E' TEMPO DI CAMBIARE

 

 
Ad Anna Sgherri
Che ci ha guidato e preso per mano
Lungo le affascinanti vie dell’innovazione
È dedicato questo libro
Che ci sarebbe piaciuto molto poter scrivere con Lei

 

 

Da oggi disponibile in versione cartacea e Kindle

 

Al link www.amazon.it potrete vedere un'anteprima della pubblicazione e scorrerne l'indice.

Un GRAZIE sentito a tutti gli Autori e all'Editore che ha voluto condividere con noi questa scommessa. Auspichiamo che si riveli uno strumento utile a ri-suscitare e rinvigorire il dibattito sulle "buone pratiche" nelle nostre scuole.

La prima presentazione il prossimo 1 dicembre 2016 presso Palazzo Bernini di Torino.

La seconda presentazione il prossimo 3 dicembre 2016 presso l'Istituto "Schiaparelli" di Milano.

Al più presto su questo sito il programma della giornata e tutte le indicazioni utili per partecipare.

Nuove visioni dell'insegnamento/apprendimento nella scuola secondaria

Perché questo libro

è tempo di cambiareLo spunto che ha innescato questa proposta culturale è nato dalla giornata di studio in memoria di Anna Sgherri, valida ispettrice centrale del MIUR la quale, a partire dalla fine degli anni Settanta fino alla conclusione del secolo scorso, ha attivamente sostenuto la formazione continua degli insegnanti di filosofia e scienze sociali, proponendo con grande impegno costanti azioni formative per i nuovi Licei delle Scienze Sociali allora appena istituiti.

Quell’incontro, che si è tenuto il 2 dicembre 2015 presso la Facoltà di Psicologia dell’Università di Roma “Sapienza”, ci ha fatto rivivere la temperie di innovamento educativo e di discussione pubblica sui temi della scuola a cui molti di noi hanno partecipato negli ultimi trent’anni del ‘900; quando anche il MIUR (allora Ministero della Pubblica Istruzione) si è molto impegnato nel seguire ed assistere i processi di costruzione dei curricoli delle scuole, supportando il lavoro didattico con piani di formazione nazionale per presidi e docenti ed inaugurando modelli formativi di grande validità, ciò che ha consentito scambi di idee, proposte, riflessioni, tra le scuole dell’intero Paese.

Pertanto il volume si propone di sollecitare la ripresa del dibattito sulla scuola secondaria, soprattutto intorno ai contenuti e ai metodi dell’istruzione in questo ordine di scuola, e la motivazione si fa ancora più pressante se constatiamo la pressochè assoluta assenza di queste tematiche nell’attuale dibattito culturale pubblico.

 

Articolazione del volume

Il volume è articolato in tre parti.

La prima parte – “Motivazioni e contesto” – mira ad approfondire le ragioni della pubblicazione e di come essa si possa opportunamente inserire nel momento e nella temperie culturale attuali. L’incipit viene offerto da Luigi Berlinguer, che senza mezzi termini ci invita subito al cambiamento, illustrando le urgenze della scuola secondaria, con una attenta ed appassionata disamina delle sue emergenze, in uno spirito assolutamente positivo e propositivo.

Il contesto del mondo scolastico e giovanile viene tracciato dal successivo capitolo in più paragrafi, in cui si inizia con il delineare i bisogni psicosociali dei giovani, le loro dinamiche interpersonali e comunicative (a cura dell’antropologa Marianella Sclavi) e si prosegue con il saggio di Vittoria Gallina relativo ai numeri della scuola italiana, con particolare attenzione alla mancata uguaglianza di opportunità educative. Aspetto che è trattato anche e più specificamente da Marco Rossi-Doria, il quale, mettendo a tema la dispersione scolastica e i modi di contrastarla, indica le opzioni molteplici necessarie per passare dal fallimento al successo formativo. A questi contributi fanno da contrappunto il paragrafo di Lucia Marchetti dedicato alla relazione educativa come ricerca di significato, e in fine quello di Clotilde Pontecorvo su auspicabili strategie educative e didattiche, fondate su nuove visioni dell’insegnamento-apprendimento.

Vengono in tal modo poste le basi teorico-operative per gli sviluppi successivi del volume.

Nella seconda parte - “Il terreno della trasversalità” - si comincia ad entrare nel merito delle dimensioni trasversali dell’insegnamento, che dovrebbero essere proprie della scuola secondaria superiore, per realizzare gli obiettivi di una lettura consapevole e approfondita della complessità della realtà contemporanea.

Un primo capitolo è dedicato alle lingue, la cui natura trasversale è di palese evidenza.  Si prende l’avvio dall’insegnamento della lingua italiana con il contributo di Francesco Sabatini e Amelia Stancanelli che – lamentando la mancanza di una revisione complessiva dei curricoli della L1 malgrado gli enormi progressi delle scienze linguistiche negli ultimi cinquant'anni anni - tracciano un filo conduttore, attraverso tutti i gradi e gli ordini di scuola, delle competenze linguistiche indispensabili per accedere ai contenuti culturali nel prosieguo degli studi: sappiamo, infatti come la comprensione del testo sia fondamentale e predittiva di ogni altro progresso, scolastico e non solo. A corollario, riportano alcuni dati tratti dalle indagini INVALSI e OCSEPISA, e da esse prendono spunto per invitare a riflettere su come le indagini nazionali e internazionali possano costituire una risorsa per la scuola. Il problema sempre più pressante della presenza di immigrati, anche extracomunitari, nella nostra scuola ci ha indotto a guardare alla significativa esperienza delle “scuole Penny Wirton per l’insegnamento della lingua italiana” - che da anni Eraldo Affinati conduce con Anna Luce Lenzi e con la collaborazione volontaria di studenti italiani di scuola superiore - in cui si utilizza una metodologia personalizzata e fortemente centrata sui bisogni dei singoli allievi. Un forte impulso alla didattica delle lingue straniere viene in questi anni dalla metodologia CLIL, che promuove la pratica dell’insegnamento di una disciplina non linguistica in L2: il saggio di Alba Graziano ci introduce in questa problematica fornendo efficaci ancorché sintetici suggerimenti informativi e metodologici.

I tre interventi sono solo apparentemente distinti, poiché in realtà costituiscono sfaccettature di un unico problema, che meriterebbe appunto di essere affrontato in un’ottica complessiva. L’insegnamento dell’italiano L1 e dell’italiano L2 non sono mondi separati, al contrario, la didattica dell’uno e dell’altro possono essere arricchite e migliorate reciprocamente, e ancora, gli strumenti sempre più ricchi che ci offre la didattica delle lingue straniere nel contesto europeo potrebbero essere proficuamente impiegati su qualsiasi versante dell’insegnamento linguistico. Il secondo capitolo si inoltra in un altro terreno in cui l’approccio trasversale è d’obbligo, focalizzando la necessaria interazione tra scuola e territorio e l’altrettanto necessaria integrazione delle discipline per affrontare il mondo reale e i suoi problemi.

Un elemento di forte novità in questo ambito è stato introdotto di recente con l’obbligatorietà della pratica dell'alternanza scuola lavoro in tutti gli indirizzi scolastici, licei compresi, portando “a regime” – sia pure con specificità proprie - esperienze di stage formativo già ampiamente sperimentate fin dagli anni Ottanta in alcuni tipi di scuole innovative, in particolare nei Licei delle Scienze Sociali grazie anche al fattivo contributo di Anna Sgherri . Le strategie di attuazione di questo “ponte tra scuola e società” vengono delineate nei contributi di Paolo Corbucci, Maria Teresa Santacroce e Laura Binetti, Guido Marinuzzi, Josette Clemenza. Potremmo considerarli tutti insieme una “sonata a più mani”: si incomincia con il tracciare lo scenario attuale, italiano ed europeo, nel quale si inserisce l’alternanza, se ne analizzano modalità di attuazione e aspetti didattico-metodologici, nonché le prospettive di farne una preziosa risorsa per un rinnovamento pedagogico, senza tralasciare qualche esempio concreto e una discussione aperta su luci e ombre dell’innovazione, in particolare nel contesto liceale.

A margine, ma opportunamente e coerentemente inserito nella problematica, Mario Pirolli approfondisce la dimensione del “pensiero artigiano” V/s il “pensiero industriale”, e ci fa partecipi di una interessante esperienza di formazione-lavoro realizzata nel 2014-15 tra Italia e Uruguay, con un utile spaccato sul ruolo che le tecnologie della comunicazione assumono oggi nei contesti formativi

Il terzo capitolo, “Nuovi strumenti e mezzi di comunicazione sociale”, si avvia con il contributo della pedagogista Donatella Cesareni dedicato alle tecnologie digitali nel loro rapporto non semplice con la scuola, che resta l’unica sede in cui i ragazzi - pur nella loro abilità di nativi digitali - possono imparare a gestirle in modo intelligente e critico. Il capitolo si sviluppa con due interventi su nuovi linguaggi che sempre più trovano spazio nella scuola, sicché ci è parso utile invitare a discutere di come se ne possa fruire in modo non routinario né banale, bensì facendone strumenti di una educazione globalmente intesa.

In quest’ottica, Luigi Mantuano riflette su “cinema, immagine e costruzione di senso”, e Giacomo Camuri ci mette di fronte all’esperienza del teatro a scuola come evento educativo di alto valore. La dimensione trasversale culmina nel capitoletto finale, del sociologo Franco Vaccari, “Educazione alla pace e alla solidarietà”, che ci introduce nell' esperienza dello studentato interculturale di Rondine (Arezzo) dove convivono e studiano insieme nemici storici quali russi e ceceni, israeliani e palestinesi, e dove, più di recente, studenti provenienti da tutta Italia realizzano, nel penultimo anno di scuola, una formazione di eccellenza, intrecciando al contempo i loro percorsi formativi a quelli dei convittori universitari.

La terza parte – “Saperi per la scuola” - entra nel merito delle specificità disciplinari proprie della secondaria superiore italiana.

Senza avere la pretesa di considerare tutte le discipline insegnate nelle varie articolazioni di questo ordine di scuola, facciamo riferimento ad alcuni capisaldi culturali, caratteristici della nostra tradizione scolastica, partendo dalle questioni di metodo poste da Silvano Tagliagambe che ci conduce per mano tra le “architetture” per la modellizzazione dei processi cognitivi esortandoci a una progettazione didattica che si connoti come operazione aperta, disponibile all’attivazione di percorsi multipli tra loro interagenti.

A questa si affianca la proposta di Stefania Stefanini, che affronta l’ormai consueto tema dell’insegnamento per competenze in una sintesi personale ed efficace.

Questi due primi capitoli fanno da cornice e premessa al terzo, che - pur con i distinguo di cui si è detto sopra - aggredisce i problemi delle discipline, tra statuti epistemologici e mediazioni didattiche, badando per lo più a inquadrarle nella prospettiva “moriniana”, assumendo come filo conduttore una riorganizzazione del sapere che superi gli steccati tra le discipline e miri alla formazione di una "testa ben fatta". Infatti, nell’ordine del rendere applicabile l’insegnare per competenze, alla solida struttura epistemica indispensabile alle discipline non può essere estranea la negoziazione di concetti guida e nodi metodologici/processuali . E questa convinzione attraversa come un fil rouge i vari contributi che costituiscono appunto il terzo capitolo della terza parte.

L’apertura è data dalla presentazione dell’antichista Maurizio Bettini che problematizza l’attuale insegnamento delle Lingue Classiche nei Licei italiani optando per una visione antropologica che è anche fortemente innovativa, nel proporre una nuova impostazione nello studio delle lingue classiche e di conseguenza un nuovo esame finale, non per “mortificare” lo studio della lingua (come potrebbe indurre a pensare una frettolosa lettura della proposta), bensì per esaltarlo in una nuova e più approfondita visione culturale. Segue l’intervento di Maria Concetta Sclafani che analizza “quattro sfide per insegnare letteratura”, dalla complessità alla contemporaneità, dalle nuove tecnologie alle competenze, in una prospettiva più che europea, globale. Un nuovo modo di guardare al “piacere della matematica”, è proposto da Antonella Fatai con suggerimenti educativi e strategie didattiche molto accattivanti. Un approccio simile è condiviso da Nicoletta Lanciano e Anna Lepre nel guidare gli allievi alla scoperta del mondo della natura, tenendo conto che l’insegnamento delle scienze naturali è attualmente mortificato in quasi tutti i quadri orari dei nuovi Licei. Luigi Mantuano propone la filosofia come un sapere “extracomunitario” che dovrebbe trovare cittadinanza in tutte le tipologie di scuola superiore (come proposto nel 2000 dal ministro Luigi Berlinguer). Giacomo Camuri e Antonio Ronco discutono delle Scienze Umane e Sociali auspicandone l’insegnamento con una modalità esperienziale attraverso un “laboratorio dei saperi” in cui cimentarsi insieme, docenti e discenti.

Il discorso storico è aperto dal contributo di Paola di Cori e Roberta Mocerino che sottolineano l’attuale mutata concezione del tempo storico e le difficoltà della generazione attuale nel concepire le relazioni tra passato, presente e futuro e nel collocare gli eventi nella loro corretta organizzazione diacronica. D’altra parte va tenuto conto dell’irruzione sul teatro della storia di nuovi soggetti una volta del tutto assenti, quali la storia delle donne, il razzismo, il colonialismo, le emergenze ecologiche e quelle religiose. Ancora nell’ambito storico, Claudia Petrucci ci invita a guardare all’intreccio tra storia e geografia (apparso a scuola nelle contestate vesti della “materia geostoria”) come a uno spazio di utile intersezione e ci guida alla ricerca di suggerimenti ragionevoli, e di pratiche che salvino le competenze fondamentali attivate dalle due discipline coinvolte, facendole “giocare” insieme con reciproco vantaggio.

La parte si conclude con uno sguardo a due aree trascurate nella nostra scuola, anche se molto importanti per la formazione culturale e umana di tutti: l’Arte e la Musica. Michela Becchis discute delle “arti dimenticate” dalle recenti riforme, mentre la musicista Eugenia Tamburri affronta il tema dell’insegnamento della musica e della necessità di agevolarne la fruizione per tutti, facendola uscire dagli ambiti specialistici in cui è attualmente confinata. Il discorso è completato dagli “appunti profani” di Paola Di Cori che prova a dare una risposta all’interrogativo su quali risultati ci piacerebbe raggiungere circa l’insegnamento di musica, con l’esiguo numero di ore che potrebbero essere eventualmente disponibili.

È parso utile, a chiusura del libro, dire qualcosa in merito a due aspetti essenziali nel panorama scolastico attuale: la valutazione degli studenti e l’autovalutazione delle scuole da un lato, e la formazione degli insegnanti dall’altro. Ad essi dedichiamo due brevi Appendici: di Annamaria Ajello la prima e di Pontecorvo, Fatai, Stancanelli la seconda. Una terza appendice ci richiama la figura e l’instancabile lavoro di Anna Sgherri (grazie a un prezioso ricordo di Giancarlo Mori), facendo da introduzione e guida a chi voglia ripercorrere materiali e immagini del seminario in Suo onore, con gli opportuni rimandi al sito web di SISUS.

Consulta l'indice del volume e leggi l'introduzione per intero

 

Presentazione a Torino

 

La Fondazione per la Scuola organizza la presentazione del volume

È tempo di cambiare.
Nuove visioni dell’insegnamento/apprendimento nella scuola secondaria

di Clotilde Pontecorvo

L’evento si terrà

giovedì 1 dicembre 2016 alle ore 18.00

presso la Sala Conferenze di Palazzo Bernini in Piazza Bernini, 5 a Torino,  ore 18:00.

Interverranno  insieme all'autrice Clotilde Pontecorvo:

  • Ludovico Albert, Presidente Fondazione per la Scuola;
  • Fabrizio Manca, Direttore Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte;
  • Silvano Tagliagambe, Professore Emerito di Filosofia della Scienza;
  • Monica Mincu, Professore associato di Educazione Comparata, Università di Torino;
  • Chiara Alpestre, Dirigente scolastico Liceo Classico “D’Azeglio” di Torino;
  • Tommaso De Luca,  Dirigente scolastico Istituto “Avogadro” di Torino;  
  • Giulia Guglielmini, Dirigente Scolastico “Convitto Nazionale Umberto I” di Torino

Consulta il programma dei lavori

 

 

Dov'è la sede dell'evento

Presentazione del libro

È TEMPO DI CAMBIARE
nuove visioni dell’insegnamento/apprendimento nella scuola secondaria
a cura di Clotilde Pontecorvo, Antonella Fatai, Amelia Stancanelli

Sala Conferenze Palazzo Bernini Piazza Bernini, 5 - Torino 

Giovedì 1 Dicembre 2016 - ore 18:00

 

 

schiapparelli

 

 

 

Torino con Pontecorvo e Tagliagambe

In allestimento

Presentazione a Milano

Istituto Schiapparelli

 

Sabato 3 dicembre 2013 - significativamente, al compiersi di un anno esatto dalla iniziativa in onore di Anna Sgherri, da cui ha preso il via la nostra idea - il volume curato da Clotilde Pontecorvo, Antonella Fatai e Amelia Stancanelli, che raccoglie ben 34 contributi di altrettanti Autori "esordisce" a Milano con una interessante iniziativa curata dal Dirigente Scolastico dell'I.I.S. "Schiaparelli - Gramsci", prof. Sergio Colella, che ha sponsorizzato l'evento unitamente all'editore, dott. Mario Pirolli.

Denso, ma ben dosato e calibrato il programma, con il quale viene centrato l'obiettivo che ci eravamo proposti, cioè di suscitare e animare un dibattito sulla nostra scuola secondaria. Dibattito che non è certo assente dall'orizzonte culturale, ma che troppo spesso si incentra su problemi - pur di vitale importanza (sicurezza degli edifici, contratti e assunzioni del personale) che lasciano tuttavia in secondo piano quello che è invece il cuore della scuola : i contesti di insegnamento e apprendimento, la relazione educativa, le metodologie didattiche, i bisogni psicosociali dei giovani, i saperi insegnati....

Fortunatamente si registra una rinnovata attenzione - con la più recente normativa a margine della "Buona Scuola" - sulla formazione degli insegnanti, ma si profila anche il timore che si renda poco "gradita" ai destinatari, gravata com'è, per adesso, di pastoie burocratiche di non facile ... digestione!

Noi ci auguriamo di inserirci proficuamente in questo ambito, e molte nostre iniziative programmate per questo 2016/17 sono pensate proprio sui temi focalizzati in questo ultimo libro. Che completa, a trent'anni e più di distanza, la riflessione iniziata da Clotilde Pontecorvo con la cura del volume Quale cultura per la nuova scuola secondaria (la Nuova Italia, 1980) e successivamente con Nuovi Saperi per la scuola (insieme a Lucia Marchetti, Marsilio, 2007).

L'auspicio è di lavorare in una scuola alla Morin, di teste ben fatte (dall'una e dall'altra parte di una cattedra sempre più virtuale), nella quale il mistero dell'apprendimento si realizzi, alla Recalcati, grazie ad un'erotica dell'insegnamento....

... e scusateci se è poco!...

 

 

Il programma della giornata all'Istituto Schiaparelli - Gramsci

Presentazione del libro

È TEMPO DI CAMBIARE
nuove visioni dell’insegnamento/apprendimento nella scuola secondaria
a cura di Clotilde Pontecorvo, Antonella Fatai, Amelia Stancanelli

Istituto Superiore “Schiaparelli - Gramsci” via Settembrini, 4 - MILANO

Sabato 3 Dicembre 2016 - ore 10.00 - 16.30

Ore 10:00
Apertura con il  Dirigente Scolastico Sergio Colella
 
Ore 10:15
Come nasce questo volume “È tempo di cambiare”
Clotilde Pontecorvo e Amelia Stancanelli
 
Ore 11:00
Competenza sociale competenza tecnica: una relazione inscindibile
Emilio Amatulli
 
Ore 11:30
L’alternanza scuola-lavoro tra rinnovamento pedagogico e rapporto con il territorio: luci e ombre nel vissuto quotidiano delle nostre scuole
Maria Teresa Santacroce
 
Ore 12:00
Giovani, Internet , Scuola: saggezza digitale e approccio trialogico all’apprendimento
Donatella Cesareni (intervento Skype)
 
Ore 12:30
Nuovo che avanza o destrutturazione incontrollata? La scuola italiana tra inconsapevolezza, egemonia burocratica e velleitarismo
Dario Generali
 
Ore 13:00
Dibattito
 
Ore 13:30 - 14:30
Pausa pranzo
 
Ore 14:30
Cenerentola va a Palazzo : Il cinema nella scuola superiore
Luigi Mantuano
 
Ore 15:00
Valutazione della scuola e strategie di miglioramento nel contesto scolastico attuale
Antonella Fatai (intervento Skype)
 
Ore 15:30
Tempus fugit. L’ottimizzazione del tempo nella scuola superiore
Tiziano Tussi
 
Ore 16:00
Rapporto fra scuola e lavoro nell’esperienza dell’Ufficio Scolastico dell’Ambasciata d’Italia a Montevideo
Gabriele Candelori
Sergio Colella
 
Ore 16:20
Dibattito finale
 
Ore 16:30
Chiusura
 
 

Dov'è la sede dell'evento

Presentazione del libro

È TEMPO DI CAMBIARE
nuove visioni dell’insegnamento/apprendimento nella scuola secondaria
a cura di Clotilde Pontecorvo, Antonella Fatai, Amelia Stancanelli

Istituto Superiore “Schiaparelli - Gramsci” via Settembrini, 4 - MILANO

Sabato 3 Dicembre 2016 - ore 10.00 - 16.30

 

 

schiapparelli

 

I materiali della giornata di Milano

La sintesi di Clotilde Pontecorvo

In allestimento

Il fil rouge tracciato da Lia Stancanelli

La descrizione del volume fatta da Clotilde potrebbe ingenerare l’idea che da tante voci diverse e in così stringate sintesi sia venuto fuori un patchwork eterogeneo e forse anche un po’ confuso.

La rigorosa ripartizione in tre aree, afferenti ciascuna ad un focus ben definito, è già di per sé un’ottima guida utile a fugare ogni sospetto del genere. Ma per meglio delineare la coerenza interna e l’unitarietà del volume metteremo brevemente in evidenza quel fil rouge che emerge chiaramente dalla lettura di ogni singolo contributo.

 Tanti infatti sono i punti coincidenti, le riflessioni, le conclusioni che emergono e per così dire si “rincorrono” da un saggio all’altro, a testimonianza, se ce ne fosse bisogno, che alcune evidenze si impongono quasi da sé.

IL PIACERE - È la prima cosa, forse la più insolita, che vogliamo sottolineare. Così dice Luigi Berlinguer : «E poi il gioco. E perchè no? il gioco. Basti pensare alla Finlandia, all’enorme peso attribuito appunto al gioco, alla componente ludica, nell’estensione della giornata scolastica, dalla dottrina oggi contrapposta al fenomeno di casa nostra dei “compiti a casa”. Due indirizzi, due esperienze: una differenza radicale, vissuta con ostilità dalla nostra cultura. Un’altra mentalità scolastica, quindi, un’altra concezione. La Finlandia, tutta l’Europa nordica, oggi in testa nelle graduatorie di efficienza, meritano certo uno studio approfondito dei risultati conseguiti…». L’ importanza del “piacere” viene ribadita da più parti e a più voci, a partire dalla sua fondamentale importanza per l’ organizzazione di contesti di mutuo apprendimento e di confronto creativo. Non a caso Recalcati (2014) con la sua Ora di lezione. Per un’erotica dell’insegnamento è tra le citazioni più ricorrenti. Ascoltiamolo: «Senza desiderio di sapere non c’è possibilità di apprendimento soggettivato del sapere; senza transfert, trasporto, erotizzazione, non si dà possibilità di un sapere legato alla vita, capace di aprire porte, finestre, mondi»

LA LABORATORIALITÀ - Leggendo in filigrana i capitoli uno per uno, vi troviamo l’attenzione per una metodologia didattica comune, che si esprime soprattutto in una dimensione operativa, laboratoriale e sociale. Significa, per l’insegnante, porsi accanto agli alunni come facilitatore delle conoscenze e non come trasmettitore delle stesse, per “sporcarsi le mani” insieme a loro. E ancora, come ci dicono Camuri e Ronco, citando Francesca Gobbo (2000), si tratta di un vero e proprio imperativo sul piano dell'iniziativa didattica: “la preliminare e necessaria progettazione di un Laboratorio che nel contempo avvii la trasformazione di un gruppo classe in un gruppo motivato di ricerca e individui, al di là dei confini della scuola, nello spazio del territorio limitrofo, luoghi sociali e istituzionali in cui poter scoprire ed esercitare l'artigianalità intellettuale di un lavoro di indagine e di conoscenza”. Questo è valido per le Scienze Umane e Sociali come per l’Alternanza Scuola-Lavoro, per le Scienze Naturali e le Lingue Straniere come per l’Arte e la Musica, ma anche per l’Italiano e la Matematica, le Lingue Classiche e la Storia…., e i nostri Autori ce ne danno chiara dimostrazione. LA TRASVERSALITÀ - La necessità dell’integrazione tra saperi emerge anche là dove si tratta dello specifico disciplinare, a partire dalla difficoltà a superare l’isolamento delle singole discipline che determina uno scollamento fra conoscenze (particolari) e realtà (generale). Karl Popper, nel 1956, sosteneva che «non ci sono discipline; né rami del sapere, o, piuttosto, di indagine: ci sono soltanto problemi e l’esigenza di risolverli». Il quadro dell’insegnamento che ci si presenta attualmente, e più che mai nella scuola secondaria, è invece quello di una offerta poliedrica e sfaccettata dello scibile umano nelle sue diverse forme e conquiste, con accentuazioni diverse dovute ad attitudini di alunni e insegnanti. La scuola - se ha una funzione primariamente formativa e non deve porsi come obiettivo una presunta professionalizzazione - dovrebbe cercare di evitare sbilanciamenti. Ma il modello di trasmissione del sapere è ormai poco adatto a una società complessa e globalizzata, dove tutto è interconnesso e collegato. Il modello di insegnamento imposto dalla specializzazione disciplinare conduce infatti a un vero paradosso: in campo musicale, il compito di guida nell’esecuzione è affidato a colui che conosce tutti gli strumenti, e, in virtù di questa conoscenza generale, il direttore d’orchestra riesce ad armonizzare e far collaborare i solisti più diversi e i suoni più disparati. Nella scuola delle discipline, invece, a che cosa assistiamo? Tanti grandi solisti eseguono la loro partitura, lasciando all’alunno il compito di armonizzare tutti gli assolo: all’alunno, quello che ne sa di meno! Un modo per superare la parcellizzazione disciplinare è quello di cambiare atteggiamento generale : seguendo un detto di Michel de Montaigne, Edgar Morin propone di mirare a produrre “teste ben fatte” piuttosto che “teste ben piene”. Questo significa usare le discipline, almeno inizialmente, come mezzi per affrontare da più aspetti i diversi problemi. Bisognerebbe che le discipline (nel loro specialismo) acquisissero consapevolezza di non essere “monadi” autosufficienti, acquisissero cioè consapevolezza di un orizzonte di senso comune per potere interagire le une con le altre (intervenendo alla risoluzione di problemi). Questo significa avviare un percorso che pone attenzione al modo di apprendere: non è un problema di contenuti, ma di ri-apprendere a pensare. Ora, senza volerci addentrare qui in riflessioni troppo dettagliate quali le differenze tra multi-trans-inter-disciplinarità, possiamo comunque a ragione affermare che il tipo di approccio appena descritto percorre tutte le pagine del nostro volume, non con astratte teorizzazioni bensì con espliciti esempi e riferimenti operativi.

LA DIDATTICA PER COMPETENZE - Questa tematica che sembrerebbe ormai ovvia e scontata, non è ancora abbastanza praticata, e noi gente di scuola sappiamo bene come sia difficile tradurre il modello teorico di competenza nella pratica scolastica e soprattutto trovare un perché che vada oltre la burocrazia ministeriale e la routine degli adempimenti formali. Inquadrata e motivata a grandi linee nei saggi di Tagliagambe e Stefanini, la necessità dell’ insegnamento per competenze emerge soprattutto come consapevolezza di ciò che bene ci dice Perrenoud (2003): «L’approccio per competenze è forse solo l’ultimo mutamento di un’antichissima utopia: fare della scuola un luogo in cui ognuno apprenda liberamente e intelligentemente cose utili per la vita. Di che cosa avranno bisogno i giovani? Di saperi. Senza dubbio. Ma di saperi viventi, da mobilitare nella vita lavorativa ed al di fuori del lavoro, suscettibili di essere trasferiti, trasposti, adattati alle circostanze, condivisi, integrati, l’idea della competenza non afferma se non la preoccupazione di fare dei saperi scolastici strumenti per pensare e per agire, al lavoro e al di fuori di esso». Parliamo, come ci dice Annamaria Ajello, (in Spinosi 2010).di un apprendimento acquisito in profondità… Non è quindi apprendere per competenze, ma apprendere diventando competenti. Senza volermi soffermare qui in stucchevoli ripetizioni di cose appena dette: noi crediamo che occorra recuperare il contesto di valore che aveva connotato il dibattito culturale e politico della fine degli anni Novanta sulla interconnessione tra saperi, curricolo, competenze e lavoro di squadra, in nome del successo formativo di tutti.

CONFRONTO INTERNAZIONALE - Un altro importante aspetto considerato in tutti i contributi riguarda il confronto con le altre culture, in primo luogo quelle Europee. Ci si trova qui davanti a due condizioni diverse: la prima riguarda gli insegnamenti comuni a più culture quali quello della lingua madre, della Lingua Straniera, delle Letterature, della Matematica, delle Scienze Naturali e della Storia; una seconda condizione può riguardare invece gli insegnamenti a noi peculiari come quello della Filosofia o delle Scienze Umane e Sociali così come appaiono in alcuni tipi di scuole. In ambedue i casi si tratta di prospettive educative di grande spessore culturale, di cui è importante tener conto in modo differenziato.

FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI - La necessità di una ristrutturazione maggiormente produttiva ed efficace del settore, portata a sintesi nell’Appendice Seconda, viene riconosciuta in tutti gli interventi come il vero nodo da sciogliere innanzi tutto per realizzare una scuola di qualità, e per potere poi realmente tendere all’innovazione. Fortunatamente si registra in questo ultimo anno una rinnovata attenzione - con la più recente normativa a margine della "Buona Scuola" - sulla formazione degli insegnanti, anche se si profila il timore che sia resa poco "gradita" ai destinatari, gravata com'è, per adesso, di pastoie burocratiche di non facile ... digestione! Siamo convinti - e ne diamo testimoniaza in queste pagine - della necessità assolutamente prioritaria di innescare nel settore della formazione un processo di miglioramento continuo e verificabile, durevole nel tempo, che garantisca ai docenti una professionalità in continuo divenire

L’ASPIRAZIONE AL CAMBIAMENTO preannunciata dal titolo, infine, pervade ogni pagina, non certo come mera utopia, bensì calata nella sostanza della realtà scolastica, motivata e circostanziata con argomentazioni stringenti di persone che quella realtà conoscono bene e in cui vivono tutti i giorni.

Nel concludere questo mio breve intervento è per me gradito, oltre che doveroso, tornare al ricordo di Anna Sgherri Costantini cui abbiamo dedicato questo libro che davvero - come è detto in epigrafe - “ci sarebbe piaciuto molto poter scrivere con Lei”.

Vogliamo credere fermamente che, malgrado i contesti così profondamente mutati, le affascinanti vie dell’innovazione della scuola, che abbiamo percorso con Lei, siano ancora aperte davanti a noi e che questo nostro lavoro sia un piccolo tassello di un nuovo, grande dibattito nel nostro Paese.

A Lei dunque ancora una volta il nostro grande e affettuoso GRAZIE!

 

Competenza sociale e competenza tecnica: un rapporto inscindibile - Emilio Amatulli

Introduzione

Se dovessi ripercorrere brevemente la mia esperienza professionale attraverso alcune fasi storiche, non mi sarebbe difficile trovare alcuni “topic”, momenti chiave che hanno caratterizzato la “ricerca” di molti insegnanti che hanno creduto e credono nel loro agire educativo.

L’ESORDIO o la necessità della programmazione.

Anni 80 : (Falcucci) - la scuola della programmazione - Bloom - Vertecchi - Maragliano - Bruner - Piaget - Vygoskij - Lumbelli -Pontecorvo. Le infinite discussioni tra obiettivi-contenuti/ tra unità didattiche e moduli (e la sofferenza e insofferenza di molti docenti tra la libertà di insegnamento e la camicia di forza della programmazione) Tutto poi è stato assimilato, rielaborato e digerito ma... aggiungo, l’organizzazione del lavoro, la pratica sociale, la comunità educante..... cosa è cambiato?

L’ILLUMINAZIONE o la scoperta della progettualità.

Anni 90 – (Berlinguer /De Mauro) - la scuola come progettualità. Senza un progetto, senza un percorso finalizzato la programmazione è cieca, occorre inserire la programmazione in un contesto progettuale più ampio, da qui il superdocente e la critica del docente elaboratore (il famoso e famigerato distacco) che si pone al di sopra, al di fuori della banale quotidiana prassi educativa, ma mi ripeto, l’organizzazione del lavoro, la pratica sociale, come cambiare per gli insegnanti il lavoro in classe?

LA DISFATTA o il ritorno alla scuola selettiva.  

Anni 2000 – (Moratti, Gelmini), scuola del merito, la meritocrazia, premiare i migliori, la scuola che premia chi è già socialmente premiato ed esclude chi è già socialmente escluso, non mi dilungo.

IL NARCISISMO o la riforma delle riforme la Legge 107/2015.

Oggi - La buona scuola -(Giannini) - curioso aggettivare positivamente una riforma prima ancora di averla verificata/valutata sul campo: concetti come competenze, trasversalità, verticalità, orizzontalità, modularità, alternanza scuola-lavoro si affermano nel linguaggio formativo, ma quanto e come cambia nella scuola l’organizzazione del lavoro, la prassi sociale, la relazione sociale tra docenti e allievi, tempo e spazio formativo ?

Competenza sociale

Abbiamo assimilato, adottato, elaborato nuovi linguaggi, ma la prassi sociale non è cambiata in modo significativo e lo dimostra il breve excursus storico, mentre oggi la scuola vive in un contesto scolastico sempre più difficile e faticoso.

Vorrei chiarire il mio pensiero con un famoso paradosso americano. Un consiglio comunale americano delibera di abbattere la sede comunale ormai in disfacimento per costruirne una nuova; clausola è che la sede nuova deve essere ricostruita riciclando il più possibile il materiale della sede vecchia, ma si aggiunge che la sede vecchia non può essere distrutta finché non sia costruita la sede nuova.

Questo paradosso può spiegare in parte il motivo del fallimento di alcune riforme scolastiche che hanno solo puntato sull’aggiornamento-rinnovamento delle competenze tecniche dei docenti, sottovalutando la dimensione della competenza sociale. Se si vuole rinnovare veramente la scuola bisogna partire dal presupposto che le tecniche sono connesse al sociale e se non si analizza prioritariamente la funzione sociale del docente ogni mutamento meramente tecnico è destinato al fallimento, cioè se si giustappone la competenza tecnica a una ipotesi astratta di prassi/competenza sociale la dimensione tecnica si dissolve in una simulazione/ mascheramento di novità.

La competenza sociale del docente è quella coscienza/consapevolezza di assumere un ruolo sociale, ruolo che agisce come interfaccia tra le istanze/bisogni che emergono e provengono dal contesto sociale (il mondo esterno), e la gestione di quella rete di rapporti interpersonali entro la propria struttura scolastica (docenti, allievi, genitori e tutti gli altri soggetti che operano nell’istituzione scolastica),che si traduce e si implementa, in ultima analisi, entro una definita competenza tecnica.

Per competenza sociale intendo, quindi, quella prassi sociale che permetta all’insegnante:

  1. Di esercitare il suo ruolo sociale all’interno del sistema educativo
  2. Di modificare il suo agire sociale all’interno dell’organizzazione del lavoro scolastico e di modificare quest’ultimo
  3. Di trasmettere funzionalmente il suo sapere in una relazione interpersonale con gli altri docenti e con gli allievi
  4. Di adeguare il suo sapere i suoi linguaggi in corrispondenza delle nuove istanze tecniche.
  5. Di contestualizzare la programmazione del proprio sapere e delle proprie procedure (competenza tecnica) in un progetto che risponda a precisi bisogni sociali ( competenza sociale).

La concezione sociale dell’attività educativa è il presupposto su cui si costruiscono certe misure tecniche e a cui corrispondono categorie concettuali nuove.

Da ciò ne deriva che senza un reale mutamento dell’organizzazione sociale del lavoro all’interno della scuola non vi è possibilità di cambiamento: tutte le volte che si prospettano cambiamenti nelle competenze tecniche senza modificare il modo di lavorare sociale (dimensione che richiede risorse finanziarie significative, e non c’è riforma senza risorse).

E’ vero anche che la funzione sociale va al di là dell’opera del singolo docente, ma questo non giustifica che si debba rinunciare; significa invece che l’intervento tecnico deve investire un campo molto più vasto di quello rappresentato unicamente dal rapporto educativo (quale scuola e in quale contesto sociale).

La componente tecnica deve ricevere stimoli dai problemi di una società in trasformazione e i nuovi modelli sociali in atto determinano il comportamento, i tipi di relazione interpersonali, la collocazione sociale e professionale dell’individuo, i suoi bisogni e le sue potenzialità. E’ la dimensione sociale che dà concretezza all’agire tecnico dell’insegnante e che permette di analizzare bisogni, risorse, criticità e debolezze del progetto educativo.

In una società caratterizzata da macro-fenomeni quali:

  • L’iniqua distribuzione delle ricchezze prodotte
  • La dequalificazione del lavoro
  • L’aumento dell’emarginazione sociale
  • La perdita dei diritti e l’affermazione di privilegi
  • L’invisibilità dei giovani
  • Un aumento dell’analfabetismo di ritorno
  • Complessi fenomeni immigratori e contradditori processi di integrazione multiculturale
  • Una distruzione sistematica del welfare state ecc 

la scuola si deve porre come istituzione riaggregante e antagonista, cercando il più possibile di dare risposte di coscienza sociale agli strati più deboli e soprattutto ai giovani.

Allora come deve cambiare la pratica sociale in vista di un diverso ruolo tecnico?

Alcuni elementi imprescindibili possono essere:

  1. Coscienza di svolgere un lavoro sociale in accordo ad una scelta di campo e di obiettivi
  2. Capacità di realizzare interventi educativi a favore dell’apprendimento, della produzione e della socializzazione
  3. Capacità di divenire “comunità riflettente e cooperante” in funzione del lavoro in gruppo
  4. Capacità di fare ricerche e di organizzare le condizioni perché il singolo si senta appartenente ad un gruppo di ricerca
  5. Capacità di trasmettere un sapere interdisciplinare
  6. Capacità di trattare problemi di rapporti interpersonali
  7. Capacità di lavorare in gruppi plurilinguistici e multiculturali
  8. Capacità di trasformare la classe in laboratorio di ricerca

Tutto ciò mette in discussione l’organizzazione del lavoro attuale nella nostra scuola come

  1. Classi chiuse
  2. Saperi disciplinari e pensieri convergenti
  3. Utilizzo delle nuove tecnologie in una ottica tradizionale
  4.  Assenza di produzione creativa
  5. Timidezza nella ricerca
  6. Lezioni frontali
  7. Centralità del docente
  8. Assenza di attività cooperativa e laboratoriale

Bisogna scardinare una metodologia astratta della prassi scolastica ed esigere e richiedere nuove forme di razionalità, definendo ogni tecnica in un reticolo di relazioni interpersonali, bisogna dissolvere il timore dei docenti di lavorare insieme come se fosse una utopia o peggio che il lavorare collettivamente implicherebbe un lavoro maggiore a livello del singolo (anzi è vero il contrario).

Il nuovo che avanza

E’ in quest’ottica che è possibile assumere ed implementare progetti sociali formativi che oggi “circolano” nella scuola come leve per una nuova tecnica educativa e curriculare “didattica laboratoriale, inclusività, apprendimento cooperativo, e non ultimo alternanza scuola/lavoro”.

Tali progetti (che tendono ad essere dirompenti rispetto ad una metodologia e ad una organizzazione della attività didattica tradizionale), se da una parte intendono dare una risposta ai nuovi bisogni sociali, dall’altra modificano al suo interno una prassi sociale basata su meta-norme logiche indipendenti dalle determinazioni della funzione sociale.

Inclusività e didattica cooperante (se non vogliono restare solo sogni o illusioni per pochi docenti idealisti) devono aprire scenari/panorami organizzativi a livello strutturale completamenti nuovi.

Non più lo studente passivo, ma attante, non più il docente depositario di un sapere ripetitivo, ma conduttore del lavoro di gruppo, non più il sapere assimilativo, ma scoperta, scambio concettuale, arricchimento interpersonale. Il gruppo diventa il nuovo soggetto che cresce nella crescita del singolo, il singolo si riconosce in quel sapere collettivo e ognuno si sente responsabile della crescita del gruppo.

Questa dimensione come si può vedere non è solo un problema di competenza tecnica, ma risponde a una funzione e nuova competenza sociale.

Tutto ciò vale anche per il progetto di alternanza scuola-lavoro: se questo si realizza in una ottica di attività didattica tradizionale risulta fallimentare se non addirittura una esperienza estranea alla scuola.

Il rapporto tra scuola e azienda non è un rapporto tra teoria e prassi, ma tra una teoria-prassi scolastica e un pensiero e agire aziendale, l’azienda non deve essere vista come un “luogo protetto” che permette allo studente di simulare una competenza o frammenti di azione sociale non sempre comprensibili allo studente. Nell’alternanza scuola–lavoro due realtà, due organizzazioni sociali e tecniche si mettono a confronto e ciò permette allo studente di vivere criticamente l’esperienza. Bisogna sfatare l’idea che in tale esperienza la scuola assume un ruolo di subordinazione rispetto all’azienda.

A tal fine nell’alternanza scuola-lavoro è necessario che:

  1. attante del progetto deve essere la scuola e l’azienda coopera nella formulazione di un progetto formativo e non si sostituisce alla scuola;
  2. la scuola controlla, verifica e monitora che l’esperienza vissuta dallo studente sia rispondente al progetto;
  3. allo studente deve essere data la possibilità di vivere criticamente l’esperienza e di poterla elaborare come percorso formativo;
  4. l’esperienza deve essere parte integrante del curricolo e non un attività giustapposta
  5. non si assuma il sapere e la prassi aziendale come un dato di fatto che non può essere posto a critica (la prassi sociale scolastica non è subordinata alla prassi aziendale)
  6. pratiche aziendali cooperative possono essere, d’altra parte, fatte proprie dalla scuola in vista di una funzione formativa più efficace

Se la scuola non è in grado di assumere questo ruolo sociale e tecnico, ma delega alla azienda il progetto e abbandona lo studente in un processo organizzativo più o meno complesso vanifica il fine stesso del percorso e tradisce la sua stessa centralità.

Per concludere: se la scuola non è in grado di dare risposte concrete ai bisogni espressi dai giovani, si è destinati al fallimento anche se si elaborano tecniche nuove o si rinnovano linguaggi.

Bisogna prendere atto che (sebbene in modo più o meno contradditorio, più o meno consapevole, più o meno conflittuale) i giovani studenti richiedono non un sapere diverso, ma un diverso sapere.

I giovani sono cambiati e di fronte alle loro paure, bisogni, povertà, analfabetismi ed emarginazione si rivela sempre un desiderio di nuovo, una voglia di capire, una forza ad agire, una attenzione alla scoperta. La scuola deve cambiare, è tempo che cambi, se non vuole vivere in un mondo a cui non è in grado di dare risposte.

Un mio sogno: non più Consigli di Classe ( su cui molti sono i docenti che sono concordi nell’affermare che così come sono condotti hanno poco senso ), ma un organismo interdisciplinare completamente nuovo (da rifondare e da ripensare),in cui non si giudicano allievi, ma si verificano e si revisionano progetti sulla base del successo o dell’insuccesso formativo, sulla base di dare risposte ai bisogni espressi dagli allievi, sulla base di costruire un percorso formativo razionale.

Giovani e Internet, di Donatella Cesareni

 

 

L'alternanza Scuola-Lavoro - Maria Teresa Santacroce

L’alternanza scuola lavoro è uno degli strumenti per rompere con il modello tradizionale di fare scuola fondato prevalentemente, ed in alcuni casi esclusivamente, su una didattica trasmissiva.

Essa è elemento centrale e strategico del nuovo fare scuola.

Per lo studente si tratta di un’esperienza che cambia radicalmente il suo modo di intendere lo studio, in particolare lo aiuta ad analizzare i problemi VERI della realtà da diverse prospettive, lo abitua alla prudenza, alla pratica del dubbio e questo è un esercizio che modifica anche la relazione con l’insegnante e con i saperi che vengono interrogati per quanto hanno da dire nell’interpretazione della realtà.

Il rapporto tra il dentro e il fuori della scuola è stato ed è un elemento strutturale e fondante il curricolo. L’obiettivo è far entrare i giovani nelle maglie complesse della vita della comunità e contestualmente far interagire le istituzioni con i giovani, chiamarle a mostrarsi, a spiegare che cosa fanno, guidando gli studenti alla comprensione dei problemi di governo della città.

Questo si può realizzare all’interno di patti educativi in cui scuola, istituzioni e famiglie vengano coinvolte concretamente, ma soprattutto in cui i giovani abbiano la possibilità di essere protagonisti, di vedere direttamente e di mettersi in gioco.

Data la dimensione curricolare dell’attività di alternanza, le discipline sono necessariamente contestualizzate e coniugate con l’apprendimento: ciò comporta l’analisi delle condizioni di praticabilità di esercizio dell’autonomia scolastica di adeguare i contenuti alle esigenze del contesto.

Questi aspetti sono determinanti per le proposte e le attività dei Dipartimenti.

La progettazione di un curricolo che riconosca come uno dei suoi pilastri l’alternanza deve ben tenere presente il valore orientante e professionalizzante dei saperi, in modo da considerare l’esperienza pratica come un valido riscontro di contesti teorici. In prima istanza, occorre che i docenti dell’intero consiglio di classe individuino nelle aree disciplinari di riferimento quei nuclei fondanti, quei contenuti che possono coinvolgere e interessare lo studente, in quanto risultano traducibili in esperienze concrete e in contesti di realtà sperimentabili.

Il valore aggiunto per il Consiglio di Classe che si impegna nel percorso di Alternanza Scuola Lavoro sta:

  • Nella progettazione integrata di più discipline,
  • Nella modifica dell’organizzazione didattica,
  • Nel rapporto con il territorio,
  • Nell’applicazione dei saperi in contesti nuovi (competenza)

Per chiudere vorrei sottolineare che i temi dell’ inter e trans-disciplinarità, della laboratorialità, del rapporto con il territorio, di una nuova organizzazione didattica, sono da moltissimi anni all’attenzione dei docenti prima del Liceo delle Scienze sociali e poi dei Licei delle Scienze umane e dell’opzione economico sociale. Abbiamo cercato di comprendere quali siano i nuclei fondanti di ciascuna disciplina e quale poteva essere l’asse portante di questo tipo di licei che in Italia, a differenza di altri Stati, ha bisogno ancora di trovare una sua identità ben definita.

In questi anni abbiamo sperimentato percorsi innovativi legati alla contemporaneità, al territorio, allo sviluppo di competenze, all’integrazione delle discipline e dei saperi. Abbiamo insegnato ai nostri studenti a riconoscere e a saper affrontare le categorie della contemporaneità e della complessità.

 

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L'intervento di Claudia Petrucci

Proprio quando l' Alternanza Scuola Lavoro viene fatta bene, e la scuola non la delega ad altri , ma la accompagna e la inserisce in un progetto formativo condiviso, appaiono i nuovi problemi. Problemi di competenze e problemi di organizzazione.

Gli studenti si calano in un'esperienza professionale di cui l' insegnante ha in genere solo conoscenze di seconda mano, e magari antiche e vaghe, e a cui rischia addirittura di non poter partecipare da vicino: tutti gli insegnanti hanno molte classi e ogni momento eventualmente libero dall'impegno in una di esse è indispensabile per affrontare le mille emergenze della vita quotidiana di un istituto. Insomma, i ragazzi vanno e noi stiamo qua.

Potrebbe sembrare addirittura una metafora “fisiologica” dell'educazione, ma così non è. Se la chiamiamo “alternanza“ non stiamo parlando del momento in cui i giovani lasciano il nido. Stiamo parlando invece di quello “stare sulla soglia” su cui si fondavano, fin dall'inizio, le esperienze di stage formativo : un processo di andate e ritorni da seguire, accompagnare, su cui e a partire dal quale sollecitare rielaborazioni critiche.

Quindi nell'alternanza gli insegnanti dovrebbero “esserci” il più possibile, anche per essere in grado di accorgersi se c'è qualcosa da aggiustare o qualche occasione da sfruttare meglio. Superare gli ostacoli organizzativi è importante , ma forse è ancora più importante superare quelli culturali, che vedono prevalere nella scuola le spinte della separatezza tra esperienze, competenze e discipline. Con l' idea diffusa quanto arbitraria che solo un corso di laurea interamente dedicato a una sola disciplina e alle sue articolazioni, e una mono-abilitazione ad esso strettamente congruente, siano i requisiti validi culturalmente (e quasi “moralmente”) per insegnare. C'è invece bisogno di affermare che anche per insegnare bene una materia non si può essere solo insegnanti di quella materia. Bisogna anche provare a fare i conti con tutto quello che c'è intorno, con i mestieri e le esperienze umane che coinvolgono quell'ambito di conoscenze, o che ne vengono illuminate.

E questo non vale solo per le materie cosiddette professionali ma per tutte.

Lo splendido resoconto didattico di Franco Lorenzoni I bambini pensano grande ci fa vedere come per insegnare qualsiasi contenuto sia indispensabile fare esperienze concrete e perfino fisiche e manuali. Una figura limitata e sedentaria che si trincera dietro il suo cosiddetto specialismo non convince nessuno, e men che meno i ragazzi.

Nella mia formazione ho avuto due esperienze privilegiate. La prima fu quando, con un gruppo di scout e compagni di scuola, dentro Firenze alluvionata, scoprimmo che la cultura e l'arte non erano le astrazioni che ci facevano soffrire in classe, ma erano un motore concretissimo che organizzava lavoro manuale, chimica, fisica, filologia e capacità di decidere. I turni di lavoro alla Biblioteca e al Vieusseux ci mandarono a caricare e stendere le pagine come in un opificio tessile, a pulirle e asciugarle come in una lavanderia, a proteggere con i fogli di carta assorbente i testi antichi, a spruzzare disinfettante in tenuta da Ghostbuster, a portare, come in una bottega artigiana,attrezzi e pennelli ai restauratori veri, che erano ragazzi poco più grandi di noi ma che sapevano dove mettere le mani.

La seconda , proprio agli inizi del mio lavoro di insegnante, fu una stagione da un fotografo, in cui imparai a usare gli strumenti delle immagini: senza di quello, anche far passare gli strumenti della parola e della scrittura mi sarebbe stato molto più difficile. 

Cinema e scuola - Luigi Mantuano

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Valutazione e autovalutazione delle scuole - Antonella Fatai

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Galleria delle immagini

Ecco una carrellata di immagini della giornata allo Schiaparelli, in aula magna nella mattinata e in un'aula LIM per i lavori pomeridiani

 

 

Una testimonianza "molto speciale"

 

Una "sigla" molto bella della giornata di presentazione del libro "E' tempo di cambiare", dedicato alla memoria di Anna Sgherri,  allo Schiaparelli Gramsci di Milano è stata la presenza di Daniele Mazzola, che con Anna ha condiviso un lunghissimo amore e gli ultimi anni della Sua vita. 

Ha partecipato all'incontro seguendo gli interventi con la Sua presenza attenta, commossa e discreta, e questa è la prima cosa di cui lo ringraziamo molto (anche se sappiamo che è Lui a ringraziare molto di più tutti noi!)... 

Ma soprattutto lo ringraziamo per avere risposto alla nostra richiesta di farci avere un breve ricordo di Lei.

E' una "Sgherri" inedita che balza da queste pagine tenere e appassionate, una figura che nulla togliendo a quel clichè di serietà, impegno, professionalità e dedizione che tutti Le abbiamo sempre riconosciuto, e che ce l'ha fatta stimare e temere, prima ancora che amare, aggiunge a tutto questo una nota umana veramente unica. Il ritratto della nostra Anna è ora a tutto tondo, nella Sua umanità e nel Suo essere creatura di carne e sangue, non solo icona troppo spesso offuscata dalla pur poco amata ma onnipresente burocrazia. 

Ringraziamo ancora di più, e di vero cuore, Daniele Mazzola per averci ammesso alla Loro palpitante intimità, e consegnamo ai lettori questa testimonianza davvero speciale!

Leggi l'allegato.

 

Presentazione a Lucca

 

Nel pomeriggio del 5 Aprile 2017, su iniziativa e con il patrocinio dell'Assessorato all'Istruzione del Comune di Lucca, è stato presentato il libro "E' tempo di cambiare. Nuove visioni dell'insegnamento/apprendimento. 

Splendida location l'Aula Magna della Cappella Guinigi del monumentale complesso di San Francesco.

Erano presenti gli autori di alcuni saggi, Nicoletta Lanciano, Lucia Marchetti, Giacomo Camuri, Lia Stancanelli, e Antonio Ronco, che ha contribuito anche all'organizzazione dell'evento. Clotilde Pontecorvo, attesa per la relazione iniziale, non ha potuto essere presente per motivi di salute, ma ha inviato una calorosa lettera di saluto e ringraziamento e un video (in due parti) con la registrazione del suo intervento. Anche Antonella Fatai è stata, suo malgrado,  trattenuta da motivi di lavoro; Lia Stancanelli, quindi, a nome delle tre curatrici, ha tracciato la mappa dei contenuti e degli Autori della pubblicazione, ripercorrendo  inoltre l'ideale fil rouge dei temi fondanti che attraversano l'intero volume.

Lucia Marchetti ha riflettuto sul senso profondo dell'istanza di cambiamento che percorre e anima tutto il libro, non come utopico traguardo, bensì come frutto autentico di buone pratiche vissute e condivise, ed ha poi posto l'accento sulla delicata questione della relazione educativa e della necessità che sia coltivata in positivo da tutti gli attori della vita scolastica, oggi più che mai.

Giacomo Camuri, infine, a partire dall'importanza sempre maggiore che assume - in particolare per le giovani generazioni -  l'apprendimento attivo e partecipato, ha sottolineato come un vero e proprio "laboratorio dei saperi" debba guadagnarsi uno spazio sempre più ampio nella didattica in ognoi ordine e grado di scuola e per ogni ambito disciplinare.

 

 

 

Rassegna stampa

 

Ecco alcune segnalazioni e recensioni del libro sulla stampa nazionale.

Intervista a Clotilde Pontecorvo

Intervista a Antonella Fatai

Recensione di Santina Mobiglia

Intervista a Clotilde Pontecorvo

pontecorvo

Intervista ad Antonella Fatai

 

fatai

 

 

Recensione di Santina Mobiglia

 

mobiglia