Scuola Territorio Intercultura (Marchetti)

 

MARTEDI' 30 MARZO
9.00 – 13.00
Scuola territorio intercultura

  • Attraversare frontiere incontrare culture
    • Giuseppe Mantovani Università di Padova
  • Superare l’etnocentrismo: passi verso un’educazione interculturale. 
    • Report sulla sperimentazione in atto nelle scuole della Rete (Terlizzi, Roma, Lucca, Messina, Catania, Bologna, Trieste) 
  • Spazi per incontrare lo sguardo dell’altro
    • Liviana Zanchettin Comunità di S. Martino al Campo
    • Gianfranco Schiavone Consorzio Italiano di Solidarietà
    • Alessandro Dal Lago Un. di Genova Vedere noi stessi tra gli altri
    • Coordina Lucia Marchetti – Responsabile sito web Passaggi 

 


Entre nous, et l'enfer ou le ciel,
il n'y a que la vie entre deux,
qui est la chose du monde la plus fragile.

Blaise Pascal

 

 

Marc Chagall

                                                                                                          Marc Chagall

 

Lucia Marchetti
Una bussola per non perdere l’orientamento

Il mio compito questa mattina è di coordinare una sessione composita che vuole tenere insieme teorie e pratiche, riflessioni e racconti, vita quotidiana e storia, tra scuola e vita fuori della scuola.
Non è stato a caso aver messo questo tema al centro del convegno, pur in un momento particolarmente critico per il liceo delle scienze sociali e per la scuola in generale. L’autoreferenzialità e l’avvitarsi su se stessa sembra essere uno dei problemi più grossi della scuola in questa fase e questo produce danni evidenti nella comunicazione con gli studenti e sul senso del lavoro che si fa in classe. Per il liceo delle scienze sociali il rapporto fra il dentro e il fuori la scuola è stato ed è un elemento strutturale e fondante del curricolo. Lo abbiamo a lungo teorizzato, ma soprattutto praticato aprendo la scuola alle istituzioni del territorio, ma anche uscendo dalla scuola attraverso stage che, su un progetto pensato e curato, ha introdotto i nostri studenti ma anche noi insegnanti nelle maglie complesse e nei problemi della comunità e anche della società più ampia, globale.

L’incontro con l’altro, inteso come straniero, diverso, genere, adulto, anziano, disabile, ha costituito e costituisce un perno fondamentale dei nostri percorsi educativi e ci ha imposto un atteggiamento di prudenza nell’emettere giudizi, di ascolto, di curiosità e desiderio di scoperta. Come dice Peppe Dell’Acqua “la soglia è il luogo dell’incontro” e a me pare che noi abbiamo fatto di questa metafora una bussola interpretativa del nostro agire educativo.

E’ abbastanza probabile che alcune indicazioni importanti circa la via da seguire per riformare la scuola ci verranno da fuori, da bisogni, da istanze, da emergenze poste dalla società in generale e da incontri con partner esterni, altrettanto interessati al futuro dei giovani, da interpreti appassionati a comprendere lo spirito del tempo, da altre pratiche sociali, e meno da un interno ormai consumato nella iterazione di pratiche burocratiche e nella coazione a ripetere riti privi di significato.
E’ del tutto evidente che le scienze umane e sociali rappresentano lo strumento interpretativo fondamentale per comprendere i problemi e i fenomeni che il fuori pone alla scuola, tanto è vero che prima di dar vita ad un liceo specifico si chiedeva che questi saperi entrassero nel patrimonio comune della formazione della scuola secondaria. Il liceo delle scienze sociali ha sperimentato e confermato la potenza di questi saperi, in particolare per i giovani del nostro tempo e in un paese, l’Italia, che non le ha mai considerate ‘scienze’ al pari delle altre. Ora i Regolamenti le hanno in parte sacrificate e questo liceo viene in buona misura cancellato, ma per chi ne ha verificato la potenza formativa sarà difficile ripiegare all’interno di piani di studio come quelli che ci vengono ora presentati.
Una seconda via per non perdere l’orientamento sta, a mio avviso, nel rimettere al centro la riflessione sul nostro mestiere, nel ridefinire la nostra professione, nel fare –utilizzando la frase che usa Giuseppe Mantovani per lo straniero – un “posizionamento narrativo”. Anche gli insegnanti si sentono un po’ stranieri nella scuola, ma soprattutto la scuola è straniera nel mondo circostante molto cambiato nel giro di pochi decenni. Il patrimonio educativo che si era accumulato negli ultimi trent’anni sembra essere evaporato e risulta sempre più difficile passare il testimone, comunicare con i giovani colleghi su questioni legate al significato del nostro mestiere. E invece è ormai imprescindibile ricominciare da qui.

Ci dobbiamo chiedere a questo punto, in questo contesto di società e di scuola, come potrebbe descriversi il nostro ruolo? Cosa ci compete davvero? Quali sono gli elementi fondanti della nostra professione?

Sulla soglia: una scuola aperta e responsabile

Il valore aggiunto delle esperienze che oggi presentiamo sta prima di tutto nell’idea che la scuola deve aprirsi alle questioni emergenti del proprio territorio e del mondo utilizzando le lenti di ingrandimento che le sono offerte dai saperi disciplinari, e lo deve fare sui problemi veri, sulle questioni che coinvolgono la comunità degli adulti e su queste questioni aiuta i giovani a mettersi in gioco, a farsi delle idee, a scontrarsi e ad assumere qualche responsabilità.
In secondo luogo il valore aggiunto sta nel condividere un paradigma teorico (il concetto di intercultura che ci è stato offerto da Giuseppe Mantovani) la cui verificabilità viene misurata in territori diversi, per geografia, per cultura, per composizione sociale, per tradizione di scuola.

E’ così, e solo così che si può lentamente costruire una comunità scientifica e solo così si può pensare di migliorare la qualità della professione. Non in una singola e solitaria esperienza, anche la più esaltante, che il bravo insegnante può inventare, ma nel paziente e continuo lavoro di costruzione lenta di percorsi condivisi, in una prospettiva di confronto e sostegno reciproco.
E’ stata questa la storia di Passaggi.

 

Sulla soglia: un territorio si apre alla scuola

Vorrei concludere questa introduzione riportando l’esperienza che a cui sto partecipando da cittadina volontaria. Ieri abbiamo incontrato Peppe Dall’Acqua, la cui storia professionale è legata alla vicenda della chiusura dei manicomi, a Basaglia e alla legge del 1978 che, per quelli della mia età, ha segnato profondamente il modo di vedere la malattia mentale, ma soprattutto l’idea di società e di mondo che si voleva costruire. A Ferrara questa vicenda è stata particolarmente vivace perché la chiusura del manicomio fu fatta sotto la guida di uno del gruppo di Basaglia, Antonio Slavich.

Ancora oggi si continua a lavorare su quella strada, anche se le cose si sono fatte molto difficili, la società, la comunità è divisa e si fa fatica a mantenere coesione e solidarietà tra la gente. A partire dalla psichiatria si è costituto un gruppo di volontariato, Gli Irregolari, che si impegna a moltiplicare le occasioni e i luoghi di incontro e di benessere per tutti, in cui anche l’altro, possa trovare un suo posto. In questa associazione anch’io mi impegno, ora che sono in pensione.

Si tratta di tenere in mano alcuni fili rossi che ci aiutano a vivere meglio e a mantenerci umani.

 

I nostri interlocutori

 

Giuseppe Mantovani

E’ tra i nostri esperti privilegiati sia perché i suoi libri sono diventati da molti anni testi di riferimento sia nel lavoro di classe sia nella costruzione del curricolo, da L’elefante invisibile (1998), adottato da molti di noi, a Intercultura (2004) a Analisi del discorso e contesto sociale (2008), ma anche perché ha assistito all’incontro fondativo della Rete che ancora non aveva trovato il nome. Allora eravamo undici scuole, oggi siamo quarantatre.

Ci incoraggiò a continuare, e ci consigliò di costruirci una teoria. Su quell’input abbiamo lavorato e mi pare di poter affermare che attraverso scambi continui abbiamo prodotto molto, soprattutto abbiamo alcune idee forti sul ruolo della scuola, sul significato da attribuire al termine ‘formazione’ e su alcuni punti fermi della didattica: tutti aspetti che sono andati a costituire una carta di identità della nostra Rete e che si trovano esplicitati nel sito web.

Giuseppe Mantovani è stato anche invitato da alcune delle nostre scuole e oggi è qui per ascoltare e per riflettere con noi sulle nostre esperienze.

 

Liviana Zanchettin
Da settembre 2006 a oggi responsabile del Centro Studi della Comunità di San Martino al Campo.

 

Comunità di San Martino al Campo

Via Gregorutti, 2 34100 TRIESTE www.smartinocampo.it

La comunità nasce nel 1970 da parte di un gruppo tra cui Don Mario Vatta, giovane sacerdote della diocesi di Trieste - che, spinte da una motivazione di fede e da un bisogno di giustizia e di solidarietà umana, desideravano mettersi concretamente al fianco di persone provenienti dal mondo del disagio: ex carcerati, malati di mente, tossicodipendenti, alcolisti... Il nome è stato ripreso da una chiesa di Londra che ogni notte accoglieva (e tuttora accoglie) a dormire persone senza fissa dimora: barboni, alcolisti, stranieri di passaggio...
 

Gianfranco Schiavone

è presidente e da molti anni è impegnato, attraverso l'ICS (consorzio italiano di solidarietà) con i richiedenti asilo e i rifugiati, a partire dalla guerra nella ex Yugoslavia; lavora sia a livello locale che nazionale.

Dopo le prime esperienze (1998) ha dato avvio e ha contribuito all’idea di un sistema di accoglienza a rete, strutturato su base nazionale, da cui è scaturito, nel 2001, il Piano nazionale di Accoglienza (Pna). Ad esempio è stato uno dei referenti per il sindaco di Riace nella realizzazione del paese dell'accoglienza. Alcune classi del Carducci di Trieste hanno avuto modo di svolgere lo stage presso l'associazione o di conoscere, attraverso essa, le persone e le storie segnate da migrazioni a causa di guerre o persecuzioni.

 

Alessandro Dal Lago

è professore Sociologia dei processi culturali presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell' Università di Genova.

OPERE: La produzione della devianza, Feltrinelli, Milano, 1981; Etnometodologia (con p. p. giglioli), Il Mulino, Bologna, 1983; L'ordine infranto. Max Weber e i limiti del razionalismo, Unicopli, Milano, 1983; Il politeismo moderno, Unicopli, Milano, 1985; Oltre il metodo. Interpretazione e scienze sociali, Unicopli, Milano, 1989; Il paradosso dell'agire, Liguori, Napoli, 1990; Descrizione di una battaglia. I rituali del calcio, Il Mulino, Bologna, 1990; (con p. a. rovatti) Elogio del pudore, Feltrinelli, Milano, 1990; (con r. moscati) Regalateci un sogno. Miti e realtà del tifo calcistico in Italia, Bompiani, Milano, 1992; Tra due rive. La nuova immigrazione a Milano, Franco Angeli, Milano, 1994; Il conflitto della modernità. Il pensiero di Georg Simmel, Il Mulino, Bologna, 1994; I nostri riti quotidiani. Prospettive nell' analisi della cultura, Genova, Costa & Nolan, 1995. E' autore di circa 150 saggi e contributi scientifici Ha curato e introdotto opere di H. Arendt, H. Jonas, P. Veyne, G. Simmel, M. Foucault e altri.
E’ attualmente impegnato in ricerche sulla costituzione del nemico nella società contemporanea, sulle migrazioni internazionali, sugli stili di vita notturni e sul conflitto nelle metropoli. Su questi temi sta ultimando una monografia dal titolo: Qualcuno da odiare. Lo straniero come nemico pubblico. "Non persone - L’esclusione dei migranti in una società globale" Feltrinelli 2004

Ha espresso in articoli su giornali con durezza le sue posizioni sulle leggi sulla discriminazione nei confronti degli stranieri e sui respingimenti.