Sistemi Modelli Reti

Lezioni sulla complessità

a cura di Stefania Stefanini e Francesco Colaianni docenti di scienze sociali e filosofia presso Istituto A. Pieralli - Perugia
Lezioni sulla complessità

La complessità

Lezioni sulla complessità a cura di Stefania Stefanini e Francesco Colaianni docenti di scienze sociali e filosofia presso Istituto A. Pieralli - Perugia

sommario: la complessità | sperimentazione didattica | sistemi e modelli
 

 

La complessità

 

 
significato
origine
paradigmi
Attribuzione>
realtà-  elementi- fenomeni- contesti- esperienze- produzioni – teorie
 
La complessità come critica e relativizzazione dei modelli meccanicistici e riduttivistici della scienze moderna
 
 
Paradigma strutturale
da Marx a Freud, da  a De Saussure a Levi-Strauss generalmente afferma che  la realtà, naturale o storico-culturale,  o suoi segmenti si  comprende e si spiega non a partire  dalle rappresentazioni  fenomeniche o dai vissuti soggettivi, ma da sistemi di  regole  e di schemi latenti e evidenti (strutture) che regolano l’organizzazione, la stabilità e la stessa trasformazione del sistema.
 
Paradigma sistemico-cibernetico da Bertalanffy in poi -  afferma il primato      metodologico del globale sul particolare, dove ogni sezione della realtà è considerata un sistema di interdipendenze fra sottoparti. La nozione di sistema correlata a quella di feed-back, causalità circolare, omeostasi
Paradigma ecologico, Bateson, Morin, Piaget, -   l’opzione di fondo è radicalmente relazionale. Le relazioni sono frutto sia dell’autoregolazione che della coordinazione con altri sistemi autoregolati, come la natura e la società, con cui  interagire e coevolvere in complessità
Paradigma gnoseologico, Bocchi, Cerruti, Varala -  la filosofia della complessità diventa una proposta teorica alternativa a forme di pensiero metafisico.
 
Distinzione/opposizione
Semplicità/ Complessità Elementi/ struttura
Particolarità/totalità
Meccanicità/organicità  aggregazione/integrazione
Composizione/organizzazione
Ecc.
Il modello classico (cosmo, logos, organizzazione del sapere, relazioni tra cause efficienti e finali)> statico
Il modello moderno>
( la crisi dei fondamenti della fisica – struttura e sovrastruttura (Marx-Darwin, Freud, Nietzsche) – l’analisi strutturale nelle scienze umane e sociali-  teoria dei sistemi – il modello della comunicazione  ecc.)> dinamico
Valore >
Metodologico
(la complessità dipende dalla prospettiva di indagine e dall’esperienza indagata) ontico ( ogni forma di realtà è relativamente complessa, nell’esperienza scientifica non sono dati in assoluto elementi semplici, ma sistemi di regole che ne determinano la natura e i processi di trasformazione.
La complessità dunque paradossalmente è per sua natura complessa, nel senso che richiama il suo concetto una idea generale che si coniuga in diversi contesti sia teorici che esperienziali> 
 
La complessità come concetto che considera /riconosce /individua / rileva la presenza in fenomeni o eventi(naturali o socio-culturali) di principi, di processi, di elementi che interagiscono tra di loro (in forme diverse), determinandone la stabilità e i criteri di trasformazione per cui il tutto (inteso come sistema ) regola e condiziona con diverse modalità i sottosistemi)> 
 
 
Alcune vie per comprendere l’ interdipendenza  
“E’ possibile individuare leggi matematiche e
modelli significativi del mondo umano”
M. Buchanan – Nexus
   
Sistema 
 
La relazione  sistema / complessità si evidenzia nello stesso concetto di sistema, in particolare quello  elaborato da Von Berthalanffly (Teoria generale dei sistemi) 
 
Complesso di parti in relazione reciproca. Il comportamento di ciascuna elemento risulta nelle sue caratteristiche dipendente dal legame e viceversa.
I principi costitutivi del sistema non sono spiegabili a partire dalle caratteristiche delle parti isolate.
Le caratteristiche del sistema risultano, confrontate con quelle degli elementi costitutivi, nuove ed originali, nel senso che non sono riferibile alla loro somma.
L'elemento isolato per essere conosciuto deve essere considerato nelle sue interazioni con l'intero sistema.
Le variazioni che si introducono (per effetto esterno o per evoluzione interna) in una parte del sistema vanno ad incidere sia sul funzionamento dell'intero sistema che sul comportamento delle altre componenti.
II sistema tende a stabilire principi gerarchici che vanno da quelli più semplici ed elementari a quelli più complessi e strutturati
I sistemi possono essere :
chiusi > non comunicano con l'esterno e quindi non richiedono una    comprensione a partire dai sistemi con cui interagiscono. Si potrebbe forse dire che un sistema chiuso non va a formare sistemi più complessi
aperti > istituiscono scambi con l'esterno (organismi).  
 
Il sistema in realtà non è altro che una trasformazione dell’esperienza in un modello
 
 
 
Modello
 
In inglese il termine model ( = modello) viene impiegato almeno in tre accessioni diverse: come sostantivo indica un modello o rappresentazione idealizzata; come aggettivo ha il significato di esemplare; inoltre il verbo to model ( modellare ) significa anche” presentare, dare dimostrazione”.
In campo scientifico, il termine “modello” ha, in certa misura, tutti e tre i significati. I creatori di modelli scientifici riproducono in forma idealizzata la realtà al fine di dimostrare certe sue proprietà.
 
E’ la complessità della realtà che rende necessari i modelli.
 
La complessità di un sistema è soprattutto la proprietà della  rappresentazione scientifica di tale sistema cioè del MODELLO DEL SISTEMA.
 
E’ sempre l’osservatore del sistema a costruire un modello, quindi la proprietà di un sistema è costituita dall’osservatore che costruisce il modello e dal modello stesso.( Le Moine, Von Foester, , Varala )
 
 
 
 

 

IL SISTEMA DEL MODELLO

 

Retroazione, Causalità Circolare, Autoregolazione
 
 Con Norbert Wiener gli schemi a retroazione diventano modelli interpretativi di vario tipo sia dei sistemi naturali che artificiali, vengono proposti anche in campi meno formalizzati, quali quelli della psicologia, della sociologia, della scienza politica, ecc.
Si può ricordare il modello proposto da Lanchester nel suo saggio “ La matematica della guerra”- 1956 - che ricorda quello dei sistemi predatore-preda, con la differenza che le potenze militari sono contemporaneamente preda e predatrici.
Nel campo della psicologia sociale possiamo trovare molti esempi di influenza reciproca di  sottoinsiemi: nella dinamica di certi atteggiamenti mentali, nella motivazione ( ad esempio la teoria socio-cognitiva di Bandura si basa sull’influenza che l’autoregolazione ha sulla motivazione ) ecc.
Sellini Palazzolo ( 1988) reinterpreta lo studio della famiglia in senso sistemico : i membri sono considerati come gli elementi di un circuito di interazione dove ogni membro influenza gli altri ma è anche influenzato dagli altri .
Il principio dell’omeostasi permette a Piaget  di collegare il problema dell’adattamento biologico al problema del pensiero: i fattori normativi del pensiero corrispondono alle regolazioni e alle necessità di equilibrio che si osservano sul piano biologico.
 
 
 
Esemplificazioni didattiche
 
Le CARTE GEOGRAFICHE sono un chiaro esempio di modello dove l’osservatore  dà forma alla realtà (la proiezione di Mercatore e quella di Peters presentano differenti costruzioni  della terra)
Altri modelli significativi per gli studenti> 
  • modello AGIL di Parsons per l’organizzazione funzionale dei sistemi sociali
  • modello di Von Thunen  per l’assetto territoriale della produzione agricola
  • modello di Christaller per le località centrali  spiega la distribuzione geografica delle città come centri di offerta di beni e servizi alla popolazione del territorio circostante
  • modelli computazionali : modello TOTE  per la  risoluzione dei problemi,  modello bottom- up e top-down delle scienze cognitive applicato, per esempio, alla percezione 

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tuttavia il modello non evidenzia una componente intrinseca del sistema e quindi della complessità, che sono le:
 
 
Reti
 
Rete: la parola deriva dalla voce indoeuropea ere che significa “separato, che ha intervalli”. L’equivalente termine inglese net e tedesco netz derivano invece da nodo. Curiosamente  per la via germanica una rete è fatta di nodi, mentre per la via latina è fatta di vuoti, di maglie” (dictionnaire critique) .Visto contemporaneamente da due prospettive diverse  il concetto di rete supera la separazione vuoto / pieno! Rete significa CONNESSIONE.
 
La teoria delle reti è l’espediente che la fisica ha escogitato per spiegarci l’ordine complesso delle cose. Sociologi, cognitivisti e studiosi di scienze politiche e umane stanno costruendo nuovi modelli che descrivono il mondo  come un insieme di sistemi governati dalle stesse relazioni.
 
Il famoso esperimento di Milgram 1967 ( quanti passaggi da persona a persona farebbe una lettera partita dal Kansas che deve arrivare nel Nebraska ? Centinaia? In media servono sei passaggi – teoria dei sei gradi di separazione-)  dimostra che  in ogni sistema, per quanto complesso, occorre mediamente  una catena di pochissimi contatti per collegare qualsiasi suo punto ;  un sistema rivela sempre una semplicità soggiacente
Recentemente si è scoperto il segreto per cui le reti complesse sono mondi piccoli: il motivo è che non tutti i nodi sono uguali. Esistono dei nodi CONNETTORI o HUB che hanno moltissimi contatti, accorciano le distanze, creano mode e tendenze, diffondono velocemente idee. 
 
Questa scoperta può essere applicata in vari campi: per impedire che una malattia infettiva si propaghi tra le persone di una città, è meglio cominciare a vaccinare le persone che hanno più contatti piuttosto che iniziare a caso! Se voglio diffondere velocemente un’idea devo preoccuparmi prima di tutto degli hub, in questo caso gli opinion leader, non solo coinvolgendoli, ma anche motivandoli, convincendoli che l’idea è buona in modo che se ne facciano promotori in ogni ambiente. Mark Granovetter ha  definito “ legami deboli”le relazioni di scambio non molto impegnative in contrapposizione ai “legami forti”,assidui e ben strutturati. L’hub è un nodo che capitalizza un gran numero di legami deboli; sono questi che creano  cambiamenti strutturali perché fanno interagire realtà distanti, producono un enorme scambio di informazioni che inevitabilmente riassetta la rete stessa.( pensiamo ai movimenti d’opinione, al”comune sentire”…)
 
Paragonando le strutture sociali ai legami  possiamo dire che la famiglia e una cellula di organizzazione politica sono forti perchè corrispondono a forme di interazione molto intense mentre i movimenti partito della società civile o certe associazioni sono deboli. Questo modello teorico si presta bene allo studio del capitale sociale ,delle comunità di pratiche di altre forme di cooperazione spontanea.
 
Il web, al Qaeda, il linguaggio, i componenti di un collegio docenti, le catene alimentari, le colonie di insetti, i sistemi immunitari, le cellule neurali sono sistemi governati dalle stesse relazioni. Si tratta in tutti casi di RETI, di forme che si sono strutturate secondo una logica auto-organizzativa.
 
L’assenza  di un centro regolatore nelle teoria delle reti apre molte riflessioni.
 
  
questi pochi esempi, sbrigativi, frammentari, sparsi, vogliono insistere sulla sorprendente varietà delle circostanze che fanno progredire le scienze rompendo l’isolamento delle discipline o attraverso la circolazione dei concetti o degli schemi    cognitivi o attraverso sconfinamenti e interferenze o attraverso complessificazioni di discipline in campi policomponenti o attraverso l’emergenza di nuovi schemi cognitivi e di nuove ipotesi esplicative o, infine, attraverso la costituzione di concezioni organizzatrici che permettono di articolare i domini disciplinari in un sistema teorico comune.
 
(…) Le discipline sono pienamente giustificate intellettualmente a condizione che  mantengano un campo visivo che riconosca e concepisca l’esistenza delle interconnessioni e della solidarietà.
 
(…) Le scienze umane trattano del l’uomo, ma questo non è soltanto un essere psichico e culturale, ma anche un essere biologico; e le scienze umane devono in qualche modo essere radicate nelle scienze biologiche le quali a loro volta devono essere radicate nelle scienze fisiche, dato che nessuna di queste scienze evidentemente è riducibile l’una all’altra. Tuttavia, le scienze fisiche non costituiscono lo zoccolo ultimo e originario sul quale si edificano tutte le altre; tali scienze fisiche, per quanto fondamentali, sono anche scienze umane, nel senso che appaiono in una storia umana e in una società umana.
 
(E. Morin, I sette saperi necessari al futuro dell’educazione, Cortina, Mi, 2001)
 
 

  
L.von Bertalanffy, Teoria Generale dei Sistemi, Mondatori, 1983
E. Morin, Il metodo ,Feltrinelli 1985
Bateson, Verso un’ecologia della mente, Adelphi, 1984
J. Piaget, L’equilibrazione delle strutture cognitive, Boringhieri, 1981
M.Ceruti,Il vincolo e la possibilità,Feltrinelli 1986
H. R. Maturana, F. J. Varala, Autopiesi e Cognizione, Marsilio 1985
Mark Buchanan, Nexus, Saggi Mondatori, 2003
R.Calimani, A, Lepschy, Feedback , Guida ai Cicli a retroazione: dal controllo Automatico al Controllo Biologico, Strumenti di Studio, Garzanti, 1990
P.Omodeo, Omeostasi,  in Enciclopedia del Novecento,vol.IV, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1979, 902- 925
N.Weiner, La cibernetica, Il saggiatore, 1968
G. Granirei, Blog Generation, Laterza, 2005
 

 

Complessità e sperimentazione didattica

Lezioni sulla complessità a cura di Stefania Stefanini e Francesco Colaianni docenti di scienze sociali e filosofia presso Istituto A. Pieralli - Perugia

sommario: la complessità | sperimentazione didattica | sistemi e modelli

 

 

Complessità e sperimentazione didattica

 

Problemi di organizzazione
Stefania Stefanini 
 
APPUNTI
 
Nel precedente intervento su “Sistemi – modelli – reti “ propongo  un piccolo contributo per la programmazione di alcune lezioni frontali sulla complessità e cerco di evidenziare la funzione scientifica e culturale del modello e l’importanza delle reti come sistemi di relazione per una “democrazia emergente”( da Joi Ito) .
In questa seconda sezione, applico l’idea di nodi, rete e modello alla complessità della sperimentazione didattica e ripercorro la storia   dell’Indirizzo delle Scienze Sociali per affermare con forza che  i tanti Licei  che ora sono come “terminali staccati di una macchina centrale non più funzionante”( da A. M. Ajello ), devono organizzarsi sia in una Rete di istituzioni scolastiche dai  nodi forti e significativi sia in una Associazione disciplinare e  di formazione, dai legami agili e flessibili;nell’ottica di una comunità dialogica  di  istituti scolastici, docenti- ricercatori e cultori delle scienze sociali e umane che condividono un modello di scuola autonoma, valido anche in ambiti  educativi e formativi diversi dai LSS.
Infine evidenzio alcune questioni che per le loro implicazioni didattiche meritano di essere affrontate con rigore scientifico cosicché il teorico possa esprimersi in buone pratiche sperimentali e non in semplici e sterili cambiamenti.  
 
 
Identità e storia del Liceo Scienze Sociali
continuità e innovazione 
 

LA SPERIMENTAZIONE

Il decreto interministeriale del 10- 03- 1997 abolisce l’Istituto Magistrale e prevede nell’art. 3 la definizione di un nuovo indirizzo.
Nel 1998/99 (DM 251- maggio ’99 ) inizia la sperimentazione dell’Indirizzo delle Scienze Sociali come primo laboratorio dell’applicazione delle disposizioni transitorie della legge dell’Autonomia, L.59/1997 art.21, applicata dalle istituzioni scolastiche a decorrere dal 1° sett. 2000.
Già vigente in: Inghilterra 1998, Francia 1975 -1989, Spagna 1985-1995, Svezia 1985-1991… 
 
Si passa dalla logica del programma alla logica della costruzione del curricolo
 
Art.4 Autonomia didattica, flessibilità organizzativa /art.7 reti di scuole/ Art.8 definizione dei curricoli
      significa gestire in modo nuovo la programmazione collegiale e di classe secondo il principio della responsabilità diffusa
(dal punto di vista normativo la programmazione diventa momento strutturale dell’azione didattica con il DPR 31 maggio 1974,n.416 - il primo dei Decreti Delegati)   
     
  La costruzione del curricolo implica la definizione chiara e coerente del profilo formativo di tipo liceale dell’alunno in uscita dal LSS: conoscenze - competenze parziali e conclusive/ disciplinari e trasversali della struttura epistemologica 
  • asse storico –antropologico
  • dimensione scientifica all’approccio per problemi del nucleo dei saperi fondanti  
 Nell’ottobre del ’99 si costituisce il Gruppo di lavoro per l’Indirizzo delle Scienze Sociali composto in buona parte da esperti che portano avanti da più di venti anni un lavoro di ricerca culturale sulle discipline afferenti all’area delle scienze umane e sociali
che elabora il documento
 
“L’Indirizzo di scienze sociali – Il profilo formativo e gli assi culturali” Roma 7 febbraio 2000”.
 
 
GLI SCENARI
 
  • Gli indirizzi di politica scolastica della Commissione Europea 
Nel Libro Bianco su Istruzione e Formazione 1995 la Commissione Europea individua alcune necessità:
  • necessità di integrazione fra tutti i sistemi scolastici europei e validità europea dei titoli di studio
  • necessità di dar vita a sistemi formativi integrati: università, scuole, centri per l’impiego ,imprese, enti territoriali, associazioni di categoria…
  • necessità di una formazione iniziale solida (apprendimento di almeno tre lingue comunitarie) e formazione permanente
  • necessità di stabilire standard di prestazione e di certificazione delle competenze  
  • Il nuovo Esame di Stato Berlinguer 1997/98-   
  • esame attualmente condotto dai docenti curricolari alla sola presenza di un presidente esterno.( in origine, con le commissioni”miste” l’esame era momento di confronto e auto-valutazione dei curricoli delle singole scuole )
  •  Accordo per il lavoro (Patto sociale del 1993 e Patto di Natale 1996)
  •  I sindacati lavorano insieme ai settori produttivi per individuare i profili delle nuove figure professionali-base descritti in termini di competenze culturali, specifiche e trasversali ( saper lavorare in gruppo, saper assumere responsabilità, acquisire autonomia, comprendere i processi, contestualizzare l’esperienza)
  • Il Sistema Formativo Integrato (L. 196/97 accordo Stato /Regioni) 
  • L.9/99, Obbligo scolastico 
  • L.30/2000, RIORDINO DEI CICLI – collocazione LSS nell’ambito scientifico
 
 
IL DIBATTITO CULTURALE
  • La prospettiva dell’educazione “ per tutta la vita”
  • Il recupero delle risorse umane ( il problema della dispersione scolastica)
  • Il tema delle competenze
  • La riflessione sui nuclei fondanti  e i saperi essenziali

“I contenuti essenziali per la formazione di base” marzo 1988 Commissione dei Saggi

  • Le epistemologie costruttivistiche e la teoria delle intelligenze multiple
  • Le teoria della complessità
  • L’internazionalizzazione del mondo del lavoro
  • La multiculturalità
  • I nuovi linguaggi.
 
ELEMENTI CARATTERIZZANTI IL LICEO SCIENZE SOCIALI
 
      Il LSS
  • ha per oggetto di studio l’uomo e la società complessa
  • riflette su una delle massime provocazioni del nostro tempo : la complessità 
  • tiene conto dei principi contenuti nel Art.21, L. 59/99 – AUTONOMIA delle istituzioni scolastiche (legge che ha lunghi tempi di riflessione : il primo ddl sull’Autonomia si deve al ministro Galloni nel 1988)
  • ha un modello organizzativo leggero e funzionale
    •  asse culturale,  ordinamenti, profilo formativo, mappa delle competenze d’Indirizzo
    • vengono definiti a livello nazionale
    • si prevede una verifica esterna del raggiungimento degli obiettivi
    • si istituiscono le reti fra scuole per il monitoraggio della sperimentazione e le Scuole Polo  
  • rivisita i programmi Brocca
    • dagli obiettivi formativi alle competenze (certificazione e port-folio)
    • dall’enciclopedismo  alle 30 ore settimanali
    • dall’ area di progetto allo stage  
  • vuole essere espressione di una nuova licealità
    • l’operatività coniugata ad uno studio approfondito e mirato  
  • sperimenta una revisione dei saperi
    • in collaborazione con l’Università 
  • costruisce i programmi sui saperi essenziali
    • monte orario biennale/triennale, si ragiona non più per “ore” di insegnamento a orario settimanale fisso  
  • prevede l’integrazione dei contenuti disciplinari
    • ore di compresenza e lavoro integrato tra docenti
    • attraverso un approccio reticolare/ sistemico
  • prevede l’insegnamento della multimedialità  
  • prevede stage formativi come risorsa per un sistema scolastico integrato

La L. 122/97 Pacchetto Treu

  • crea le condizioni per un sistema integrato e indica la possibilità di fare stage e tirocinii di formazione e di  orientamento.
  • adotta un modello organizzativo e curricolare flessibile
    • organizzazione modulare
    • orientamento non “ a cascata” ma” radiale”
    • sistema dei crediti formativi
  • suddivide il quadro orario in “area di equivalenza e di indirizzo” ( 28 ore) e “committenza locale”  o “area di integrazione” ( 2 ore )  
  • opera per una integrazione con il territorio.
 
SPERIMENTAZIONE E RIFORMA  
  • Abrogazione della L.30/2000
  • Legge n. 3/2001 di riforma del Titolo V
  • Nel 2001 la sperimentazione viene”congelata” , non è più riconosciuta la funzione delle scuole polo
  • La finanziaria del 2002 elimina l’organico funzionale
  • Riforma Moratti L.53/ 2003
  • Associazione” Le scienze sociali in classe” Fe,marzo 2003
  • Seminario di studi.”Sperimentazione e  Riforma”, Fiuggi 2004
  • Schema di decreto sul secondo ciclo. Gli OSA e il LICEO delle SCIENE UMANE , febbraio 2005
  • 14/10/2005 approvazione Decreti legislativi relativi alla riforma della scuola   
 
ELEMENTI DI RIFLESSIONE
 
 Credo che da questa breve e non certo esaustiva “panoramica storica” emergano  elementi di riflessione e nodi problematici che necessitano di momenti di formazione/confronto tali che l’agito, conseguente al teorico, produca veramente buone pratiche.
 
 
Temi per uno studio/confronto 
  1. la teoria del curricolo quale elemento fondante dell’idea di Autonomia
    • Come si costruisce un curricolo?
  2. approccio al modello teorico delle competenze 
esiste una evidente polisemia del termine competenza . approccio basato :
  • sulle attitudini  -  assimila il termine a quello di capacità
  • sui saperi -  legge competenza come “saperi messi in atto”
  • sui “saper –fare”-  definisce competenza come un saper fare operazionale valido
  • sui saperi, saper fare e saper essere - come insieme strutturato di conoscenze, abilità ed atteggiamenti necessari per l’ efficace svolgimento di un compito lavorativo
  • sui comportamenti/saper-essere - strettamente legato alla personalità dell’individuo (saper essere!). In questo caso la competenza è resa tale da alcune disposizioni personali, motivazionali…
  • sulle competenze cognitive -  in questo caso la competenza viene rappresentata come la capacità generativa di risolvere un problema nuovo in un dato contesto
(Da Le competenze di base degli adulti - Quaderni Le Monnier n. 96- Roma 2001)
Cosa intendiamo per competenze? Come valutarle? E’ possibile certificarle?  
  1. integrazione disciplinare  
 L’idea di incontro tra discipline è a più livelli
  • pluridisciplinarietà come scambio di dati e informazioni tra saperi diversi
  • interdisciplinarietà come comunicazione e integrazione tra contenuti e metodi di saperi diversi
  • trandisciplinarietà come nuova forma di sapere. Valorizza le conoscenze delle singole discipline che, alimentandosi le una dalle altre, riescono a dare una visione del mondo che singolarmente con la loro parzialità non avrebbe mai potuto raggiungere.
Cosa tentiamo di praticare a scuola?    
  1. sistema di valutazione 
 Il sistema scolastico, così  decentrato, necessita di un meccanismo di controllo.
 Uno degli effetti della  burocrazia di controllo sulla qualità dell’ insegnamento potrebbe essere quello che viene definito”teaching to test”.Nei paesi come la Gran Bretagna, dove vengono effettuati controlli periodici del sistema, l’insegnamento viene a conformarsi alla struttura dei test ed i programmi stessi subiscono modifiche e/o amputazioni a seconda di ciò che viene richiesto dal centro. Esiste tuttavia la necessità di pratiche per la validazione e valutazione dei percosi formativi.
Quali sono i meccanismi da mettere in atto?  
  1. azioni di supporto all’autonomia  
il nuovo contesto normativo (dalla legge n. 59/1997 alla Legge Costituzionale n. 3/2001) segna il passaggio dallo stato “gestore” allo stato “regolatore” e sposta l’asse del sistema di istruzione e di formazione dalla verticalità delle procedure di gestione alla orizzontalità dell’organizzazione della scuola in relazione con il territorio. Ne scaturisce un nuovo modello di governance locale dove però la scuola non può perdere la sua centralità formativa.
Come fare per evitare di essere esecutori di progetti che talvolta hanno poco a che fare con la natura stessa della scuola?  
  1. innovazione e cambiamento 
cambiare il quadro orario con altre discipline, introdurre progetti e inventare nuovi corsi non è sperimentare, è semplicemente cambiare.
L’attività sperimentale è un itinerario di innovazione che si distingue dai comuni tipi di cambiamento per il suo rigore scientifico.
 
Un percorso è sperimentale quando la pratica diviene la traduzione di un discorso teoricamente ben definito.
 
STEFANIA STEFANINI   
 
 

 

Laboratorio di storia della cartografia

 

La storia della cartografia può essere un modo semplice ed efficace per iniziare un percorso transdisciplinare intorno ai nodi/snodi concettuali di modello, rappresentazione simbolica e narrazione.
 
In quell’impero, l’Arte della Cartografia raggiunse tale perfezione che la mappa d’una sola provincia occupava tutta una città, e la mappa dell’Impero, tutta una provincia.
Col tempo, codeste mappe smisurate non soddisfecero e i Collegi dei Cartografi eressero una mappa dell’Impero, che uguagliava in grandezza l’Impero e coincideva puntualmente con esso.
Meno dedite allo studio della cartografia, le generazioni successive compresero che quella vasta mappa era inutile e non senza empietà la abbandonarono alle inclemenze del sole e degl’inverni.
Nei deserti dell’Ovest rimangono lacere rovine della mappa, abitate da animali e mendichi; in tutto il paese non è altra reliquia delle discipline geografiche.
Jorge Luis Borges, L'artefice
 
Il paradosso di Borges fa capire che non è possibile rappresentare la vastità e totalità del reale e che la complessità di un fenomeno può essere trattata solo attraverso l’elaborazione di un modello che necessariamente non sarà mai uguale alla realtà stessa
La cartografica è simbolizzazione e reinvenzione della realtà, è una visione del mondo, cioè una traduzione attraverso i segni della realtà percepita dall’uomo.
Attraverso la storia della cartografia gli studenti toccano con mano che la rappresentazione del mondo da parte dell’uomo è cambiata nel corso della storia a causa di fattori storici, culturali, religiosi e di perfezionamento tecnico . Come scrive Humboldt: “le carte geografiche esprimono le opinioni e le conoscenze più o meno limitate di chi le ha costruite”, sono un prodotto collettivo della società.
 
Le slides qui sotto sono un collage di un lavoro di gruppo della classe IIIB del Liceo Scienze Sociali- A. Pieralli di Perugia.

Stefania Stefanini

 
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Sistemi e modelli delle Scienze naturali

Lezioni sulla complessità a cura di Stefania Stefanini e Francesco Colaianni docenti di scienze sociali e filosofia presso Istituto A. Pieralli - Perugia

sommario: la complessità | sperimentazione didattica | sistemi e modelli

 

 
Sistemi e modelli delle Scienze naturali
A cura di Tiziana Cosucci, Docente dell’Istituto di Istruzione Superiore”A.Pieralli”- Perugia 
 
Il percorso proposto si inserisce nell’ambito della compresenza tra Scienze Naturali e Scienze Sociali in un terzo anno di corso dell’indirizzo Liceo delle Scienze Sociali dell’Istituto Pieralli di Perugia.
La tematica affrontata è quella relativa al rapporto uomo-ambiente sia per quanto riguarda i sistemi biologici che mettono in relazione l’organismo umano con l’ambiente esterno o interno (sistema nervoso), sia per quanto riguarda le relazioni umane con il territorio  (sistemi produttivi e l’integrazione suolo- biomi/suolo agricoltura).
Lo scopo dell’attività svolta è stato quello di integrare metodi, contenuti e linguaggi disciplinari pur mantenendone la specificità e l’autonomia, utilizzando un approccio di tipo sistemico. Tematiche complesse di interesse comune a più discipline sono state affrontate in modo integrato, cercando di superare la frammentazione dei saperi specialistici e fornendo diverse possibili chiavi di lettura di un fenomeno.
 
 
1. PERCHE’ SUPERARE L’INDUTTIVISMO
 
Il rapido sviluppo delle scienze biologiche, fisiche e chimiche ha reso sempre più difficile comprendere i complicati meccanismi che vengono studiati e scomposti da gruppi di scienziati sempre più specializzati. Per questo è estremamente importante sviluppare un atteggiamento scientifico ed arrivare a una comprensione dei modi di procedere della scienza nelle sue linee generali: una comprensione che non punti soltanto all’acquisizione di informazioni “staccate”e tecniche ma anche alla conoscenza dell’evoluzione del metodo scientifico e del modo attuale di procedere della scienza. Il metodo scientifico attuale ha superato l’induttivismo più ingenuo per il quale la semplice osservazione è sufficiente ad innescare tutta una serie di tappe che abbiano come conseguenza la formulazione di una teoria o di un modello: chi osserva deve già avere delle idee e delle conoscenze che gli permettano di trovare quello che sta cercando.
 
Va inoltre aggiunto che non è solo il patrimonio delle teorie scientifiche, trasmesso dalle generazioni precedenti, a esercitare una profonda influenza su qualunque ricercatore, per geniale che sia: in realtà, ciò che sta alle sue spalle è un patrimonio assai più vasto, costituito da molteplici fattori.
Grande influenza hanno le concezioni filosofiche generali (la cosiddetta “metafisica influente”) che in parecchi casi lo scienziato assimila, consapevolmente o no, dai grandi indirizzi culturali della propria epoca – basti citare l’influenza esercitata su Newton dal platonismo della scuola di Cambridge o quella esercitata su Bohr dall’esistenzialismo di Kierkegaard. Il singolo ricercatore attinge inoltre suggerimenti sia dalle analisi critiche, di carattere metodologico, eseguite dagli scienziati e dai filosofi delle generazioni precedenti (basti ricordare il debito che Einstein dichiara esplicitamente di nutrire nei confronti di D. Hume e di E. Mach), sia dallo studio di taluni modelli esplicativi adoperati con successo prima di lui in riferimento a determinati campi dell’esperienza e che egli estende arditamente, per analogia, a campi notevolmente diversi (tutta la modellistica della fisica moderna costituisce una palese conferma dell’importanza di tali modelli).
 
E’ impossibile sostenere, in via generale, la preminenza di uno di questi fattori sugli altri; non di rado essi hanno agito simultaneamente, in un intreccio pressoché inestricabile, tale da rendere lecito parlare del patrimonio in questione come di una autentica unità dialettica.      
 
 
fig.1: Il metodo scientifico tradizionale
Metodo scientifico tradizionale
 
             

 

 
fig.2: Il metodo scientifico attuale
Metodo<br />
            scientifico attuale
 

 

 

 

 
2.  PERCHE’ L’APPROCCIO TEORICO – DEDUTTIVO - SISTEMICO
  
La scelta di procedere per modelli e teorie non ha solo un fondamento scientifico epistemologico, ma deriva anche da una riflessione prettamente didattica basata sulle esigenze poste dall’ evoluzione delle strategie di ragionamento di uno studente  del triennio di un Liceo: passaggio dall’approccio più tipicamente induttivo (per il quale risulta indispensabile e preliminare il momento operativo) ad un pensiero più deduttivo che sostituisca gradualmente la visualizzazione del fenomeno, la realtà percepibile e il mondo sensibile con rappresentazioni mentali efficaci e costruisca i propri fondamenti su percorsi e linguaggi complessi, astratti e teorici.
 
Il concetto di sistema come insieme di elementi in interazione tra loro (retroazioni o feedback), il concetto di equilibrio o omeostasi di un sistema risultante dalla giustapposizione di elementi complementari nel quadro di una organizzazione unificata, cioè l’integrazione di elementi di un sistema, sono stati gli elementi concettuali metodologici unificanti di tutto il percorso di conoscenza.
 
 
fig. n. 3 Sistemi biologici, sistemi naturali: relazioni e omeostasi
 relazioni e omeostasi
 
 
 
fig. n. 4 Analisi sistemica dei contenuti nel quinquennio
Analisi sistemica dei contenuti nel quinquennio
 
 
 

 

 

 

I vari sistemi sono stati studiati sia attraverso l’approccio analitico che attraverso l’approccio sistemico in quanto metodi complementari e irriducibili l’uno rispetto all’altro.
L’approccio analitico tende a ricondurre il sistema ai suoi elementi costitutivi e a studiarli nei minimi dettagli alla ricerca di regole generali che possano essere applicate a situazioni differenti, ma sulla base di parametri comuni o quantomeno confrontabili tra loro. Questo metodo può contribuire a definire modelli dinamici sufficientemente rispondenti ai sistemi semplici o a bassa complessità.
I sistemi complessi e disomogenei,  invece, devono essere analizzati nella loro totalità, utilizzando un approccio metodologico sistemico o olistico, cioè in grado di analizzare e prevedere la loro dinamica in base al variare delle diverse componenti.
 
fig. n. 5 Confronto tra approccio analitico e approccio sistemico
Confronto tra approccio analitico e approccio sistemico
 
 
 
3.      L’USO DEI MODELLI NELLA DIDATICA DELLE SCIENZE
 
L’uso dei modelli diventa indispensabile sia nell’approccio analitico, sia nell’approccio sistemico.
Il modello è la descrizione completa di un fenomeno o di un sistema, delle sue caratteristiche e delle sue logiche di comportamento, espressa attraverso formulazioni matematiche o sequenze miste di formulazioni matematiche e proposizioni. La descrizione vale per tutti i fenomeni o i sistemi dello stesso tipo, quindi permette di prevedere il comportamento di un dato sistema in una serie di circostanze.
L’approccio analitico usa modelli precisi e dettagliati ma difficilmente utilizzabili per decidere strategie di azione, l’approccio sistemico usa modelli insufficientemente rigorosi per essere alla base della conoscenza scientifica, ma utilizzabili per decidere le strategie d’azione.
Nell’ambito dello studio del sistema nervoso (primo modulo del percorso didattico) possono essere considerati esempi di modelli la  pompa sodio- potassio,  l’arco riflesso, il riflesso di difesa di Aplisia californica e la relativa capacità di sensibilizzazione e assuefazione, cioè di forme di apprendimento e memoria con basi biochimiche cellulari. Lo studio del comportamento di Aplisia è un perfetto esempio di integrazione dei contenuti delle discipline, in quanto dimostra che l’apprendimento  e la memoria possono essere studiate sia in relazione alla analisi delle modificazioni comportamentali (meccanismi psicologici), sia in relazione ai cambiamenti biochimici a livello neuronale,  che è possibile identificare e conoscere.
 
 
Articolo scientifico tratto da “Le Scienze” utilizzato come testo da analizzare ed interpretare in classe
 
 
Apprendimento e memoria in Vitro
Da P.G. Montarolo – S.Schacher “Apprendimento e memoria in vitro”
 
[…] I mezzi che l'uomo, come la maggior parte delle specie animali, ha a disposizione per adattarsi all'ambien­te sono essenzialmente due: l'evoluzione biologica e l'ap­prendimento. L'evoluzione biologica, legata al corredo cromosomico, è un processo lento, misurabile in termini di migliaia se non di milioni di anni negli organismi su­periori; l'apprendimento è, invece, un processo rapido e il suo ambito temporale è l'arco di vita dell'organismo. Per poter sopravvivere un animale deve essere in grado di riconoscere certe relazioni chiave tra situazioni ed eventi esterni. Deve, per esempio, saper distinguere la preda dal predatore, un frutto buono da uno velenoso. Vi sono due possibilità per arrivare a queste conoscenze; la capacità di distinguere tra due alternative può essere programmata nel sistema nervoso centrale fin dalla nascita, oppure si può acquisire tramite l'apprendimento. [...] Gli organismi più complessi hanno la capacità di adattarsi alle nuove situazioni che, di volta in volta. si presentano nel corso della loro esistenza. Questa capacità di adattamento deri­va dal fatto che l'esperienza può modificare il sistema nervoso e quindi il comportamento dell'animale. In questo concetto di adattabilità è racchiuso il significato dei termi­ni apprendimento e memoria.
 
[..] Una possibile strategia per comprendere i meccani­smi cellulari dell'apprendimento e della memoria consi­ste nel descrivere esattamente il circuito nervoso che presiede a un comportamento plastico, vale a dire modificabile dall'esperienza. Successivamente si deve analizzare la natura delle modificazioni indotte dall’ ap­prendimento nella catena neuronale. Questa non è un' im­presa facile se si studiano i fenomeni nei vertebrati supe­riori. Infatti il numero di neuroni coinvolti in comportamenti semplici, come ceni riflessi di difesa dei mammife­ri, è dell'ordine di diverse migliaia. [...] È possibile Superare in parte queste difficoltà individuando compor­tamenti plastici in animali dotati di Sistema nervoso molto semplice. Questo è il principio da cui alla fine degli anni  sessanta partì  Eric R. Kandel della Columbia University. Come oggetto di studio egli scelse Aplysia califòrnica, un mollusco gasteropodo marino che ha un sistema nervoso centrale relativamente semplice formato da circa 20 000 neuroni, distribuiti principalmente in nove raggruppa­menti, i gangli. I corpi cellulari di alcuni neuroni di Aplysia possono raggiungere il diametro di 1,5 millimetri (le più grosse cellule nervose dell'uomo hanno un diametro circa 30 volte inferiore).[...].
 
L'apprendimento. grazie allo studio di etologi come Konrad Lorenz e Kikolaas Timbergen. si è rivelato una proprietà molto diffusa nel regno animale. Ciò non significa che i processi di apprcndimento ncll’uomo e in Aplysia siano uguali, ma sta a indicare che. nei due organismi, si possono riconoscere alcuni meccanismi comuni, conservatisi attraverso la filogenesi. Sono proprio questi aspetti comuni che si vuole identificare e descrivere, utilizzando animali dotati di un sistema nervoso centrale molto più semplice di quello dell'uomo.
Il comportamento analizzato da Kandel e dai suoi collaboratori è un semplice riflesso di difesa: il riflesso di retrazione della branchia e del sifone. La branchia è l'organo respiratorio; il sifone è un'estroflessione imbutiforme di una struttura chiamata mantello, la cui parte membranosa ricopre la branchia. Una stimolazione tattile del sifone produce una rapida e prolungata retrazione della branchia all'interno della cavità del mantello.[…]
 
Una decina di stimolazioni tattili del sifone, ripetute a intervalli regolari di 20-30 secondi, produce una progres­siva riduzione della durata e dell' ampiezza della retrazione fino alla soppressione del riflesso. La diminuzione o la scomparsa della risposta può persistere per poche ore o per alcuni giorni a seconda della durata del protocollo di stimolazione utilizzato. Si parla di assuefazione rispetti­vamente a breve e a lungo termine.
 
Dapprima Kandel e i suoi collaboratori hanno studiato i meccanismi cellulari alla base dell' assuefazione a breve, termine e hanno identificato la causa della riduzione della risposta comportamentale nella diminuzione della trasmissione a livello delle sinapsi che i neuroni sensoriali formano con le cellule bersaglio che in questo caso sono gli interneuroni e i motoneuroni. In seguito Mark Klein della Columbia University ha scoperto che la riduzione della trasmissione sinaptica era dovuta alla progressiva diminuzione dell'entrata di ioni calcio (Ca++) nella cellula sensoriale durante i potenziali d'azione generati dalle ripetute stimolazioni tattili, La riduzione del flusso di Ca++ diminuisce la quantità di neurotrasmettitore liberato dalle terminazioni dei neuroni sensoriali,
[...] Il neurotrasmettitore non viene liberato come singola  molecola, bensì in pacchetti multimolecolari chiamati quanti. Si ritiene che i quanti siano contenuti in strutture subcellulari, le vescicole, presenti in grande quantità nelle terminazioni presinaptiche. Le vescicole si aprono e liberano il loro contenuto nello spazio intersinaptico solo se vengono a contatto con strutture specializzate della parte  interna della membrana cellulare, i si ti attivi (o zone attive). Il quanto di trasmettitore, interagendo con lo specifico recettore sulla membrana del neurone postsinaptico, causa una piccola variazione (dell'ordine di microvolt) del potenziale di membrana: il potenziale postsinaptico in miniatura. La contemporanea liberazione e di migliaia di quanti produce, invece, una più ampia variazione (dell'ordine di millivolt), il normale potenziale postsinaptico. Questa liberazione ingente di mediatore chimico è causata prevalentemente dall' ingresso, nella terminazione presinaptica, di Ca++ durante il potenziale d'azione. Il Ca++ infatti permette l'interazione delle vescicole con la zona attiva. [...]
 
Un'altra forma di plasticità comportamentale molto stu­diata dal gruppo della Columbia University è la sensibilizzazione. [...] Una scossa elettrica alla testa o alla coda di Aplysia fa sì che la successiva stimolazione tattile del sifone produca una contrazione della branchia più intensa e duratura di quella che si osserva in seguito a una analoga stimolazione prima della scossa; il meccani­smo cellulare di questo aumento della risposta comportamentale è in un certo qual modo opposto a quello responsabile dell'assuefazione. Infatti. la trasmissione del segnale a livello della sinapsi sensomotoria diminui­sce nell'assuefazione, mentre viene potenziata nella sensibilizzazione. L' aumento è dovuto all'azione di neuroni facilitanti (NF), non inclusi nel circuito del riflesso di retrazione della branchia e attivati dallo stimolo nocivo applicato alla testa o alla coda.[...] Si hanno valide ragioni per ritenere che uno dei neuromediatori liberati dai neuroni facilitanti sia la serotonina che agisce sulla cellula sensoriale.
Uno di noi (Samuel Schacher) è riuscito a ricostruire in coltura la cmponente essenziale del riflesso. Con fine tecnica chirurgica si rimuovono dal ganglio addominale alcuni neuroni sensoriali e un motoneurone [. .1 Metten­doli in stretta vicinanza in una capsula di Petri contenente un opportuno mezzo di coltura essi formano alcune sinapsi sensomotorie. [...] La sensibilizzazione a breve termine in vivo si ottiene sottoponendo la coda dell' animale a una scossa elettrica. In vitro siamo ricorsi, invece, a uno dei presunti mediatori utilizzati dai neuroni facilitanti: la serotonina. L'aggiunta al mezzo di coltura di 2 millimetri cubi di serotonina determina l'incremento, per qualche minuto, del potenziale post-sinaptico eccitatorio del neurone sensoriale.
In collaborazione con Robert Hawkins, abbiamo ottenuto lo stesso risultato con un esperimento più elegante, ese­guito su un circuito trineuronale.
Il neurone aggiunto alla componente sensomotoria del riflesso è uno dei neuroni facilitanti attivato dalla sti­molazione elettrica della coda. Nel ganglio addominale questa cellula nervosa è in contatto sinaptico con i neuroni sensoriali. In coltura la stimolazione elettrica intracellulare del neurone facilitante produce, come la serotonina, una facilitazione della trasmissione a livello della sinapsi sensomotoria.
Francesco Belardetti, ora all' Università del Texas a Dallas, mediante registrazioni effettuate su cellule sensoriali in coltura ha dimostrato che la serotonina, come nel ganglio, esercita la sua azione di modulazione della trasmissione sinaptica chiudendo il canale S per il potassio e aumentan­do, in questo modo, la durata del potenziale d'azione. 
 
 
 
Nell’ambito dei sistemi naturali o anche in parte antropizzati, come il suolo, e comunque in ambito ecologico, vengono utilizzati modelli dinamici idonei a valutare processi di simulazione della realtà in modo da poter determinare in anticipo quali conseguenze a volte non più reversibili possono prodursi se si variano le diverse componenti del sistema.
I modelli usati in questo ambito sono molteplici: catene, reti, piramidi alimentari come esempi di relazioni trofiche; cicli biogeochimici  quali esempi di continuo dinamismo del sistema e della materia; biomi, come esempi di integrazione tra fattori (suolo, clima, piante, animali) di un ecosistema.
 
 
 
fig. n. 6 Il ciclo del carbonio
Il ciclo del carbonio
 
 
 
 
 
Le mappe delle figure n. 7 e 8 sintetizzano due possibili percorsi che applicano e sperimentano il modello di integrazione proposto. Si tratta naturalmente di percorsi molto flessibili soggetti a modificazioni in itinere e che non hanno la pretesa di essere modelli assoluti, ma solo tentativi effettuati allo scopo di migliorare la qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento.
 
 
fig. n. 7 Sistema nervoso: controllo e integrazione
 controllo e integrazione
 
 
  
 
fig. n. 8 Sistemi produttivi: agroecosistemiSistema nervoso: controllo e integrazione
 agroecosistemi
 
 
 

 
BIBLIOGRAFIA
 
Le Scienze Ed.italiana di Scientific American Numero di Ottobre 1988
Daniela Bentivogli e Maria Pia Boschi – ECOambiente, Vol. II  Ed. Cappelli, Bologna 2001
Storia della scienza moderna e contemporanea, Vol. III,  P. Rossi, Ed. UTET, Torino 1988.
Albert Einstein – la gioia del pensiero, F. Balibar, Universale Electa/Gallimard, Trieste 1994.
Scienza e filosofia, K. R. Popper, Einaudi, Torino 1991.