Una vita senza guerre : L'Europa Unita per la pace

Come annunciato nella newsletter di giugno scorso, SISUS ha seguito come consulente pedagogico le iniziative di Educazione alla Cittadinanza Europea organizzate dalla sezione Liguria dell'AICCRE, grazie all'impegno di Claudia Petrucci, componente del nostro CTS (Comitato Tecnico Scientifico).

Dal 17 al 19 giugno 2016 ha avuto luogo il previsto seminario / stage di formazione giovanile.

Accludiamo le relazione di Claudia Petrucci e le consegne per le scuole partecipanti.

allegati: 

Da Ventotene a Kiev: la Pace è sempre possibile

Da Ventotene a Kiev: la Pace è sempre possibile

AICCRE LIGURIA e Movimento Federalista Europeo   IX stage residenziale di Formazione Giovanile

Claudia Petrucci, consulente pedagogica SISUS 

Dal 10 al 12 giugno 2023 a Varese Ligure si è tenuto il IX stage di formazione giovanile organizzato dalle sezioni liguri dell'AICCRE e del Movimento Federalista Europeo.

Questi stage hanno ormai una tradizione. La prima edizione si era tenuta infatti nel giugno 2012 a Urbe con il titolo " Una Vita Senza Guerre, L'Europa Unita Per La Pace ". Da allora fino al 2019, alla fine di ogni anno scolastico, gruppi di studenti di fine quarta superiore, provenienti da istituti e indirizzi diversi delle diverse province liguri, avevano potuto confrontarsi con lo stato dell'Unione, con la sua storia, la sua geografia, le sue istituzioni e i valori su cui si fonda, primo fra tutti la pace. Avevano vissuto una esperienza culturale strutturata nelle forme dell'apprendimento cooperativo e della discussione tra pari, lavorando insieme in luoghi ricchi di attrattive naturali e testimonianze storiche, ma tranquilli e lontani dalle frenesie del turismo di massa.

Dopo tre anni di interruzione forzata, con una pandemia appena alle spalle e una guerra atroce in corso alle porte d'Europa, l'esperienza è stata finalmente riavviata . E ci siamo così ritrovati a Varese Ligure, con 24 studenti delle generazioni del " dopo ", a costruire un percorso di educazione civica che permetta di affrontare con razionalità anche gli eventi più duri dei nostri tempi tempi.

 

Da Ventotene a Kiev la Pace è sempre possibile: il titolo dello stage di quest'anno esprime una speranza, ma anche un impegno civile, ancora più indispensabile in vista delle prossime elezioni del Parlamento Europeo.

Se il processo di integrazione ha permesso ai nostri paesi di vivere settant'anni di pace e di relativa prosperità, oggi solo una Unione più forte e consapevole, in una prospettiva nettamente federale, può sperare di ricucire gli equilibri stravolti del mondo.

 

Come conclusione dello stage, agli studenti è stato assegnato un compito di realtà : un manifesto, uno spot, un video per invitare i cittadini, alle elezioni del 2024, a scegliere l'Europa, andare a votare per il Parlamento Europeo e votare in modo consapevole.

 

L 'impianto didattico dello stage ha ripreso la formula già rodata nelle passate edizioni, anche se ovviamente con contenuti aggiornati .

E' un modello di apprendimento cooperativo che, come notano sempre i ragazzi, sarebbe bene trovasse spazio anche nell'organizzazione scolastica tradizionale. Il fatto stesso che abbia funzionato, dopo tre anni di interruzione e dopo le complicazioni, insicurezze e diffidenze che la pandemia ha lasciato anche nelle relazioni educative, è una grande prova della sua efficacia.

Lo stage utilizza l'apprendimento cooperativo e le "lezioni rovesciate" per trattare, in un tempo relativamente breve e senza semplificazioni arbitrarie, contenuti complessi.
La prospettiva della "lezione rovesciata" comporta che i contenuti proposti durante lo stage (Perché e come è nata l’Unione Europea; come funziona e su quali principi si basa; quali opportunità offre, quali problemi deve affrontare.....), debbano confrontarsi con le informazioni che gli studenti hanno già raccolto e iniziato a elaborare per conto proprio, in una ricerca preliminare assegnata alle diverse scuole.
La ricerca degli studenti precede quindi la lezione, e chi fa lezione non presume di lavorare su una pagina bianca ma assume come condizione di efficacia il confronto con le pre-conoscenze (e a volte i pre-giudizi e i pre-concetti) degli ascoltatori.
Gli argomenti assegnati alle scuole cambiano di anno in anno: dalla descrizione storico geografica di paesi dell'Unione, all’interpretazione di frasi celebri di filosofi e scienziati su che cosa significhi essere cittadini europei, alla presentazione di questioni vitali (come la salvaguardia dell'ambiente e della salute) in cui l'Unione è determinante, al ruolo dei "padri fondatori" e delle "madri fondatrici" nella storia dell'integrazione europea.
 
Quest'anno abbiamo proposto i temi difficili del nostro tempo .Ogni scuola ne ha ricevuto uno da presentare in 7/8 diapositive, sulla base di informazioni reperibili in una sitografia controllata (istituzioni europee e organizzazioni scientifiche). Orientati da una domanda ricorrente: Su questi problemi, quali iniziative ha preso e quali iniziative potrebbe prendere l'Unione Europea ? Qual è e quale potrebbe essere il ruolo delle istituzioni?

Questi i temi :

  1. Transizione ecologica
  2.  Disuguaglianze e povertà
  3.  Migrazioni
  4.  Pace e guerra
  5.  Diritti civili
  6.  Parità di genere

Il compito è stato preso molto sul serio. Nelle esposizioni degli studenti si leggevano, anche se appena accennati, molti snodi fondamentali : la pluralità di soggetti coinvolti in temi che riguardano l'intera comunità umana; le responsabilità della UE e quelle degli stati nazionali; che cosa vorrebbe fare l'Unione ma non sempre può fare; i diversi scenari ipotizzabili a seconda di quale logica prevarrà : se quella della costruzione di priorità condivise o quella dei conflitti tra stati membri. Uno degli aspetti più interessanti è stata la capacità di ricostruire le diverse componenti che concorrono alla definizione delle strategie europee.

Per esempio, nella loro breve lezione sul tema Disuguaglianze e povertà, gli studenti del Parentucelli /Arzelà di Sarzana citavano la possibile combinazione di interventi economici (il fondo Next Generation Eu), legislativi (la Direttiva sui salari minimi) e commerciali (il sostegno al commercio equo e solidale). Questo impegno nell’identificare gli strumenti operativi dell’Unione è significativo soprattutto se si pensa al contesto culturale di questi anni, l’unico che ragazzi così giovani abbiano vissuto. Oggi l’Europa stessa sembra diventata un tema controverso e le sue politiche vengono troppo spesso presentate all'opinione pubblica in modo caricaturale, come a priori arbitrarie o irrealizzabili.
Questi ragazzi hanno invece cercato di capire come si muove nella realtà l’Unione :un passo decisivo per una cittadinanza consapevole.
 
La cittadinanza consapevole dei nostri tempi non può che essere multilivello, insieme locale, nazionale e sovranazionale.
E bisogna fornire ai giovani gli strumenti per comprendere i diritti e i doveri reciproci che nascono non solo dalla propria condizione concreta di cittadini di uno stato, ma anche dalle esigenze comuni dell'umanità.
Non a caso uno dei testi fondamentali su cui si lavora nello stage è la Carta dei Diritti dell’Unione, che sancisce un concetto di dignità della persona da far valere anche oltre gli attuali sistemi di riconoscimento elaborati dalle istituzioni e dagli stati.
 
Essere capaci di gestire più livelli di appartenenza è quindi una delle competenze chiave dei nostri tempi. Si comincia dalle piccole cose: lo stage cerca di sparigliare le identità di gruppo cristallizzate. I compagni di scuola non sono i compagni di stanza, di mensa o di tavolo di lavoro.
Questo mixage non è solo un espediente didattico per far lavorare ugualmente tutti, è una piccola esperienza di vita. C’è il disorientamento iniziale, ci si trova a dover superare una C’è il disorientamento iniziale, ci si trova a dover superare le differenze, e a volte anche le rivalità e i pregiudizi, dei luoghi di provenienza e degli indirizzi scolastici diversi. Questo costringe a riflettere su come storie, appartenenze e identità diverse possano collaborare per scopi comuni. Nel micro come nel macro, nel gruppo di studenti come nelle istituzioni sovrannazionali della UE.
 
Quest’anno lo sconcerto per la rottura di familiarità ci è sembrato molto forte. Nelle riflessioni e nelle valutazioni diverse voci hanno rievocato l’ansia di fronte alla separazione iniziale e alcuni hanno dichiarato di aver fatto molta fatica ad accettarla. Può darsi che questo sia davvero un segno di fragilità sociale lasciato dalla pandemia.
 
Anche quest’anno, tuttavia, le cose si sono rimesse presto in carreggiata. Fondamentale è stata come sempre la breve fase iniziale di manualità e di "giochi di conoscenza", utile anche per far funzionare bene i successivi “tavoli di lavoro”. Questi tavoli sono da tre o da quattro persone, la loro composizione è predefinita, per evitare squilibri di genere o di provenienza, ed è importante che tutti conoscano tutti. Così si inizia costruendo insieme un quadernino per gli appunti, si disegna il piatto preferito, si scrive, sulla "mano" di carta che ci si scambia, il titolo del libro appena letto e della canzone preferita ma anche "che cosa significa per te essere cittadini europei"…
Poi si comincia davvero.
 
Le unità di compito, dai dieci ai quaranta minuti, consistono nell’ ascolto di lezioni, lettura e analisi di documenti, stesura di testi, momenti di discussione, produzione di materiali.
Ciascun tavolo di lavoro inventa un proprio nome, uno slogan, una propria immagine distintiva, e condivide le informazioni e gli elementi di discussione. I tavoli possono venire temporaneamente suddivisi per esigenze di documentazione e approfondimento, ma poi si ritrovano al momento della condivisione di quanto approfondito e della stesura delle relazioni. Al loro interno, i diversi ruoli di responsabilità e di mantenimento della coesione ruotano a ogni unità di compito. I tavoli di lavoro restano stabili per tutta la durata dello stage, e saranno responsabili del "compito di realtà" presentato alla fine alla giuria esterna Il calendario è molto intenso (Fin troppo! ha commentato anche stavolta qualcuno…) ma l’intensità permette di evitare le dispersioni e impone di passare oltre i momentanei scoramenti.
Sono quattro sessioni, di quattro ore circa, scandite in diverse unità, più una breve introduzione all'arrivo e due incontri serali, il primo in cui si espongono le relazioni delle scuole e il secondo di intrattenimento, ma anche di inizio della progettazione autonoma dei lavori finali.
 
Anche in questa edizione, le sessioni di lavoro sono state dedicate alla storia, alle competenze degli organismi dell'Unione, ai suoi principi ispiratori. Principi espressi nella Carta dei Diritti Fondamentali e nel Trattato di Lisbona istitutivo della UE, e letti però anche alla luce dei problemi e dei dilemmi della vita reale.
All'inizio di ogni sessione, gli studenti sono stati invitati a rispondere individualmente a "questionari di conoscenza" (una serie di domande a risposta multipla). A fine sessione, acquisite durante il lavoro le conoscenze che mancavano, le risposte sono state restituite, corrette e discusse insieme.
 
I questionari indagano sulla conoscenza di alcune tappe fondamentali del percorso di integrazione, delle prerogative e delle caratteristiche delle istituzioni europee, delle più importanti politiche messe in atto dall'Unione in risposta alle esigenze attuali e anche del significato di alcune espressioni più o meno complesse considerate di uso comune (es. "cortina di ferro ", ma anche, "ideologia nazionalista "). Nessuno di questi argomenti è stato ancora oggetto di studio a scuola nelle classi frequentate . Al termine delle lezioni e delle attività, i ragazzi sono in grado di autocorreggere le prime risposte date e di discuterle.
 
Insieme alle risposte, in alcuni casi sono stati anche discussi i "distrattori", le "alternative sbagliate" offerte dal test.  La discussione dei distrattori permette di riflettere sulle percezioni sociali dei nostri studenti, e sui significati che attribuiscono a situazioni e termini spesso dati per scontati.
L'impressione generale è che agli occhi di questi ragazzi l'Unione appaia più forte, dotata di un campo di azione più vasto e di processi decisionali più semplici, di quanto sia in realtà. La difesa, per esempio, è considerata da molti di pertinenza europea, mentre è esclusiva pertinenza degli stati. E così la sanità pubblica, e la gestione delle emergenze sanitarie (per esempio quella del covid), che è invece materia condivisa con gli stati. In pratica, questi ragazzi ritengono che la dimensione oggettivamente sovranazionale dei problemi abbia già prodotto strutture sovranazionali in grado di farsene pienamente carico.
La conseguenza paradossale di questo wishful thinking è però anche una certa confusione di responsabilità, e può portare a attribuire a politiche sbagliate dell'Unione molte scelte (o non--scelte) discutibili, che sono in realtà dovute alla preponderanza di contraddittori interessi nazionali. Questa confusione di responsabilità è in realtà molto diffusa, non solo tra i ragazzi. E’ alimentata anche dal modo spesso approssimativo in cui stampa e media riportano le notizie dall’Unione. Il che fa gioco ai vecchi e nuovi  nazionalismi che amano dipingere un’Europa insieme tirannica e incapace.
 
Il Next Generation EU non è la stessa cosa del Green Deal, ma il fatto che in molte risposte siano stati identificati vuol dire che la transizione ecologica è sentita da questi giovani come una priorità davvero seria.
Il Trattato Unico dell'Unione e la Carta dei Diritti non sono sinonimi, ma è significativo che siano assimilati e che la Carta sia vista dai ragazzi come il vero centro ideale dell'identità europea. Oggi che ci si appella così di frequente al concetto storico di nazione, è bene sapere in che cosa consista invece la sua possibile degenerazione, l'ideologia del nazionalismo.
Alla domanda del test su quale fosse il concetto fondamentale alla base dell'ideologia nazionalista, la risposta più corretta, e in effetti indicata dai più, faceva riferimento alla "volontà di salvaguardare le popolazioni di un territorio che abbiano la stessa lingua, etnia e cultura", ma tra le alternative offerte c'era anche "il controllo delle popolazioni di un territorio attraverso la limitazione delle libertà individuali". Un gruppetto non irrilevante ha scelto questa risposta. 
I motivi non sono banali: è indubbio che l'ideologia nazionalista, anche nelle sue versioni meno estreme,  presuma l'omogeneità culturale di tutti gli abitanti di un territorio, e che  proprio questa presunzione porti con sé forti rischi illiberali. Postulare l'omogeneità culturale dell' intera popolazione di uno stato significa vedere con insofferenza ogni forma  di diversità interna, ritenuta cosa potenzialmente straniera e nemica. Gli esempi non mancano. Anche senza rievocare le tragedie più sanguinose, basti ricordare come in tutta Europa, tra le nuove e vecchie nazioni uscite dalla prima guerra mondiale, la ricerca di  "omogeneità" culturale, religiosa, etnica all'interno dei confini abbia portato a tensioni irredentiste, a scambi di minoranze, a spostamenti di massa, a volte imposti con la violenza, a volte concordati tra gli stati confinanti, ma comunque sempre coatti e dolorosi per chi li doveva subire.
 
Alcuni hanno invece scelto un altro distrattore, all'apparenza paradossale, che identifica il nazionalismo con "il rispetto delle popolazioni di diversa nazionalità, lingua, etnia e cultura presenti su un territorio". Discutendo si scopre che il paradosso è nel bisogno di confini, separazioni e conflitti di appartenenza continuamente riprodotti all’interno dell’orizzonte concettuale nazionalista. Se facciamo parte di una minoranza territoriale, la prospettiva di uno stato tutto e solo nostro sembrerà dare una risposta radicale alla nostra richiesta di rispetto. Radicale, ma non definitiva. Ci sarà sempre, infatti, la possibilità che qualcuno non si identifichi con la nuova appartenenza, e che appaiano ulteriori divisioni interne, nuove minoranze all'interno delle nuove maggioranze, intrecci imprevisti di fedeltà e di identità.
 
L'ultimo distrattore della domanda era quello che collegava il nazionalismo al "miglioramento delle condizioni di vita delle classi diseredate del popolo presente sul territorio". I nostri studenti lo hanno totalmente ignorato, e forse questo è un buon segno. Ne abbiamo però discusso, perché la speranza che chiudersi nei propri confini serva a tenere lontani speculazione e sfruttamento, e permetta di realizzare un nuovo e più giusto ordine sociale, è storicamente una delle motivazioni più accattivanti che il nazionalismo abbia dato di sé. Anche se è tragicamente sbagliata. Un po' perché un'economia che si chiuda nei confini nazionali di ricchezza da distribuire in genere ne produce poca, un po' perché l'ideologia nazionalista, con la sua enfasi sull'unione patriottica, tende a non lasciar emergere i conflitti sociali. E invece sono proprio i conflitti sociali, e la necessità di gestirli, il motore profondo di equilibrio tra ceti e classi.
 
L’intera sessione centrale dello stage è dedicata al funzionamento delle istituzioni europee, al sistema di responsabilità politiche e di sovranità condivisa che le caratterizza, e agli strumenti che hanno a disposizione i cittadini per interagire con esse. La Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea mette al centro i diritti degli "individui"(e non solo dei "cittadini"), e indica come principio base la "dignità" delle persone. Ciò significa che uno stato europeo non può autorizzare la pena di morte o la tortura (art. 1 - 2 -3 della Carta). Che un paese europeo non può negare la possibilità di presentare richiesta di asilo a chi ne abbia bisogno (art. 18 e 19). Che in tutti i paesi europei i bambini e i minori hanno diritto di essere ascoltati (art.24). Che i lavoratori non possono essere licenziati senza motivo e senza tutele, hanno diritto a orari ragionevoli e a periodi di riposo (art.30 e 31).
 
Qui nascono le domande e le perplessità, di fronte alle molte garanzie di civiltà che gli ordinamenti europei si impegnano a tutelare , ma che gli stati nazionali tardano spesso a raccogliere e, anzi, a volte ostacolano esplicitamente, nascondendosi dietro gli slogan di una malintesa sovranità .
 
Negli stage dell'AICCRE si sceglie di non discutere delle scelte contingenti dei governi, e si cerca invece di dare le informazioni necessarie per capire in base a quali valori e con quali strumenti si sia formata e possa oggi orientarsi la società europea. Ma riflettendo su tutti questi temi si può capire quanto un'ottica puramente nazionale non basti ad affrontare le esigenze dei nostri tempi e soprattutto non possa proiettare nessuna visione credibile di futuro. Chi ripropone gli stati nazionali a sovranità apparentemente illimitata come l'unico assetto "naturale" della politica si comporta come se non contassero le condizioni e le interazioni economiche, le posizioni geografiche e le dimensioni, e come se i piccoli stati europei, figli dell’Ottocento, con le loro democrazie preziose e fragili, potessero vedersela davvero alla pari con l'aggressività dei grandi imperi continentali, con le forze smisurate della globalizzazione economica e con le sfide di una transizione ecologica da cui dipende la stessa vita delle società umane. Da soli, al massimo ci si barcamena, ma non si può davvero prendere in mano il proprio avvenire.
 
Gli studenti che partecipano a questi stage non vengono selezionati a priori in quanto favorevoli all’Unione. I nostri stagisti sono quindi naturalmente curiosi di saperne di più sull'Europa, sono abituati a vivere in Europa e a pensarsi come Europei, ma non sono necessariamente fautori di un rafforzamento federale delle istituzioni della UE. In tutte le edizioni c’è sempre stata grande varietà di atteggiamenti e opinioni in proposito.
Possiamo però considerare come un indicatore di successo formativo il fatto che alla fine anche le diverse sensibilità si ricompongano nell'accettazione del quadro istituzionale europeo come un quadro necessario di partecipazione democratica, da salvaguardare e da promuovere. La necessità di non restare indifferenti a quello che succede, a come si vota, a quali scelte verranno prese sembra sinceramente sentita, e si riflette anche nei nomi e negli slogan identificativi che i gruppi di lavoro hanno prodotto.
Questi i nomi che si sono dati i gruppi:
  • European brilliant minds: Menti consapevoli per un'Europa brillante
  • Europa consapevole
  • Costellazione di diversità: Tu hai un valore, il tuo voto ha un valore
  • Eurogether
  • SUEÑO: Italiani ma anche Europei
  • AVENUE: La strada europea e le sue scelte
 
Tutti gli spot, in forma di video o di dépliant, realizzati dai gruppi per promuovere la partecipazione alle elezioni europee del 2024 sono stati presentati a una giuria che comprendeva gli organizzatori, i rappresentanti dell'AICCRE e della realtà locale e il responsabile della Comunicazione dell'Ufficio di Rappresentanza in Italia della Commissione Europea,dott. Massimo Pronio. Il più apprezzato è stato la Costellazione di diversità, ma sono tutti davvero significativi. Per esempio, il video prodotto dal gruppo Un' Europa Consapevole elenca una lunga serie apparentemente eterogenea di problemi quotidiani e di opzioni politiche, sul lavoro, sul cambiamento climatico, sulle migrazioni, sulla guerra e la pace, sul gap di genere, sulla mobilità urbana e sulla lotta alle discriminazioni. Solo una prospettiva europea, suggerisce il video, potrebbe permettere di affrontarli in modo adeguato, mettendo a confronto e in sinergia le strategie.
Dobbiamo decidere noi che cosa voglia dire essere Europei e in che modo vogliamo esserlo. … Ricordati che votare significa dare forma al tuo futuro.

 Ed è proprio così.

L'Europa unita per la pace: Ottava edizione AICCRE - MFE

E' arrivato alla ottava edizione (la prima edizione fu nel 2012) lo stage di formazione giovanile "Una Vita Senza Guerre, L'Europa Unita Per La Pace", condotto dalle sezioni liguri dell'AICCRE e del Movimento Federalista Europeo.

Ad accogliere, tra l' 8 e il 10 giugno 2019, 27 studenti di fine quarta superiore provenienti da istituti e indirizzi diversi delle diverse province liguri, è stato quest'anno il comune di Sassello, il borgo nel Parco del Beigua ricco di importanti attrattive naturali e testimonianze storiche.

Lo schema generale di questi stage non è cambiato nelle diverse edizioni, ma vale la pena di ricordarne qui le caratteristiche fondamentali, anche perché si tratta di una proposta didattica strutturata, che può fornire motivi e suggerimenti di discussione a insegnanti e studenti anche al di là dell'occasione specifica. Una proposta utile soprattutto quando, come accade in questi stage, si vogliano affrontare temi storici e di attualità di grande spessore che non sempre trovano però spazi e tempi adeguati nell'organizzazione scolastica tradizionale.

L'impianto didattico degli stage utilizza infatti strategie di apprendimento cooperativo e di "lezione rovesciata" per trattare, in un tempo relativamente breve e senza semplificazioni arbitrarie, contenuti complessi. La prospettiva della "lezione rovesciata" prevede, per esempio, che i contenuti pertinenti alla storia dell'Unione, ai valori su cui si basa e alle istituzioni che la governano, proposti da parte dei formatori attraverso unità video e interventi specifici (Perché e come è nata l’UE; come funziona l’UE e su quali principi si basa; quali opportunità la UE offre ai giovani ), possano venire confrontati con informazioni che gli studenti hanno già raccolto e iniziato a elaborare per proprio conto, in una ricerca preliminare assegnata alle diverse scuole. La ricerca degli studenti precede quindi la lezione, mentre chi fa lezione non presume di lavorare su una pagina bianca ma assume come condizione di efficacia il confronto con le pre-conoscenze (e a volte i pre-giudizi e i pre-concetti) degli ascoltatori.

Gli argomenti assegnati a queste ricerche preliminari possono essere molti e vari. Nelle diverse edizioni abbiamo avuto la descrizione storico geografica di paesi dell'Unione, l’interpretazione di frasi celebri di filosofi e scienziati su che cosa significhi essere cittadini europei, la presentazione di questioni vitali, come la salvaguardia dell'ambiente e della salute, in cui il ruolo dell'Unione è stato determinante.

Da alcune edizioni, però, si è scelto di assegnare alle scuole, come compito preliminare da portare allo stage, la presentazione di personaggi chiave della storia delle istituzioni europee. Questo permette agli studenti di arrivare con alcune nozioni di massima non solo sulla biografia dei personaggi, ma sugli avvenimenti e le svolte del XX secolo che li hanno visti attori. Hanno così qualche strumento in più per porsi in modo attivo di fronte alle lezioni che affrontano i rapporti tra il processo di costituzione della UE e il contesto mondiale.

Il percorso del “Secolo breve” che va dalla "fine degli imperi" (1914-18), alla "fine dei fascismi" (1939-45), fino alla progressiva costruzione di istituzioni sovrannazionali europee negli anni '50 del XX secolo, nel quadro della decolonizzazione e della Guerra Fredda, finisce in genere in fondo ai programmi scolastici delle quinte classi. A fine quarta è molto raro che gli studenti ne sappiano qualcosa. Grazie al lavoro preliminare, invece, qualche conoscenza in più c'è, e questo facilita il lavoro dello stage, durante il quale tutte le informazioni ricevute vengono analizzate, condivise e ricondotte a coerenza nel lavoro dei gruppi. Una proposta didattica "rovesciata", che affidi al lavoro autonomo degli studenti la prima informazione su un ambito di contenuti, e poi ne faccia discutere, la integri con altre voci e fonti, e cerchi di inquadrarla in contesti di comprensione e sistemi interpretativi, è in genere una scelta efficace, ma in questo caso è davvero indispensabile.

Oggi i nazionalismi stanno tornando di moda, la costruzione europea non è accettata in modo unanime, e viene anzi spesso presentata in modo caricaturale come un prodotto di decisioni minoritarie, arbitrarie e azzardate. Ricostruire insieme, tra formatori e studenti, la storia, i contesti e le scelte dell'Unione serve invece a vederla meno lontana e a capirne meglio la razionalità, le potenzialità e anche i limiti da superare.

Nello stage "Una vita senza guerre " ci si organizza secondo le regole dell'apprendimento cooperativo. E questo si riflette non solo nelle procedure e nei compiti delle attività, ma anche nei ritmi della giornata. Fin dall'arrivo si stabilisce infatti che i compagni di scuola non saranno i compagni di stanza, di mensa o di tavolo di lavoro. Il mixage non è solo un espediente per evitare squilibri nella resa didattica dei gruppi. Gli studenti sono messi nella condizione di dover superare le differenze, e a volte le rivalità e i pregiudizi, dei luoghi di provenienza e degli indirizzi scolastici diversi, i "tecnici", gli "scientifici", gli "umanistici". Questo costringe anche a riflettere su come storie, appartenenze e identità diverse possano collaborare per scopi comuni. Nel micro come nel macro, nel gruppo di studenti come nelle istituzioni UE, imparare a leggere le differenze come risorsa è un’abitudine cognitiva importante, e sempre più vitale in un'epoca in cui chiusure e separazioni sembrano ritornare di moda.

All'inizio dello stage c'è sempre una breve fase di "giochi di conoscenza", utile anche per far funzionare bene i successivi “tavoli di lavoro”. I tavoli sono da tre o da quattro persone, e la loro composizione è stata già definita dai formatori, per evitare squilibri di genere o di provenienza, ma è importante che tutti conoscano tutti. Ci aiuterà in questo, come ogni anno, il gioco della mano disegnata, che porta scritta sulle dita la costellazione delle cose che ci piacciono e di cui siamo convinti, che scambieremo con le mani degli altri e che disporremo insieme come un gran pavese di bandierine. Tra le cose scritte sulle dita c’è il piatto preferito, il libro appena letto, ma anche "che cosa significa per te essere cittadini europei"… Le attività proseguono in brevi "unità di compito" la cui durata può variare dai dieci ai quaranta minuti: lettura e analisi di documenti, brevi lezioni, stesura di testi, momenti di discussione, produzione di materiali. Ciascun tavolo di lavoro, o gruppo di base, inventa un proprio nome, uno slogan, una propria immagine distintiva, e condivide le informazioni e gli elementi di discussione. I tavoli possono venire temporaneamente suddivisi per esigenze di documentazione e approfondimento, ma poi si ritrovano al momento della condivisione di quanto approfondito e della stesura delle relazioni. Al loro interno, i diversi ruoli di responsabilità e di mantenimento della coesione ruotano a ogni unità di compito. I tavoli di lavoro non coincidono quindi con i gruppi scolastici di provenienza, restano stabili per tutta la durata dello stage, e saranno responsabili di un prodotto finale, un "compito di realtà" indirizzato a destinatari esterni.

Il calendario è molto intenso : quattro sessioni, di quattro ore circa ciascuno, scandite in diverse unità di compito, più una breve introduzione all'arrivo e due incontri serali. Nel primo, si presentano al pubblico i lavori che le scuole hanno preparato, e il secondo è dedicato a uno spettacolo teatrale pertinente al tema. Quest'anno, le presentazioni introduttive delle scuole riguardavano alcune figure di "Madri" e di "Padri" dell'Europa (Ursula Hirschmann, Simone Veil, Jean Monnet, Robert Schuman, Alcide De Gasperi, Jacques Delors). Lo spettacolo, messo in scena dalla Scuola di recitazione per ragazzi e adulti La quinta praticabile di Genova, sviluppava invece intrecci e sentimenti coinvolti intorno a una tipica situazione "frontaliera" pre-Schengen.

E, come ogni anno, l'incontro serale ci ha riproposto l'indimenticabile scena del "passaggio di dogana con sacco" con Massimo Troisi e Roberto Benigni in versione rinascimentale, intrappolati nei controlli di confine tra Pistoia e Firenze. Anche in questa edizione, le sessioni di lavoro sono state dedicate alla storia, alle competenze degli organismi dell'Unione, ai suoi principi ispiratori. Principi espressi nella Carta dei Diritti Fondamentali e nel Trattato di Lisbona istitutivo della UE, e letti però anche alla luce dei problemi e dei dilemmi della vita reale.

All'inizio di ogni sessione, gli studenti sono stati invitati a rispondere individualmente a "questionari di conoscenza" (una serie di domande classiche, a risposta chiusa) e alla fine della sessione le risposte sono state restituite, corrette e discusse insieme. Insieme alle risposte, in alcuni casi sono stati anche discussi i "distrattori", le "alternative sbagliate" offerte dal test. Nelle ultime edizioni, la discussione dei distrattori si è rivelata sempre più importante perché permette di riflettere sulle percezioni sociali dei nostri studenti, e sui significati che attribuiscono a termini spesso dati per scontati.
Alla domanda, per esempio, su quale sia il concetto fondamentale alla base dell'ideologia nazionalista, la risposta "giusta", e scelta prevedibilmente dai più, faceva riferimento alla volontà di salvaguardare le popolazioni di un territorio che abbiano la stessa lingua, etnia e cultura, ma tra le alternative indicate da alcuni c'era anche "il controllo delle popolazioni di un territorio attraverso la limitazione delle libertà individuali". Il dibattito che ne è seguito ha permesso di approfondire i motivi di questa scelta, che non sono banali. Perché è indubbio che l'ideologia nazionalista presuma una forte "omogeneità" culturale di tutti gli abitanti di un territorio, ma proprio questa presunzione porta con sé forti componenti illiberali e autoritarie. Presumere l'omogeneità culturale di una intera popolazione significa vedere con insofferenza ogni forma di diversità interna, ritenuta cosa potenzialmente straniera e nemica. Proprio nella storia recente d' Europa gli esempi non mancano, anche a non voler citare le persecuzioni e i genocidi più atroci. Per esempio, tra le nuove e vecchie nazioni uscite dalla prima guerra mondiale, la ricerca di "omogeneità" all'interno dei confini portò a scambi di minoranze e spostamenti di massa. Si trattò di spostamenti anche "legalmente" concordati tra stati confinanti, sulla base di criteri religiosi o linguistici, ma quasi sempre coatti per chi li doveva subire. Nella presunzione di "correggere" i vecchi assetti degli imperi vennero stravolte le vite di milioni di persone, e vennero cambiati i connotati culturali di città e regioni intere, che avevano visto invece per secoli un sostanziale equilibrio tra diverse componenti della popolazione. E la tragedia delle guerre balcaniche degli anni 90, praticamente l'altro ieri, ci racconta che il primo atto fu proprio la persecuzione e la costrizione alla fuga delle famiglie miste, che allora costituivano tra il dieci e il venti per cento dell'intera popolazione dell'ex Yugoslavia. La risposta tecnicamente "sbagliata", che identificava il nazionalismo con le sue componenti illiberali e autoritarie, ha quindi profondi e pesanti fondamenti nella realtà storica.
Altrettanto interessante è un altro "distrattore". Per alcuni studenti l'ideologia nazionalista si baserebbe "sul rispetto delle popolazioni di diversa nazionalità, lingua, etnia e cultura presenti su un territorio". Paradossale, vero? Ma discutendo si scopre che il paradosso non è tanto in quel che dice il distrattore, quanto nella realtà del nazionalismo stesso. Che riproduce continuamente il bisogno di confini statali, separazioni e conflitti. Se faccio parte di una minoranza territoriale, la prospettiva nazionalista di uno stato tutto nostro sembrerà dare una risposta radicale alla mia richiesta di rispetto. Radicale, ma non definitiva. Ci sarà sempre, infatti, la possibilità di ulteriori divisioni interne, di intrecci imprevisti di fedeltà e di identità. Questo mostra, per esempio, la storia recente dell'Ucraina.
L'ultimo distrattore della domanda era quello che collegava il nazionalismo al "miglioramento delle condizioni di vita delle classi diseredate del popolo presente sul territorio". Gli studenti lo hanno ignorato, e forse questo è un buon segno. Ne abbiamo però discusso ugualmente, perché la speranza che chiudersi nei propri confini serva a tenere lontani speculazione e sfruttamento, e permetta di realizzare un nuovo e più giusto ordine sociale, è una delle motivazioni più accattivanti che il nazionalismo storicamente abbia dato di sé. Anche se è tragicamente sbagliata. Un po' perché un'economia che si chiuda nei confini nazionali di ricchezza da distribuire in genere ne produce poca, un po' perché l'ideologia nazionalista, con la sua enfasi sull'unione patriottica, tende a non lasciar emergere i conflitti sociali. E sono proprio i conflitti sociali che invece funzionano in genere da motore profondo di riequilibrio tra ceti e classi. Lo slogan che abbina nazionalismo e preoccupazione per i diseredati potrebbe avere un senso forse solo per una grande potenza economica e politica, capace di dettare regole e condizioni al resto del mondo, e però anche governata al suo interno da principi di giustizia sociale. Fu per qualche decennio l'immagine di sè che dava al mondo l'Unione Sovietica. Come sappiamo, non ha funzionato nemmeno lì.
Come le altre, anche l' ottava edizione dello stage ha prodotto qualcosa di utile per tutti. Stavolta il prodotto finale elaborato dai gruppi di lavoro ha avuto una forma duplice. Da un lato, ogni gruppo ha formulato un progetto di assemblee di informazione di istituto, da convocarsi durante il prossimo anno scolastico e in cui i partecipanti allo stage assumeranno il ruolo di tutors - formatori dei loro compagni, utilizzando i materiali prodotti durante lo stage. Dall'altro, i gruppi hanno predisposto una "petizione operativa" da rivolgere, in base all' art.44 della Carta dei diritti fondamentali della UE, al neo insediato Parlamento Europeo. La petizione, in formato multimediale, riguarda una questione tra quelle riconosciute fondamentali nella Carta dei Diritti e nei trattati dell'Unione. I gruppi potevano scegliere tra la Parità di genere, la Difesa dell’Ambiente, la Dignità della persona nella gestione delle migrazioni.
E i lavori dei ragazzi hanno suggerito molte idee per dare concretezza a questi principi . La stesura di una petizione operativa, che non è un semplice appello di principio, ma prevede passi e azioni concrete e precise, è stata possibile perché i ragazzi erano bene informati . Un'intera sessione centrale dello stage era stata infatti dedicata al funzionamento delle istituzioni europee, al sistema di responsabilità politiche e di sovranità condivisa che le caratterizza, e agli strumenti che hanno a disposizione i cittadini per interagire con esse. E anche quest'anno sono emerse nella discussione domande e perplessità, di fronte alle molte garanzie di civiltà che gli ordinamenti europei si impegnano a tutelare , ma che gli stati nazionali tardano spesso a raccogliere e, anzi, a volte ostacolano esplicitamente, nascondendosi dietro gli slogan di una malintesa sovranità.
La Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea mette al centro i diritti degli "individui"(e non solo dei "cittadini"), e indica come principio base la "dignità"delle persone. Ciò significa che uno stato europeo non può autorizzare la pena di morte o la tortura (art. 1-2-3- della Carta). Che un paese europeo non può negare la possibilità di presentare richiesta di asilo a chi ne abbia bisogno (art. 18 e 19). Che in tutti i paesi europei i bambini e i minori hanno diritto di essere ascoltati (art.24). Che i lavoratori non possono essere licenziati senza motivo e senza tutele, hanno diritto a orari ragionevoli e a periodi di riposo (art.30 e 31).
Negli stage dell'AICCRE si sceglie di non discutere delle scelte contingenti dei governi , e si cerca invece di dare le informazioni necessarie per capire in base a quali valori e con quali strumenti si sia formata e possa oggi orientarsi la società europea. Ma riflettendo su tutti questi temi si può capire quanto un'ottica puramente nazionale sia miope e autodistruttiva.
 
Per formulare le loro petizioni i ragazzi sono stati invitati a raccogliere anche opinioni e pareri di cittadini, giovani e adulti, intervistati per le strade e al mercato settimanale di Sassello. E qui è emersa anche qualche contraddizione : gli intervistati erano ben disponibili a dire la loro sui temi oggetto della petizione, che si trattasse di ambiente, di parità di genere o di gestione delle migrazioni, ma quasi nessuno aveva invece idea di che cosa le istituzioni europee potessero effettivamente fare in merito, e in che modo. I nostri studenti avevano avuto occasione, grazie allo stage, di capire le strutture decisionali della UE, le loro potenzialità e i loro limiti, e hanno realizzato con un po' di stupore che la loro ignoranza iniziale sui temi europei, di cui erano allegramente consapevoli, e che era stata superata grazie all'esperienza dello stage, era in realtà una condizione quasi generale anche tra gli adulti.
Come si spiega questa diffusa ignoranza? Forse perché, soprattutto nel nostro paese, è raro che i cittadini siano messi davvero in condizione di capire chi fa le cose nella UE, e soprattutto chi abbia le responsabilità delle scelte. Stampa e televisione spesso usano in modo confuso e “intercambiabile” termini come Commissione, Parlamento, Consiglio europeo, Consiglio della UE. Per non parlare degli equivoci su Corti di Giustizia e tribunali internazionali. Peso e responsabilità dei governi nazionali nel prendere decisioni vengono in genere ignorati. E si usa il termine “Europa” come un arnese buono a tutti gli usi, a indicare una realtà dalle forme indistinte, di volta in volta inutile e inefficace, o onnipotente e tirannica, a seconda di come conviene rappresentarla.
Negli ultimi anni, in Europa e sull’Europa, a questa imprecisione diffusa si sono sommate narrazioni distruttive, che ricordano solo gli evidenti errori, gli insuccessi e gli squilibri, e minimizzano, o presentano come insuccessi, anche le conquiste sociali e democratiche che l’Unione ha permesso e difeso. Particolarmente insidiose sono quelle narrazioni che magari non dichiarano di combattere apertamente l’idea di una Europa unita, ma presentano l'esperienza sovrannazionale europea come una parentesi della storia, lunga ma transitoria e ormai esaurita, nata di necessità dopo l'emergenza degli "eccessi" nazionalisti del passato, ma senza più una reale funzione oggi. Che considerano gli stati nazionali a sovranità apparentemente illimitata come l'unico assetto "naturale" della politica. E che vedono quindi di buon occhio il ritorno senza remore a un mondo regolato, si fa per dire, solo dal libero gioco tra questi stati. Come se non contassero condizioni e interazioni economiche, posizioni geografiche e dimensioni, e come se i piccoli stati europei, figli dell’Ottocento, potessero vedersela davvero alla pari coi grandi imperi continentali e con le forze smisurate della globalizzazione economica. E senza reti di protezione nel caso che i giochi diventassero giochi di guerra. Il nostro stage si è svolto subito dopo elezioni europee che hanno visto, all'interno e all'esterno del confini dell'Unione, contrapposizioni pesanti tra fautori e detrattori della UE.
Ma l'analisi dei dati elettorali e della nuova composizione del Parlamento, discussa insieme agli studenti, mostrava qualche tratto sorprendente e non previsto. Nonostante molti annunci infuocati, non c'era stato un reale sfondamento nazionalista. E il successo dei Verdi era stato importante in tutta Europa al di là delle aspettative. Su entrambi questi aspetti, tuttavia, il voto italiano era andato in senso opposto a quello di tutti gli altri paesi europei. Forse c'è qualche rapporto tra questa “stranezza” del comportamento italiano al voto e la scarsa conoscenza di che cosa sia davvero, di come funzioni, e a che cosa serva, l'Unione. E' stato perciò molto interessante vedere come, in questo orizzonte incerto, si sia collocata l’opinione dei nostri stagisti, che sono ovviamente millennials, curiosi di saperne di più sull'Europa, abituati a vivere in Europa e a pensarsi come Europei, ma non necessariamente europeisti.
 
Perché è importante anche dire che gli studenti che partecipano a questi stage non vengono mai selezionati in quanto favorevoli all’Unione, e che in tutte le edizioni c’è sempre stata grande varietà di atteggiamenti e opinioni in proposito. Qualche indizio su come la pensano questi ragazzi viene già dai nomi e dagli slogan che i tavoli di lavoro si sono scelti. "Le ali del futuro"; "Uniti è meglio"; "I Figli dell'Europa"; "Kos" (un'espressione norvegese che indica la gioia di condividere le piccole gioie della vita ma che è anche il nome dell'isola greca dove nacque il concetto di cura delle persone); "Europe Means Together"; "CostruireUnioneInsieme", con l'immagine di un puzzle da costruire, con elementi tutti diversi e tutti indispensabili; "Europa alla pari", senza discriminazioni di genere.
Al di là dell'efficacia di nomi, immagini, simboli e slogan, in tutti era presente un collegamento tra l'immagine dell' Europa e l'universo positivo degli affetti e delle aspettative di benessere. E veniva sottolineato anche il carattere in qualche modo incompiuto di una costruzione che però era forse anche bene non fosse troppo strettamente definita. L'immagine del puzzle non aveva tutti i pezzi, si sarebbero inventati strada facendo. Lo slogan Uniti è meglio era accompagnato da un commento che esaltava le differenze tra gli elementi che componevano l'unione. Perfino la rappresentazione delle bandiere che componevano una delle immagini simbolo non era stata del tutto colorata : qualche colore potrebbe cambiare, ed è giusto lasciare aperta la possibilità di farlo. Lasciare aperte le possibilità di cambiamento ma in un contesto di unione saldamente garantita: in altri termini, e senza troppe forzature, si potrebbe definire Federalismo.
 
E forse anche da queste libere associazioni, per il momento un po' caotiche, tra l'idea di Europa, le passioni benevole della socialità, la cura di sé, il rispetto dei diritti e lo star bene delle persone potrebbe nascere un qualche antidoto alle truci pedagogie del nazionalismo e dell'esclusione, che sembrano infestare i nostri tempi.
Claudia Petrucci

Stage MFE-AICCRE 2017

 

Rocchetta di Vara e altre occasioni culturali.
VI edizione di Una vita senza guerre 

Claudia Petrucci , formatrice e docente SISUS

Dal 13 al 15 Giugno 2017 si è tenuto lo stage di formazione giovanile Una vita senza guerre: L'Europa Unita per la pace.

E' stata questa la sesta edizione di una iniziativa, organizzata dal Movimento Federalista Europeo e dalla AICCRE Liguria , che da alcuni anni (il primo stage si svolse a Urbe nel 2012) presenta agli studenti della IV classe di scuola secondaria superiore la storia e il funzionamento delle istituzioni UE.

A questo stage i partecipanti arrivano da istituti di diverse province liguri, in gruppi scolastici composti da 4/5 persone, e sono scelti dalle scuole stesse (in alcuni casi, attraverso una graduatoria di merito interna).Gli studenti e i loro genitori firmano all'accettazione dell'invito un patto di corresponsabilità per la buona riuscita dei lavori.

Lo stage, stanziale, prevede attività comuni per tutta la durata, e pasti e pernottamenti in una struttura. Quest'anno la sede era l'Oasi Francescana della pineta di Suvero, un affascinante ostello di montagna in mezzo ai prati nel Comune di Rocchetta di Vara (SP), e il luogo ha una storia. Come recita infatti la targa apposta nella sala comunale Il 27 agosto 1950, il Consiglio comunale di Rocchetta di Vara, con lungimirante auspicio, deliberava, a soli tre mesi dalla celebre dichiarazione Schuman, "di chiedere che l'Assemblea europea e il Parlamento italiano prendano le misure necessarie affinché le nazioni democratiche d'Europa si vincolino tra loro mediante un patto federale".  Il sindaco di allora era il maestro elementare Francesco Beverinotti, e il comune era, come molti altri della montagna ligure, terra di emigranti.

Nella edizione 2017,come nelle precedenti, ogni gruppo scolastico aveva preparato una presentazione su un tema assegnato all'atto dell'invito, diverso di anno in anno. L'anno scorso il tema era stato l'ambiente.

Quest'anno si trattava invece di commentare e contestualizzare frasi di personaggi della cultura e della politica dell'Ottocento e del Novecento che si erano espressi, in contingenze storiche diverse (alcune di assoluta drammaticità, come nel caso dei ragazzi martiri della Rosa Bianca), sul rapporto tra identità nazionali e appartenenze sovrannazionali. I lavori, ppt o video di massimo 10 minuti, sono stati valutati sia dagli studenti sia da una giuria adulta. Anche i lavori prodotti nello stage sono stati alla fine valutati.

E al momento delle premiazioni finali (in libri, e nessuno è rimasto senza...) sono stati estratti a sorte 6 viaggi al Parlamento Europeo di Strasburgo. Anche la piccola ritualità dei giudizi, dei premi e dei sorteggi, e degli scambi di piccoli regali tra le scuole, fa parte di una formula ben rodata, e in genere gradita ai ragazzi.

Il seminario di Rocchetta, come i precedenti, si è svolto in tre mezze giornate di lavoro, intitolate a tre opere di Altiero Spinelli ( Io, Ulisse; L'Europa non cade dal cielo; Come ho tentato di diventare saggio). Come primo input, un filmato sulla genesi e la storia del Manifesto di Ventotene metteva in evidenza quanto la lotta contro il nazifascismo sia stata un dato essenziale nella biografia militante dei protagonisti e nelle origini del progetto europeo. E' questo un aspetto importante e trascurato nelle vulgate diffuse, che troppo spesso presentano Ventotene come una faccenda di utopisti e sognatori, senza rapporti con la realtà politica del tempo.

E infatti anche quest'anno scoprire lo stretto legame tra lotta al nazifascismo e progetto federale europeo è stata per qualcuno una sorpresa.

Il secondo incontro è stato dedicato alla storia europea dall'inizio del XX secolo a oggi, e al funzionamento essenziale, alle potenzialità e ai limiti delle istituzioni europee attuali(“cosa abbiamo e cosa manca ancora”).

Quest'anno alla parte storica è stata aggiunta anche una unità specifica sulle guerre iugoslave, la drammatica riprova di quali danni possa fare il nazionalismo e di quanto abbia pesato la mancanza di una posizione unitaria tra gli stati europei. E qui colpisce vedere quanto spesso anche i manuali o le altre fonti a disposizione dei nostri studenti presentino la tragedia della ex-Iugoslavia come un esito ineluttabile dell'intreccio multietnico degli stati, anziché come il risultato di scelte politiche divisive da parte dei governi.

Con la terza sessione si sono affrontati i rapporti tra le regole europee e la vita di tutti i giorni. Primo esempio, il lavoro: un gioco di ruolo ("valuta un curricolo") ci proiettava nel mercato del lavoro europeo, e implicava sia un esercizio di inferenza per ricavare, dal detto e dal non detto, elementi utili alla selezione di un candidato, sia un esercizio di decentramento cognitivo, dato che i ragazzi venivano a porsi, anche se virtualmente, non nella abituale condizione di chi "si affaccia a chiedere", ma di chi "può offrire" opportunità.

Secondo esempio, l'ambiente : come possono incidere sulla salute dei cittadini e sulla vitalità dell'ambiente le politiche dell'Unione. A partire da alcuni problemi chiave (la qualità dell'aria, dell'acqua, del suolo) è possibile capire come funziona l'intreccio concreto tra le responsabilità della legislazione europea e le responsabilità nazionali. Uno di questi intrecci riguarda la necessità di arrestare il consumo di suolo, e la proposta di ICE lanciata a questo proposito dalla campagna People4Soil .

La strategia delle attività ha seguito anche quest'anno, e con successo, i principi dell'apprendimento cooperativo. I gruppi di lavoro hanno mescolato le scuole di provenienza, anche attraverso un gioco iniziale di conoscenza reciproca (cibi, letture, preferenze, aspettative, che cosa significa per te essere "cittadini europei".) Ruoli e compiti all'interno dei gruppi sono stati ruotati ad ogni nuova fase di attività. Il materiale sui temi delle sessioni, è stato strutturato in modo funzionale alla strategia del jigsaw, non solo per ricostruire un panorama di nozioni, ma anche per permettere il confronto reciproco nel selezionare, riconoscere, e mettere in relazione dati, fatti, interpretazioni e argomentazioni. Tutte abilità importantissime in contesti di studio e non solo.

Dopo ogni fase , brevissimi commenti o impressioni personali, da registrare su un apposito taccuino (buddybook) che era stato costruito e decorato da ciascun partecipante all'inizio del corso. Alla fine, ciascun gruppo ha prodotto un cartellone, ispirato a un tema o un evento significativo della storia europea, che è stato condiviso e valutato insieme da tutti. La scelta di usare e far costruire strumenti intenzionalmente "poveri" e essenziali, come il taccuino e il cartellone, ha permesso di focalizzare l'attenzione sui messaggi e sulle intenzioni comunicative fondamentali. Che si trattasse di una scelta e non di un sintomo di ristrettezze tecnologiche era del resto già evidente ai ragazzi, dato che negli argomenti presentati da parte delle scuole erano state invece usate strumentazioni più veloci e sofisticate.

L'alternanza delle attività e dei contenuti, e la struttura del setting di lavoro, hanno confermato anche quest'anno la loro validità, perché tutti i ragazzi hanno partecipato in modo tutt'altro che scontato, sono stati capaci di lavorare insieme, e di affrontare in pochissimo tempo argomenti di grande complessità e che in genere vengono affrontati, e nemmeno sempre, solo alla fine della V. Dai commenti traspariva anche la soddisfazione di riuscire a capire molti aspetti di temi che oggi vengono trattati in modo spesso sbrigativo e ideologico. Tutti sottolineavano con orgoglio l'enorme distanza tra le risposte al questionario iniziale (chiamato in modo autoironico il termometro dell'ignoranza, perché dava per scontato il fatto che della storia e del funzionamento delle istituzioni europee nessuno sapesse nulla) e le acquisizioni maturate al temine dei tre giorni.

Ci siamo salutati con gioia e commozione, la sera della festa di chiusura nella magica piazzetta di Suvaro, con un concerto rock e uno spettacolo sulla stupidità delle frontiere messo in scena dai ragazzi di una vicina scuola media, mentre la celebre scena di Troisi e Benigni davanti alla dogana tra Lucca e Firenze (Chi siete? Cosa portate?...Un Fiorino!) veniva proiettata sullo schermo all'angolo, tra le risate dei molti giovanissimi che non l'avevano mai vista.

E un altro forte messaggio positivo è arrivato dopo pochi giorni dal post della studentessa Berke Bonetti, di ritorno da Strasburgo "La battaglia che dobbiamo fare è una battaglia di impegno perché ci sia un' Europa vera, un' Europa della democrazia, un'Europa del popolo." diceva Altiero Spinelli. Ringrazio(...) tutti coloro che hanno permesso a noi giovani un'esperienza di crescita, di formazione ma soprattutto di conoscenza perché un giorno potremo contribuire anche noi alla difesa dei diritti fondamentali dell'uomo e dell' Unione Europea".

Questa esperienza bella e coinvolgente lascia però a noi adulti non poche questioni aperte.

Anno dopo anno, la messa a punto di un dispositivo didattico, che si rivela sempre più efficace , si accompagna alla consapevolezza pedagogica di navigare controcorrente, e contro correnti sempre più forti e distruttive. Berke ci ricorda quanto conti la conoscenza per poter contribuire alla difesa dei diritti fondamentali. Ma diventa oggi più difficile anche far passare la conoscenza di che cosa il progetto di federazione europea sia, e sia stato, davvero, e possa ancora essere, e a quali condizioni, e con quali correzioni di rotta. Non tanto, ovviamente, all'interno di piccoli gruppi intelligenti e positivi come quelli coinvolti nel progetto ligure, ma nella scuola dei grandi numeri e di tutti i giorni.

Non si può più contare su quella base di adesione spontanea, e magari un po' scontata, che facilitava fino a pochi anni fa l'approccio a questi temi, sia da parte degli studenti, sia anche, e sempre più spesso, dei colleghi. Nuove narrazioni nazionaliste aggressive, che confondono le cause con gli effetti, proclamano la chiusura nelle piccole patrie come unico antidoto ai problemi della globalizzazione e richiamo di identità. Qualche voce sciagurata si lancia sul web perfino contro l'Erasmus definendolo nuova naja della globalizzazione.Da altri il progetto di Ventotene viene definito sbrigativamente "un tragico errore" (quando non peggio!) di tempi remoti e confusi. D'altra parte, correnti autorevoli di pensiero denunciano contraddizioni profonde tra i valori della Costituzione Italiana e i Trattati europei. In alcune versioni estreme questi trattati vengono dati per monolitici e difficilissimi da modificare, e nella percezione corrente il corollario diventa quello di rifiutarli in toto.

E' un mutamento culturale insidioso che corre sotto traccia e che ogni tanto però si manifesta come nuova forma di senso comune.

A scuola tutto questo arriva nel modo vitale e caotico in cui tutto arriva a scuola. Ma qui non si può lasciar correre, o aspettare che passi. Un discorso educativo seriamente federalista, o anche semplicemente democratico, deve misurarsi con questo nuovo clima. Come dimostrano anche i progetti Mfe-AICCRE, qualche strumento c'è. La rivista " La ricerca" di Loescher dedica il numero di maggio 2017 a come "insegnare L'Europa", e soprattutto a "come si insegna oggi l 'Europa" (nei manuali, negli orientamenti scolastici, nelle pratiche)

Anche se non riporta l'esperienza Mfe AICCRE , gli spunti di riflessione che offre sono diversi e utili. Un articolo di Adrian Armstrong sostiene che la storia della costruzione europea è una "narrativa debole", troppo ancorata a valori fondanti radicati in un passato ormai remoto di lotta contro guerre e dittature, e troppo coincidente oggi, almeno in apparenza, con le ragioni di un establishment più o meno soddisfatto. Si può non condividere del tutto , ma il problema c'è.

Come rafforzare questa "narrativa debole"? Una nuova narrativa non può essere affidata solo alle speranze e all'energia delle generazioni Erasmus. Ci vuole un impegno adulto. L'Europa, oggi più che mai, non cade dal cielo, e scoprire, per dirla con i titoli dello stage, "che cosa abbiamo e che cosa ci manca ancora" non è una via indolore. Mette infatti alla prova molte associazioni mentali quasi automatiche

Scriveva Roberto Saviano il 24 giugno 2016 all'indomani della Brexit "(...)a ben vedere, siamo sicuri che oggi il Popolo abbia vinto davvero?(...) L'Unione europea è prima di tutto un progetto politico, nato per scongiurare conflitti, poi culturale. Poi ancora è un progetto necessario perché vengano create leggi condivise su materie sensibili, quali la criminalità organizzata, l'immigrazione, la sicurezza.(...)  All'esito del voto sulla Brexit ha contribuito in maniera drammatica la gestione europea fallimentare dei flussi migratori. Fallimentare non perché le frontiere fossero "un colabrodo" e non perché gli immigrati fossero "liberi di scegliere dove vivere", ma perché ha tradito il principio cardine su cui si basa l'idea stessa di Europa, ovvero integrazione culturale e accoglienza.(...) Io resto fedele alla dichiarazione di Ventotene del 1941, resto fedele a un'idea di Europa che, con la buona volontà, potrebbe ancora compiersi."

Una proposta educativa dovrebbe entrare, almeno un po', anche nel merito della gestione delle "materie sensibili" di cui parla Roberto Saviano. Di queste fanno parte senz'altro anche le questioni ambientali e il contrasto alle povertà e alle disuguaglianze.

Vedere le alternative possibili, e quelle percorse nei fatti, può sfatare qualche mito sulla presunta superiorità delle "democrazie" degli stati nazionali sulla "tecnocrazia" europea.

C'è per esempio un insieme di regole ambientali europee che, dove rispettate, hanno permesso ai cittadini livelli di sicurezza ben più alti di quelli che avrebbero probabilmente garantito gli equilibri politici e i peso delle lobby nazionali .

C'è una resistenza sorda da parte di diversi governi nazionali ai progetti di tassazione significativa e coordinata sulle emissioni inquinanti (Carbon Tax) e sulle transazioni finanziarie speculative (Tobin Tax).

E c'è una Carta dei Diritti delle persone che per molti versi riecheggia principi fondamentali sanciti dalla Costituzione Italiana.

Una vita senza guerre: stage AICCRE 2018

PER UNA VITA SENZA GUERRE: PRIMA DI DECIDERE BISOGNA CONOSCERE
Osservazioni pedagogiche

"Conoscere, prima di decidere" è lo slogan che ha ispirato la VII edizione di "Una Vita Senza Guerre, L'Europa Unita Per La Pace", lo stage di formazione giovanile condotto dalle sezioni liguri dell'AICCRE e del Movimento Federalista Europeo, che dal 2012 si tiene dal 13 al 15 giugno in uno dei comuni della regione.

La sede di quest'anno è stata Varese Ligure, il borgo-castello della Val di Vara, che oltre alla bella disponibilità logistica offre le suggestioni antiche della sua architettura urbana, e una storia recente che lo portò a meritare nel 2004 il riconoscimento di migliore Comunità Rurale dell' UE per aver attuato il progetto più completo ed originale di sviluppo sostenibile. Le cose da allora si sono fatte un po' più difficili, ma la tradizione è ancora piuttosto forte, e anche l'accoglienza calorosa che ha ricevuto lo stage ne è un segno.

Chi ci legge sa già quali siano le caratteristiche di questi incontri, che coinvolgono in un percorso di apprendimento cooperativo, alla fine della IV superiore, 24 studenti provenienti, in gruppetti di quattro/sei, da istituti e indirizzi diversi delle diverse province liguri (quest'anno le province partecipanti erano Genova, La Spezia e Savona), e che si concludono con l'estrazione di alcuni (stavolta, 4) viaggi al Parlamento di Strasburgo. Il calendario dei lavori è molto intenso : quattro sessioni di quattro ore circa, più una breve introduzione all'arrivo e due incontri serali, uno dedicato alle presentazioni delle scuole e uno per condividere uno spettacolo pertinente al tema.

Lo spettacolo di quest'anno era il cortometraggio "Diario europeo", realizzato in un progetto di Alternanza scuola lavoro dagli studenti del liceo Leonardo da Vinci di Genova, dall'Aiccre Liguria e dall'Auser di Genova. Un video forte e non consolatorio, che parla della negazione e della possibile difficile riscoperta della memoria da parte di un gruppetto di studenti, in un'Europa del prossimo futuro immaginata come nuovamente divisa, preda di ottusi nazionalismi e di pulsioni autoritarie nel culto della "Patria Sovrana".

L'oggetto dello stage è la conoscenza della storia e del funzionamento delle istituzioni della UE. E, già che si studia una "Unione", in cui storie e identità diverse dovrebbero collaborare per scopi comuni, anche le nostre attività, fino dai primi momenti, non daranno per scontate appartenenze e provenienze. Fin dall'arrivo si stabilirà infatti che i compagni di scuola non saranno i compagni di stanza, di mensa o di lavoro; e che tutte le attività, individuali o di gruppetti specifici di compito, faranno capo a un gruppo-base di quattro persone, di provenienza scolastica diversa, che si ritroverà a intervalli regolari per mettere insieme le informazioni acquisite, discuterle e condividerle. Un po' di sconcerto iniziale, ma poi curiosità e allegria. E a facilitare la conoscenza reciproca c'è il gioco della mano disegnata, che porta sulle dita la costellazione delle cose che ci piacciono e di cui siamo convinti : il piatto preferito, il libro appena letto, ma anche "che cosa significa per te essere cittadini europei".

Il gruppo-base è il luogo in cui si riorganizzano le informazioni e i materiali ricevuti, si risolvono problemi, e si progettano nuovi materiali di comunicazione. E' l'unità stabile di lavoro, che inventa un proprio nome slogan, una sua immagine distintiva, e costruisce un prodotto di comunicazione da portare all'esterno.

Nelle edizioni scorse questo prodotto era un cartellone riassuntivo degli eventi e dei temi giudicati più importanti nella storia europea, e la semplicità del mezzo aiutava la sintesi e la selezione di quello che conta davvero. Quest'anno, anche per l'avvicinarsi di elezioni europee che si preannunciano cariche di tensioni, la scelta è stata invece più ambiziosa : un micro video di tre/quattro minuti che invita i giovani a partecipare in modo consapevole alle prossime elezioni del Parlamento Europeo. Il video servirà da introduzione alle assemblee che i partecipanti si impegnano a organizzare, all'inizio del prossimo anno, nella propria scuola, seguendo linee guida concordate nello stage, per spiegare la storia e le funzioni della UE e per invitare i loro compagni a votare con cognizione di causa. E' un progetto di cittadinanza attiva che i gruppi dai nomi un po' bizzarri ( "Unione Empatica", "Viaggiatori integrati"...) hanno affrontato con serietà e entusiasmo nei tempi strettissimi, e miracolosamente rispettati, dello stage. I video prodotti saranno presto disponibili sul sito dell'AICCRE e su quello del MFE. Sono assai diversi tra loro, ma tutti molto efficaci.

Le modalità di lavoro sono importanti almeno quanto gli argomenti trattati. Il gioco delle mani disegnate, da collezionare in un lungo festone colorato, serve a conoscersi nel gruppo e tra i gruppi, a stemperare le differenze, e a volte le rivalità e i pregiudizi, che segnano anche l'appartenenza alle diverse province e spesso anche il confronto tra indirizzi scolastici, tra scuole celebri e istituti di nuova formazione, tra "tecnici", "scientifici" e "umanistici". All'interno dei gruppi base, i diversi ruoli di responsabilità e di mantenimento della coesione ruotano a ogni sessione. Da chi si partirà all'inizio? Da quella o quello che ha gli occhi più chiari, suggerisce il copione, il che obbligherà tutti a guardarsi negli occhi, e poi si continuerà in senso orario, con il n. 2 che alla prossima sessione diventerà il numero 1, e così via. E non si corre il rischio che spesso amareggia i lavori di gruppo dove c'è chi traina e chi si fa un po' trainare.

Vale la pena di richiamare queste modalità di lavoro tipiche dell'apprendimento cooperativo, che sanno quasi di gioco, perché, nella loro apparente leggerezza, permettono ai ragazzi di affrontare senza tetraggini un compito difficile: capire quello che è successo in un secolo di storia europea, con le tragedie, le speranze, e i rischi ancora aperti oggi. Nelle edizioni precedenti si era scelto di dare uno spazio maggiore alle attività di socializzazione iniziali, che comprendevano anche esercizi di manualità. Quest'anno la scelta è stata diversa. Dopo il gioco delle mani disegnate ci si è messi subito al lavoro. Già sistemati nei gruppi base, gli studenti hanno seguito la lezione di storia, che ripercorreva , attraverso il commento di carte storico-geografiche e di dati sociali e economici, le vicende dell'Europa dal 1914, il crollo degli imperi, l'affermazione dei nazionalismi e dei regimi dittatoriali, la guerra nazista, la Resistenza , il Manifesto di Ventotene, e poi il faticoso processo di integrazione europea fino alla Carta dei Diritti e al TUE, e i problemi ancora da risolvere. Ad alimentare la coesione dei gruppi sono state le discussioni sui materiali ricevuti, e il compito di realtà : costruire il video che sarebbe stato presentato e valutato, in una sorta di torneo tra gruppi, la mattina dell'ultimo giorno. La produzione dei video, con le uscite in paese, la scelta degli sfondi e delle azioni, le interviste agli abitanti, ha occupato il pomeriggio del 14 ed è poi proseguita fino a tardi, nell'eccitazione di un lavoro notturno di riorganizzazione dei materiali raccolti che somigliava un po' a una caccia al tesoro.

Allo stage le scuole erano arrivate con una breve presentazione ppt. che sviluppava un tema assegnato nelle settimane precedenti. Quest'anno il compito consisteva nel presentare una tra le figure storiche degli artefici del Trattato di Roma , figure celebri come Konrad Adenauer, o meno celebri come Joseph Bech (uno dei principali promotore della CECA).Va detto subito che, pur essendo tutte di buon livello, le presentazioni delle scuole mostravano una partecipazione emotiva e una padronanza dei mezzi molto inferiore a quella che si sarebbe poi rivelata nella costruzione dei video diretti ai coetanei. La sera del primo giorno questi lavori sono stati, come in tutte le edizioni, presentati in pubblico e valutati da una giuria composta da tutti gli studenti partecipanti delle altre scuole, dagli adulti dell'equipe di formazione,e dai rappresentanti delle autorità locali.

E' questo l'unico momento dello stage che preveda una qualche competizione tra gli istituti. Già da subito, infatti, dopo la valutazione dei lavori (su criteri di contenuti significativi, efficacia comunicativa e originalità) e l'acclamazione dei vincitori, l'appartenenza di istituto non conterà più. Ci saranno solo, alla fine dello stage, i regalini e i piccoli oggetti che le scuole si scambieranno, le promesse e i saluti della partenza. E tante nuove amicizie, scoperta di affinità, e perfino di passioni comuni (il cinema, la musica, la grafica, i viaggi...).

Nelle edizioni precedenti, gli studenti erano stati invitati a riflettere su "frasi celebri" espressione di valori universali, o sulle figure spesso eroiche degli uomini e donne di cultura che avevano anticipato l'ideale europeo, o sulle domande sociali e ambientali che si pongono all' Europa di oggi. Stavolta, invece, i personaggi di cui si doveva dar conto non erano stati tutti, e forse nemmeno soprattutto, esponenti di una visione di rinnovamento sociale e morale. Erano stati, più semplicemente, rappresentanti autorevoli e responsabili delle rinate democrazie europee che, dopo le devastazioni dell'età delle catastrofi, avevano deciso di dare forma a istituzioni nuove, e si erano posti in concreto il problema di come evitare che quelle catastrofi si ripetessero. Per capire quello che avevano fatto, bisognava impegnarsi a collegare le visioni, le vicende personali, e a volte anche l'aneddotica minima, di questi padri dell'Europa ai problemi e alle svolte della grande storia in cui si erano trovati a operare . E gli studenti sono stati in genere capaci di scoprire questi collegamenti.

Con questo lavoro alle spalle, i ragazzi sono arrivati già con qualche nozione e forse anche con qualche interpretazione su argomenti che non avevano fino a quel momento fatto parte della loro conoscenza storica, almeno di quella scolastica, e le hanno potute confrontare con le informazioni fornite durante lo stage. Nel nostro pedagogese tutto questo si può chiamare anche "flipped class", classe rovesciata. Più semplicemente, è l'utilissimo esercizio di lasciare agli studenti la gestione iniziale di argomenti e informazioni da cui nasceranno le domande a cui dovremo rispondere insieme. E che saranno, per usare l' espressione classica di uno studioso della complessità, domande legittime, cioè domande vere, non simulate, che non hanno già al loro interno una risposta predefinita.

Se pensiamo a quanto spesso l'apprendimento scolastico passi, anche per necessità, per domande che prevedono invece una e una sola risposta esatta, possiamo capire quanto questa pratica di rovesciamento sia utile. E ce ne siamo accorti anche nello stage, discutendo i risultati di una serie di domande classiche, a risposta chiusa, chiamata in modo autoironico "termometro dell'ignoranza", che indagava, all'arrivo, su che cosa gli studenti sapessero della storia e delle motivazioni che avevano spinto a costruire l'Unione Europea . E che, all'inizio del secondo giorno, rilevava che cosa sapessero delle competenze e dei compiti attuali dei diversi organismi della UE.

Soprattutto nella prima parte, i risultati del "termometro" erano molto superiori a quelli, pure in genere buoni, delle edizioni precedenti. Ma anche dalla discussione di alcune risposte tecnicamente "sbagliate", date inizialmente al "termometro",sono potute partire nuove domande. Su quale concetto fondamentale si basa, per esempio, l'ideologia nazionalista? La risposta "giusta" faceva riferimento alla volontà di salvaguardare le popolazioni di un territorio che abbiano la stessa lingua, etnia e cultura, ma una consistente minoranza aveva identificato come elemento portante "il controllo delle popolazioni di un territorio attraverso la limitazione delle libertà individuali".E il dibattito che ne è seguito ha permesso di capire come l'ideologia nazionalista porti con sé anche forti componenti illiberali e autoritarie proprio perché presume che tutti gli abitanti di uno stato abbiano le stesse caratteristiche culturali, siano fatti e la pensino nello stesso modo, e identifica quindi ogni elemento di diversità interna come straniero e nemico, mentre nei rapporti tra le nazioni amplifica le possibili situazioni di conflitto, e non permette nemmeno di superare antiche ostilità e rancori.

Nella seconda giornata di lavoro, i diversi materiali informativi sul funzionamento delle istituzioni europee sono stati affrontati in gruppi dedicati, e riportati in seguito all'interno dei gruppi base per selezionarne i punti più importanti, e formulare un messaggio comunicativo efficace nei video e nelle assemblee. Le competenze degli organismi dell'Unione, il dettato della Carta dei Diritti Fondamentali e del Trattato di Lisbona istitutivo della UE vengono letti alla luce dei problemi e dei dilemmi ben presenti nella vita reale. Che cosa significa in concreto mettere al centro i diritti degli "individui"(e non solo dei "cittadini"), come prescrive la Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea? O indicare come principio base la "dignità" e non solo la "libertà" delle persone? Significa che uno stato europeo non può autorizzare la pena di morte o la tortura (art. 1-2-3- della Carta). Che un paese europeo non può negare la possibilità di presentare richiesta di asilo a chi ne abbia bisogno (art. 18 e 19). Che in tutti i paesi europei i bambini e i minori hanno diritto di essere ascoltati (art.24). Che i lavoratori non possono essere licenziati senza motivo e senza tutele, hanno diritto a orari ragionevoli e a periodi di riposo (art.30 e 31).E che insomma sono molte le garanzie di civiltà che gli ordinamenti europei intendono tutelare e richiedono, e che gli stati nazionali non sempre raccolgono. Conoscere le responsabilità e i vincoli reciproci sul tema dei diritti e della dignità permette di capire quali sarebbero le perdite, se dovessimo tornare all'antico sistema delle sovranità nazionali illimitate.

In uno dei video prodotti dai ragazzi alcuni abitanti del borgo, intervistati, che avevano espresso tutti i luoghi comuni dell'insofferenza euroscettica, venivano invitati in risposta a leggere gli articoli della Carta dei Diritti Fondamentali, come messaggio di speranza...

Conoscere le funzioni e le responsabilità delle diverse istituzioni europee ci fa anche capire che cosa ci manca. E perfino alcune risposte "sbagliate" del "termometro" ci hanno aiutato in questo: indicare tra le competenze oggi esclusive dell'Unione la difesa o l'ambiente è certo una inesattezza, ma è anche forse il segnale di un bisogno. Dichiarare che è il Parlamento Europeo a formulare e proporre le leggi non corrisponde al dato di fatto, ma segnala una contraddizione reale e qualche problema in più nei meccanismi della democrazia. Con stupore i nostri studenti hanno scoperto che al vertice delle istituzioni europee c'è una Commissione, che dovrebbe essere il vero governo dell'Europa, garante dell'interesse comune. E che c'è un Parlamento eletto a suffragio universale, in cui lavorano gruppi parlamentari organizzati per ispirazione politica e non per nazione. Un Parlamento che, anche se non sempre, è talvolta capace di assumersi la responsabilità di scelte coerenti con la Carta dei Diritti (come la proposta di riforma del trattato di Dublino a favore dell'accoglienza europea ai migranti, votata a stragrande maggioranza). Ma che le decisioni fondamentali sono in realtà prese dal Consiglio europeo dei capi di stato e di governo, un organo che secondo i trattati avrebbe solo un potere di indirizzo, ma che di fatto si arroga le decisioni più importanti. E questo organismo così prepotente non è nemmeno, in realtà, così capace di decidere, paralizzato com'è dai veti reciproci e da strane alleanze tra governi spesso uniti solo nelle intenzioni di sabotare progetti di intesa comune. E' quanto sta accadendo, per esempio, sul problema vitale delle migrazioni, e dei diritti delle persone migranti.

Negli stage dell'AICCRE si sceglie di non discutere delle scelte contingenti dei governi nazionali, ma si cerca di dare le informazioni necessarie per capire in base a quali valori e con quali strumenti si sia formata e possa oggi orientarsi la società europea. Ma oggi l'incompletezza degli strumenti e la corta veduta di molto ceto politico stanno mettendo a rischio i valori stessi elaborati dall'esperienza europea e la capacità di farli rispettare e realizzare. Il clima sereno e i bei risultati del lavoro dei nostri studenti, così allegri e consapevoli mentre nel circle time finale si scambiavano riflessioni e impegni, contrastavano in modo drammatico con gli opportunismi, le ipocrisie, i proclami di crudeltà sbandierati in modo compiaciuto e bieco, di cui danno spettacolo in questi giorni tanti cosiddetti adulti.

Può darsi che alla fine davvero il mondo verrà salvato dai ragazzini. Però, per favore, non lasciamoli soli a farlo.

Claudia Petrucci, formatrice SISUS