il frutto dell’impegno degli insegnanti che hanno implementato questa tipologia di progetti nelle varie scuole (nel mio caso la Prof.ssa Tosti) e del coordinamento di professionisti straordinari come la prof.ssa Anna Sgherri. Se uno degli obiettivi più nobili dell’uomo è quello di cercare di costruire qualcosa che gli sopravviva penso che esso è stato raggiunto in questo caso.

Pavia 24 novembre 2015

Chandra Bortolotto

Le righe di Chandra Bortolotto, un ex alunno del Liceo Majorana di Latina ora medico radiologo,da sole, possono riassumere l’importanza rivestita da Anna Sgherri nel rinnovamento dell’insegnamento della Storia nella scuola italiana.

 

1. Il modello di formazione di Anna Sgherri

I corsi di formazione per docenti di Storia coordinati da Anna Sgherri avevano come scopo il rinnovamento della didattica negli istituti superiori in una disciplina che soffriva di mancanza di autonomia (ancella della Filosofia o dell’Italiano…) caratterizzata, nella maggioranza dei casi, da un “insegnamento trasmissivo e manualistico” (De Bernardi).

L’occasione dell’organizzazione di seminari di formazione in questa direzione è stata determinata, in una prima fase, dalla sperimentazione dei programmi Brocca e successivamente dal Decreto ministeriale Berlinguer del 4 novembre 1996 che ha introdotto delle modifiche nella ripartizione dei contenuti della disciplina in ogni ciclo scolastico per lasciare un più ampio spazio alla storia del Novecento. Decreto che “nonostante la modestia dei cambiamenti” ha focalizzato l’attenzione sulla questione dell’insegnamento della Storia “stimolando un dibattito che, pur nei toni non sempre pacati ha avuto il modo di rendere visibile il complesso dei problemi collegati all’insegnamento della Storia e, in conseguenza di ciò, di mettere in moto un processo di rinnovamento metodologico - didattico che, per la sua complessità, non aveva avuto precedenti significativi nella scuola italiana” .

I programmi Brocca hanno sottolineato la finalità formativa della disciplina, individuata nell’educazione degli studenti alla consapevolezza del metodo storico (c.f.r. indicazioni didattiche “programmi Brocca-Storia”) che, nell’interazione con i contenuti, viene considerato asse privilegiato della didattica; in tale direzione si evidenzia l’importanza del laboratorio storico come “luogo” privilegiato per una didattica veramente formativa della Storia, e il metodo della ricerca alla base dell’ area di progetto interdisciplinare, come elemento innovativo fondamentale della sperimentazione Brocca.

Nei progetti di formazione, di ricerca e sperimentazione Anna Sgherri ha sempre tenuto conto delle finalità formative della disciplina stando attenta, sin dalle prime esperienze, a creare un modello di formazione in servizio “efficace e generalizzabile “ nella convinzione che il vero protagonista della formazione fosse “lo stesso docente” considerato non come un semplice destinatario dell’azione bensì il soggetto di un processo nel quale partecipa attivamente e nel quale può intervenire sia nella fase di progettazione che di costruzione del percorso, visto anche nell’ottica della “formazione permanente”.

Il clima che Anna Sgherri riusciva a creare nei gruppi di lavoro inoltre ha favorito rapporti di amicizia alla base di un proficuo scambio di esperienze e contribuito a realizzare collaborazioni interessanti anche “a distanza”. Ricordo con piacere la collaborazione con Franco Cecotti dell’INSMLI di Trieste per mini laboratori su documenti del 1934 riguardanti Latina, da lui trovati nel corso di una ricerca in una scuola elementare di Gorizia e la realizzazione di un’area di progetto su “Il concetto di frontiera: luogo di scambio o limite invalicabile?” nella quale non solo ci ha fornito delle fonti bibliografiche ma si è prestato ad una lezione sul fronte orientale tenuta a Trieste nel corso di un viaggio d’istruzione legato a tale progetto, viaggio che ha visto anche la visita ai luoghi dell’esodo, Fiume compresa. Con altri colleghi c’è stato uno scambio di materiali didattici e di informazioni anche molto tempo dopo la conclusione dei progetti.

2. Le buone pratiche di Anna Sgherri:

a) il corso di formazione in servizio come laboratorio

Il laboratorio storico non è stato solo l’oggetto della riflessione e della pratica didattica ma ha avuto una applicazione concreta nei seminari di formazione e di “ricerca-azione”: alle relazioni di docenti universitari, scelti con cura nella dimensione del tema trattato, faceva seguito il lavoro di gruppo per la riflessione sulle “domande”, la definizione dei nodi problematici, il confronto sulle possibili soluzioni, sulle ipotesi didattiche, e sulle esperienze pregresse, fino alla messa a punto di materiali didattici per la diffusione nelle scuole. Il tutto finalizzato alla costruzione di un profilo professionale del docente di storia valido ed efficace.

In queste occasioni ho fatto esperienza di una “buona pratica” che teneva conto di elementi fondanti quali la progettualità, la ricerca, il superamento dei confini disciplinari, l’utilizzo delle fonti di varia natura, il rapporto con il territorio, l’attenzione alle nuove tecnologie, la socializzazione di quanto realizzato.

Ho avuto il privilegio di partecipare sia a corsi di formazione (vorrei sottolineare in particolare quello sui problemi dell’insegnamento della Storia nel biennio -Latina 1997-), sia a progetti di ricerca e sperimentazione, in cui si è realizzata in forma, direi ottimale, l’idea dell’ insegnante-ricercatore tanto cara alla nostra ispettrice. Su alcuni di questi vorrei soffermarmi perché hanno avuto importanti ricadute nella pratica didattica mia personale e della scuola in cui ho insegnato.

b) i progetti di ricerca e sperimentazione

1. Progetto pilota sull’introduzione di strumenti multimediali nell’insegnamento della Storia, Roma, ISTITUTO LUCE (1998)

Il progetto aveva come obiettivo la costruzione di un prototipo sperimentale di una banca dati sulla storia dell’Italia contemporanea. Più soggetti hanno lavorato alla sua realizzazione: per il Ministero della Pubblica Istruzione un gruppo di sei insegnanti coordinati dall’ispettrice Anna Sgherri; per l’Istituto LUCE due archivisti ricercatori coordinati dal direttore dell’Archivio Edoardo Ceccuti; per il centro MAAS (metodologie e applicazioni di Archivi storici) Gabriele D’Autilia e Marco Rendina. Si trattava di creare un primo esempio di una più ampia e complessa banca dati che il Ministero avrebbe messo a disposizione di tutte le scuole italiane per facilitare l’approccio degli studenti allo studio della storia del ‘900 e stimolarne l’interesse verso le fonti (tutte le fonti) e quindi “verso la ricerca e il metodo storico”.

I sei insegnanti sono stati divisi in due gruppi ed hanno lavorato insieme agli altri esperti, sulla base delle “direttive” sulla specificità del prodotto (praticamente un ipertesto da utilizzare attraverso la rete, con documenti di diverse tipologie, introdotti da brevi testi che ne avrebbero facilitato la lettura e la contestualizzazione). Tale Banca Dati avrebbe potuto essere utilizzata dall’insegnante per creare percorsi autonomi con la possibilità di implementarla proponendo altri documenti, segnalando fonti locali e contribuire così alla creazione di un grande archivio della storia locale e nazionale.

Sono stati progettati due percorsi: il primo riguarda il referendum del 2 giugno 1946, il secondo la ricostruzione economica del secondo dopoguerra (1945-1950). Nel giro di pochi mesi il prototipo ha visto la sua realizzazione tecnica a cura del Centro MAAS e, successivamente, è stato testato nelle scuole. Purtroppo l’iniziativa non ha avuto lo sviluppo preventivato, con rammarico della Sgherri e di tutti noi. L’esperienza, tuttavia, è stata formativa in quanto ha permesso di approfondire l’utilizzo delle fonti filmiche in correlazione con carte d’archivio, foto, manifesti, cartoline ecc.

2. Progetto Memoria e Insegnamento della storia contemporanea (Roma, Istituto Vittoria Colonna 1999 – 2002)

Il progetto, della durata di tre anni, ha coinvolto 20 insegnanti - ricercatori scelti fra i tutor di storia delle scuole di ogni ordine e grado di ogni parte d’Italia. Si è trattato di una ricerca e sperimentazione con il coordinamento scientifico di Anna Sgherri e la collaborazione di esperti dell’INSMLI e del LANDIS (che ne hanno seguito lo sviluppo in ben 5 seminari residenziali a Roma). La presenza di esperti nell’ambito della sociologia e della storia contemporanea, dell’uso delle fonti orali, filmiche, letterarie … ma anche di registi e di scrittori , il coinvolgimento degli insegnanti nella fase di progettazione e nella creazione dei materiali di supporto hanno dato una configurazione di eccezionalità all’esperienza che non è possibile, per ovvie ragioni di tempo, presentare nella sua complessità ed originalità.

L’ ipotesi fondante era quella di individuare la connessione tra memoria dei docenti e insegnamento della storia contemporanea affrontandone “il nodo problematico del rapporto tra storia, soggettività e memoria che vede l’insegnante non solo come elaboratore ed organizzatore dell’azione didattica, ma come soggetto e testimone di storia, che si confronta con l’esperienza e la soggettività di giovani generazioni, chiamate insieme a lui a costruire un progetto di conoscenza del passato” .

Il quadro di riferimento storico è stato individuato negli anni 50 -70 per le profonde trasformazioni avvenute in quel periodo nell’assetto sociale, politico e culturale dell’Italia, con l’ammodernamento dei consumi e degli stili di vita “agevolato dalla scolarizzazione e dalla diffusione dei mezzi di comunicazione di massa” . La periodizzazione è stata scelta inoltre perché coincideva con gli anni della formazione culturale e professionale dei docenti allora in servizio e quindi funzionale ad una ricerca sugli intrecci tra memorie individuali, collettive e contesto storico.

Il lavoro è stato condotto in due direzioni:

una di tipo sociologico sul profilo dell’insegnante mediante interviste sia agli insegnanti ricercatori, raccolte con il registratore, e da questi ad altri (complessivamente 50) e mediante questionari somministrati nel corso del 3° seminario a 106 docenti tutor di storia provenienti da tutti i provveditorati d’ Italia. I risultati sono stati elaborati dalla sociologa Carmen Leccardi dell’Università Bicocca di Milano in collaborazione con Sonia Stefanizzi, dando origine a riflessioni interessanti unite a quelle sulla cesura della memoria generazionale verificatasi nel corso degli ultimi anni.

La seconda, attinente alla ricerca storica vera e propria, è stata condotta a partire da “esercizi di memoria” da parte dei ricercatori e la messa a punto degli ambiti dei laboratori da sperimentare in classe. Tutti i lavori di gruppo sono stati seguiti da esperti dell’INSMLI, del LANDIS, si sono avvalsi delle indicazioni di Giuliana Bertacchi sull’uso delle fonti orali e degli interventi di docenti universitari di Storia o di Sociologia(De Bernardi, Jedlowski, Lanaro, Crainz, D’Agostino, Cavalli) del regista Guido Chiesa e della scrittrice Rosetta Loy .

Si sono formati tre gruppi che hanno approfondito il contesto storico quale emergeva dall’intervento dei docenti universitari e dai dossier predisposti dagli esperti INSMLI e LANDIS, e lo hanno messo in relazione con quanto scaturiva dalle memorie soggettive dei componenti del gruppo. Si è poi proceduto alla progettazione del lavoro di sperimentazione in classe con l’individuazione dei percorsi sulla “grande trasformazione 1950-1970” basati su tre tematiche corrispondenti ai tre gruppi di lavoro : 1) Lavoro, 2) Città-campagna, 3) famiglia, con la messa a punto della procedura metodologica nell’elaborazione dell’attività in classe, a partire dal “presente” degli alunni.

Io ho fatto parte del gruppo Città/Campagna: al nostro ambito di indagine abbiamo dato il titolo “Dall’ultimo cavallo al Centro intermodale” , scaturito dagli esercizi di memoria del gruppo sulle trasformazioni sociali ed economiche di varie realtà d’Italia, quelle cioè dei territori da cui provenivamo (Savona, Trieste, Pozzuoli, Fasano e Latina).

I singoli componenti del gruppo hanno poi progettato e realizzato in classe i lavori di ricerca nella direzione di un confronto generazionale tra la percezione della città degli alunni e l’intreccio di più memorie “adulte” (familiari, extrafamiliari..) . I laboratori avrebbero trovato la loro conclusione nel confronto tra i dati emersi dalle testimonianze con quelli di altre fonti (fotografiche, filmiche, storiografiche).

I risultati dei laboratori realizzati con gli studenti sono stati presentati nell’ultimo seminario (23. 05. 2002) a cui hanno partecipato anche alcune delle classi coinvolte. Le sintesi di tali lavori sono inserite nella pubblicazione del MIUR citata.

3. Progetto di ricerca e sperimentazione“Sconfinando”: un modello di formazione integrata in rete (Latina, Liceo Majorana 2001-2005)

Il progetto è stato ideato e realizzato con la direzione scientifica dell’ispettrice Anna Sgherri, il coordinamento del D. S. del Liceo Majorana di Latina, prof.ssa Floriana Giancotti, e si è avvalso della collaborazione di più soggetti nella fase progettuale . Le finalità dell’iniziativa riguardavano la possibilità di migliorare la qualità dell’azione didattica degli insegnanti dell’area storico-filosofica, di diffondere nella pratica didattica l’uso degli strumenti multimediali, di sensibilizzare gli insegnanti alla pratica dell’aggiornamento a distanza e costruire dei criteri di orientamento per l’aggiornamento in rete per l’area storico-filosofica. 

A tale scopo sono stati organizzati seminari e un gruppo di progettazione che ha denominato il progetto Sconfinando, per sottolineare appunto il superamento dei confini disciplinari, coinvolgendo altri 40 docenti-ricercatori che, lavorando “in presenza” e on line, hanno realizzato dei materiali utilizzabili per l’autoaggiornamento attraverso l’e-learning con preciso riferimento alla struttura di formazione interattiva fornita dall’INDIRE. Sono state identificate quattro aree di approfondimento corrispondenti a quattro gruppi di lavoro: 1) Etica e politica, uomini ed ambiente 2) Modernità e postmodernità 3) Le schiavitù antiche e moderne 4) Identità e differenze.

I gruppi hanno lavorato in una stretta integrazione tra elaborazione didattico-culturale, utilizzo costante del supporto telematico, produzione di materiali secondo lo stile della comunità di apprendimento in rete. Hanno cioè sperimentato una modalità di autoaggiornamento collaborativo supportato dalle tecnologie della comunicazione, sviluppando in tal modo pratiche utilizzabili nel contesto più ampio della formazione dei docenti in Italia.

Il materiale prodotto è stato consegnato al Ministero secondo una strutturazione già pronta per la rete ma, per suggerimento di Anna Sgherri accettato da tutti, non è stato “firmato” individualmente. Gli autori tuttavia si sono proposti come tutor per un utilizzo assistito in rete con momenti in presenza, nei corsi di formazione organizzati da INDIRE. La proposta però non è stata formalizzata e il “pacchetto” non ha avuto l’utilizzo preventivato.

Successivamente sempre nell’ ambito di “Sconfinando”, con la direzione scientifica di Anna Sgherri e il coordinamento on line di Sparta Tosti, si è costituito un gruppo di lavoro più ristretto, che ha collaborato fino al 2007 con INDIRE per la produzione di materiali di studio ed attività per la formazione a distanza di insegnanti di Storia, Filosofia ed Italiano in un’ottica interdisciplinare. Il progetto Sconfinando, considerato da Anna Sgherri “l’ultima frontiera dell’attività del Majorana perché ha tentato di superare le ultime barriere della scuola tradizionale, l’isolamento scolastico delle discipline e la rigida interazione fisica in classe” , testimonia, ancora una volta, l’apertura dell’ispettrice verso un concreto rinnovamento della scuola attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie.

4. Progetto “Un itinerario della memoria: educare attraverso i luoghi” (2002-2003, Roma Istituto Maria Montessori)

Il progetto di formazione e ricerca si è articolato in tre moduli “itineranti” (dicembre 2002: Roma; gennaio 2003: Ferrara Carpi Fossoli; aprile 2003: Trieste; novembre – dicembre 2003: seminario conclusivo a Fiuggi). Si è trattato di “un viaggio della memoria” per sollecitare i docenti a riflettere sulla complessità del nesso luogo-storia-memoria e a ridefinirne la connessione in una prospettiva didattica; si è svolto secondo il modello di formazione già illustrato: interventi di esperti, visite ai luoghi, laboratorio degli insegnanti ricercatori. Ricollegandosi alle attività di formazione sui “vari olocausti” del ‘900 o, come preferiva dire l’ispettrice Sgherri, sulle storie estreme avviate dal progetto I giovani e la memoria (voluto dal ministro Luigi Berlinguer nel 1998 in occasione del 60° anno anniversario della promulgazione delle leggi razziali in Italia) ha approfondito la possibilità di educare attraverso un itinerario della memoria.

Il viaggio “della memoria” ha coinvolto un gruppo che potremmo definire “stabile” di venti insegnanti delle scuole superiori di ogni parte d’Italia, al quale si sono uniti altri insegnanti provenienti dalle scuole dei vari luoghi che hanno costituito le tappe del percorso. Essi sono stati coinvolti nel lavoro di riflessione organizzato per gruppi, nella prospettiva della scoperta del “luogo come fonte storica ancora viva, come esperienza di formazione diretta, come filo rosso della continuità fra passato e presente” . L’indagine tuttavia non è stata rivolta solo ai luoghi della Shoah ma anche a quelli che hanno visto la violenza nazifascista (le Fosse Ardeatine e il carcere di via Tasso, ora Museo Storico della Liberazione a Roma) o i luoghi delle “memorie divise “ della zona della frontiera orientale.

Durante il percorso si sono formati tre gruppi di lavoro che hanno effettuato riflessioni, ricerche e proposte didattiche in merito a: “ Riflessioni teorico-concettuali” (gruppo n. 1),” Il Luogo della memoria ri-conosciuto” (gruppo n.2), “Dal luogo conosciuto al luogo ritrovato” (gruppo n.3) . Io ho fatto parte del gruppo n. 3 e presentato una proposta su “Memorie oltre la memoria di fondazione a Latina: Ebrei e Profughi”.

3. Le buone pratiche nella storia insegnata: l’esperienza del ” Majorana” di Latina

Gli input di Anna Sgherri hanno trovato un terreno favorevole nel Liceo scientifico sperimentale di Latina,”Ettore Majorana”, nato proprio con una vocazione all’innovazione presente in tutti gli ambiti disciplinari con un’attenzione particolare alla storia. Il Liceo, infatti, è stato “scuola polo” per le innovazioni didattiche nell’insegnamento della storia, organizzando corsi seminariali sia a livello nazionale sia provinciale. La sperimentazione del Liceo ha visto l’organizzazione di molti laboratori storici in orario curricolare ed extracurricolare. Per una “demo” delle attività ho ritenuto opportuno effettuare due scelte: una relativa al biennio del progetto autonomia scientifica - asse biologico-fisico-chimico - e una del triennio della sperimentazione Brocca scientifico-tecnologico:

a) Un laboratorio tra Storia e Scienze della Terra: Le tracce della presenza dell’uomo nel territorio pontino: dalle grotte alla città

La sperimentazione dell’Autonomia scientifica (con i caratteri della flessibilità, interdisciplinarità, territorialità, progettualità, modularità, l’introduzione delle compresenze e dell’insegnamento dei Linguaggi non Verbali e Multimediali) prevedeva, per il primo anno, delle attività di approfondimento pluridisciplinare modulate sulla curvatura di indirizzo. Il progetto deciso nell’ambito del “dipartimento d’indirizzo” è stato denominato “Indagando la natura” ed aveva come finalità l’acquisizione del “valore della tutela e della valorizzazione delle risorse del territorio” e “rafforzare l’identità personale attraverso la ricostruzione del passato del proprio ambiente” e come obiettivo l’acquisizione dei fondamenti della metodologia della ricerca e della capacità di integrare teoria e pratica attraverso attività laboratoriali. In questa direzione le attività del progetto in esame, realizzato nell’anno 2003-2004 dagli insegnanti di Storia e Scienze, si sono svolte in due moduli (uno da settembre a dicembre con un focus storico, l’altro da gennaio a marzo con un focus sulle Scienze della Terra), in orario aggiuntivo, il giovedì.

L’acquisizione dei fondamenti della metodologia della ricerca e della capacità di integrare teoria e pratica, considerato fondante dell’indirizzo biologico e fisico – chimico “Levi Montalcini”, ha puntato in entrambi i focus su una ricerca che prevedesse anche indagini di campo. Tali indagini si sono svolte con il supporto di un esperto paletnologo-archeologo (il dott. La Rosa) per i luoghi che hanno visto la presenza dell’homo heidelbergensis (sito di Quarto della Cinfonare) prima e poi dell’ uomo di Neandertal (Circeo e territorio pontino) e successivamente la nascita della città di Satricum. Ma anche le trasformazioni del paesaggio con lo studio della cartografia e l’indagine geologico morfologica del territorio sono state effettuate con la guida di un geologo (il dott. Perotto). Il progetto si è concluso con la creazione di un “dossier di ricerca” attraverso la rielaborazione degli appunti, la costruzione di schemi e/o schede di sintesi, dossier utile “a chi vuole iniziare una ricerca relativa alla preistoria nel territorio di Latina” . Ed, in effetti, è stato utilizzato dalla stessa classe, in terza, come base per un successivo lavoro guidato dalle stesse insegnanti Tosti e Malagola (la sperimentazione del Majorana prevedeva la verticalizzazione dell’insegnamento) in vista della partecipazione ad un concorso nazionale per la valorizzazione di siti archeologici, promosso dal comune di Perugia e dalla sovrintendenza ai beni culturali dell’Umbria nell’ambito della attività di “Archeofestival”. Il lavoro ha vinto la selezione per il Lazio.

C’è da aggiungere che l’attività ha avuto dei risvolti anche nello sviluppo delle abilità di scrittura (saper prendere appunti, rielaborarli..) e ha coinvolto anche un segmento di otto ore in compresenza Italiano-Linguaggi non verbali e multimediali per la costruzione di un fumetto sull’evoluzione dell’uomo a partire dal libro di Lewis “Il più grande uomo scimmia del Pleistocene”.

Il progetto è stato selezionato per essere presentato e discusso, insieme ad altri, in un seminario nazionale a Fiuggi organizzato dal MIUR e dal GISCEL- SLI nell’ambito dei “laboratori di scrittura – scrivere in contesti disciplinari diversi”, alla presenza di insegnanti provenienti da ogni parte di Italia e del prof. Tullio De Mauro.

b) Laboratorio storico “Città/campagna e la grande trasformazione -il caso Latina-” È il laboratorio cui si riferisce la testimonianza dell’alunno Chandra Bortolotto ed è stato realizzato negli anni scolastici 2001- 2002 e 2002-03 dalla classe IV – V G dell’indirizzo Scientifico-Tecnologico “Brocca” del Liceo Majorana di Latina e si ricollega al progetto “Memoria e insegnamento della Storia contemporanea”, trattato in precedenza.

Concluso il "laboratorio adulto", infatti, i gruppi di lavoro degli insegnanti-ricercatori hanno individuato le possibili applicazioni didattiche nelle rispettive realtà scolastiche. Sono stati elaborati dei percorsi connotati da una pratica didattica attiva, capaci di rendere lo studente protagonista dell’esperienza; non solo, ma il tipo di approccio sperimentato dai docenti e le fasi della ricerca sono stati riproposti nei confronti degli allievi e delle allieve, nell'intenzione di produrre un duplice effetto: la consapevolezza nei giovani di essere "dentro la storia" e insieme il senso di una trasmissione che sia produzione condivisa di sapere tra generazioni differenti, nell’ottica del recupero della memoria generazionale.

La “Grande Trasformazione” è stata indagata mediante l’utilizzazione delle testimonianze orali (familiari ed extrafamiliari), fotografiche, letterarie e filmiche, messe a confronto con fonti della storiografia locale e nazionale per la ricostruzione del contesto sia a livello del territorio di appartenenza sia del contesto nazionale.

Si è partiti dalla percezione della città da parte degli alunni, quasi tutti figli o nipoti di migranti e, attraverso le memorie dei genitori, dei nonni e di alcuni testimoni , si sono ricostruiti i cambiamenti degli anni in esame, individuando dei marcatori della trasformazione in riferimento agli aspetti sociali, economici, (indicativo il confronto tra una fabbrica degli anni ’50 e un’industria multinazionale degli anni ’70) ed urbanistici (una fonte importante è stato un libro “bianco” di denuncia della speculazione edilizia). La ricerca si è avvalsa di alcuni saggi di storiografia locale per il confronto con i dati emersi dalle testimonianze orali, l’analisi di film nei quali si potevano individuare i caratteri della trasformazione (locale e nazionale). Diversi manuali scolastici per lo studio dello scenario nazionale e europeo hanno consentito di inserire la riflessione sul “caso Latina” in un contesto più ampio.

Una sintesi del Laboratorio esaminato è risultata prima classificata al Concorso su ricerche di storia locale, indetto dall’Amministrazione Provinciale per le scuole superiori nel 2003.

 

Concludo il mio intervento, riportando le parole di Anna Sgherri che in qualche modo si ricollegano alla testimonianza iniziale: le buone pratiche sono un buon presupposto per scrivere un nuovo e avvincente capitolo nella storia della scuola italiana. Perché dietro ogni iniziativa, ogni progetto, ogni ricerca, ogni avventura intellettuale, ci sono stati -e continuano ad esserci- docenti con un ampio orizzonte culturale che hanno voluto dare ai loro allievi il gusto della conoscenza e il suo valore per l’uomo, in ogni tempo e in ogni luogo.