BUONA PASQUA 2022

Eppure il silenzio parla...

La Via Crucis al Colosseo ha censurato l’amore.

Durante la tredicesima stazione, in cui si contempla la morte di Gesù in croce, le polemiche scaturite dalla scelta di far portare il simbolo dell’amore estremo, la croce, a due amiche di nazionalità russa e ucraina, hanno costretto gli organizzatori a sostituire la riflessione prevista con un invito al silenzio.

Il volto sofferente di Papa Francesco e il “rumore assordante” del silenzio, sono parole vibranti ed eloquenti. Il silenzio parla ed è una parola forte e implacabile quella che si oppone ad ogni intento divisivo e ad ogni tentativo di “correggere” persino l’amore di Cristo.

Lo stesso assordante silenzio è quello in cui si era chiuso Gesù opponendosi al pressante invito degli scribi ad esprimersi sulla “giusta condanna” dell’adultera. Gesù, chinato il capo, iniziò a tracciare segni indecifrabili sulla sabbia.

Quante sterili parole ostili sono state pronunciate persino da rappresentanti della chiesa, cattolica e ortodossa: parole di condanna che ritenevano ingiusto parlare di pace durante una rappresentazione sacra; parole che si attendevano un giudizio irrevocabile su chi è nel torto e chi nella ragione; parole che volevano mantenere la distanza nel momento in cui la distanza tra l’uomo e Dio svuotato sulla croce è ridotta al limite.

Da cristiana ed educatrice non posso non esprimere il mio sconcerto rispetto all’affermarsi di logica (umana, troppo umana) che ha ispirato le polemiche: la logica del “se/allora”. Se, prima non si cessa il fuoco / allora non si può sostenere la pace; se i russi non si ribellano a Putin / allora sono tutti nemici; se i soldati si combattono su campi avversi /allora due donne delle stesse nazioni non possono portare la stessa croce.

La logica del se/allora non appartiene a nessun Dio, e a nessun animo che anela alla pace. La croce, per alcuni, è il fallimento di Dio e sì, viene da pensare che lo sia realmente se, persino chi dovrebbe essere testimone di un perdono che non conosce misura, preferisce fare la conta delle responsabilità e continuare a incendiare gli animi.

Un fallimento, sì, ma un fallimento d’amore è quello che si ricorda nel contemplare Gesù in croce, un amore, che oggi, come allora, nel giorno della Resurrezione illumina ogni uomo.

Un amore che ha assunto ogni colpa, ogni incomprensione, ogni sofferenza, ogni sacrificio per restituirci la gioia infinita di una speranza che non muore.

Non c’è bisogno di altre parole ... il silenzio parla e può nutrire gli animi di chi sa, e vuole la pace sopra ogni cosa; di chi sa e vuole che nell’animo umano si trovino le risorse per ricostruire l’umanità tradita e offesa in Ucraina, ma anche nel mar Mediterraneo, in Syria, in sud Sudan e in tutte le guerre nel mondo.

I custodi di anime dovrebbero essere più umili e se, incapaci di ascoltare il Verbo, confrontarsi almeno con quanto è scritto nella costituzione dell’Unesco del 1945: “le guerre iniziano nella mente degli uomini, ed è nella mente degli uomini che devono essere costruite le difese della pace”.

Che le menti degli uomini, di tutti gli uomini e le donne di buona volontà possano essere oggi campi in cui si coltiva la pace.

Josette Clemenza

 

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