Liceo del Made in Italy e LES: una riflessione

 

Il ddl varato dal CdM a sostegno del Made in ltaly è stato annunciato come nuova importante politica industriale, tanto che l'annuncio è arrivato prima che fosse firmato dai vari ministri. Sulla base di quanto è trapelato, è possibile esprimere subito apprezzamenti e critiche costruttive. I principali strumenti introdotti sono un fondo sovrano e la delega al governo per l'istituzione di un nuovo liceo. Il governo ha fatto questo ragionamento: dopo il Covid e dopo la guerra in Ucraina le filiere globali del valore si sono accorciate, molte materie prime sono venute a mancare, il livello tecnologico delle porzioni italiane delle filiere dovrebbe essere innalzato. Tuttavia, fortunatamente, nel dopo Covid le imprese italiane di eccellenza hanno aumentato la propensione a esportare e a innovare. In conclusione, dice il governo, per ampliare il numero di queste imprese, è più che mai necessaria «una classe dirigente che conosca il tessuto storico, sociale e culturale forgiato dalla storia millenaria» italiana. Per la verità, nel 2021 un rapporto del Centro Studi Confindustria aveva segnalato che già da qualche anno l'industria aveva riportato alcune forniture di materie prime in Italia (backshoring), aveva riorganizzato in casa le filiere, aveva cioè perseguito una strategia difensiva, con questa aveva attenuato nel 2020-21 l'impatto negativo dello shortage di alcune materie prime sul mercato ma, come indicato dall'Osservatorio delle Imprese della Sapienza, restava il nodo di una perdita di competitività della nazione. Insomma, una vera politica industriale dovrebbe puntare soprattutto al recupero della competitività.

Il ddl per il fondo sovrano è composto di pochi articoli perché i requisiti di accesso le condizioni, i criteri, le tipologie di intervento, l'individuazione del veicolo di investimento delle risorse, cioè praticamente tutto, saranno stabiliti con un decreto interministeriale. In altre parole, anche questo ddl è una sorta di delega al governo. La finalità è stabilita nell'articolo 1 il quale mette insieme alcune parole che suonano come slogan più che come obiettivi: filiere strategiche nazionali, coerenza con la politica industriale nazionale, transizione energetica, economia circolare, Made in Italy. Non si sa bene cosa voglia dire «strategiche» e quale sia la politica industriale nazionale (ufficialmente non esiste). L'aspetto molto positivo del ddl è che punta ad ampliare la platea dell'eccellenza, cioè il numero delle imprese che ce la fanno, e non a sprecare soldi pubblici per non far chiudere i cancelli di quelle che non ce l'hanno fatta. Cdp riconosce che questo Fondo è simile ai suoi, perciò si è detta disponibile a una propria partecipazione.

Il secondo ddl delega il governo a istituire un liceo del Made in ltaly, per indirizzare gli studenti alla cultura giuridica ed economica, alla tradizione umanistica, far maturare le competenze necessarie per cogliere la complessità e la specificità di alcuni settori strategici dell'economia del Paese, «cosiddetti settori del Made in Italy», insegnare i princìpi dell'economia manageriale delle aziende della moda, dell'arte e dell'alimentare oltre allo scenario economico internazionale, il commercio estero, eccetera, eccetera: L'aspetto molto positivo di quest'idea di liceo è che mira ad aumentare le competenze indispensabili a vincere le sfide mondiali, non a sprecare soldi pubblici per mantenere nell'ignoranza giovani meritevoli.

Resta un dubbio: invece di istituire un nuovo liceo, in tempi lunghi e con costi non quantificati, con mille battaglie parlamentari da ingaggiare con l'opposizione, sarebbe forse meglio se il governo rilanciasse ed estendesse un liceo poco conosciuto ma già esistente collaudato, apprezzato. Ci riferiamo al LES. Liceo Economico Sociale, istituito con d.p.r. 15.03.2010 n. 89. Il Les valorizza lo studio delle discipline giuridiche ed economiche le mette in relazione con quelle umanistiche scientifiche e sociali, contribuisce a formare un cittadino europeo, attivo e consapevole delle trasformazioni in atto nella realtà economico-sociale, offre un percorso educativo specifico per una lettura delle scelte e dei comportamenti economici, apre le porte a tutte le facoltà universitarie e, in particolare, a quelle economico-giuridiche. Come ha scritto l'economista Francesco Silva, esperto della cosa, basterebbe che il governo recepisse senza troppi costi alcune proposte ragionevoli di potenziamento e restyling del Les, presentate anni fa al Miur dalla Società Italiana degli Economisti, dalla Società Italiana di Statistica e dalla Associazione Europea per l'Educazione Economica, proposte chissà perché perse nelle nebbie. In Italia troppo spesso si preferisce ripartire da zero e fare battaglie logoranti.

Riccardo Gallo, presidente Osservatorio delle Imprese Sapienza