Salviamo il Paesaggio: la proposta di legge

NON VOGLIAMO SCAVARCI LA TERRA SOTTO I PIEDI. E ORA NESSUNO HA PIU' SCUSE

di Claudia Petrucci

Il 1 marzo, presso l'Istituto della Enciclopedia Italiana a Roma, il Forum Salviamo il Paesaggio ha presentato alla stampa, al pubblico e alle forze politiche, un breve testo di dieci articoli, dal titolo "Norme per l’arresto del consumo di suolo e per il riuso dei suoli urbanizzati”.

Le nevicate che bloccavano mezza Italia e le frenesie di fine campagna elettorale rischiavano di mettere in ombra l'evento, che invece è stato un successo, bello e meritato.

Gli intervenuti, in presenza o in video, sono nomi importanti. Solo per citarne alcuni, il giurista Paolo Maddalena, il metereologo Luca Mercalli, lo studioso dei suoli Paolo Pileri, i coordinatori del gruppo Alessandro Mortarino e Federico Sandrone. E poi Domenico Finiguerra, Paolo Berdini, Cristiana Mancinelli Scotti e molti altri.

I dieci articoli del testo sono il risultato di un lavoro che ha coinvolto per più di un anno un team di altissimo livello, formato da 75 esperti di diversi ambiti.Tutti hanno lavorato insieme, sottoponendo al vaglio di una osservazione scientifica multidisciplinare, e di un riscontro in esperienze sociali già in atto, ogni aspetto della proposta. Che è pronta per essere lanciata come legge di iniziativa popolare, ma che viene intanto presentata alla politica e alla società civile, perché comincino finalmente a prendersi carico delle questioni che affronta.

Lo spessore culturale e scientifico che sta dietro a questa proposta di legge, e il fatto che discipline e esperienze diverse si siano messe a collaborare in nome del bene comune, costituiscono già di per sé elementi straordinari, e molto rari nel panorama politico. I dati del consumo di suolo, della sua contaminazione e impermeabilizzazione costante, e della connessa perdita irreversibile di funzioni ecologiche, di sostenibilità agricola e alimentare, di coesione territoriale e sociale, e di salute pubblica, appaiono ogni anno nel rapporto ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale), che testimonia valori sempre più drammatici e pratiche economiche e politiche sconsiderate. Il rapporto 2017 ci informa "... Da novembre 2015 a maggio 2016, nonostante la crisi economica abbia rallentato la velocità del consumo l’Italia ha consumato quasi 30 ettari di suolo al giorno, per un totale di 5mila ettari di territorio.(...) Sebbene il suolo e il territorio siano riconosciuti come risorse vitali, nelle ultime decadi il tasso di suolo perso in Europa è cresciuto più del doppio rispetto all’incremento della popolazione (European Environment Agency, 2016)" . Se oggi una maggiore consapevolezza ha portato in alcuni paesi europei a strategie di limitazione, così non è stato in Italia, anzi. Il consumo continua veloce e interessa anche zone a pericolosità sismica, idraulica, da frana, fasce costiere già soggette a erosione, e perfino aree protette e parchi nazionali.

Da questo punto di vista la noncuranza dell'Italia costituisce uno scandalo anche rispetto agli orientamenti e ai programmi di azione ambientale europei, che fin dal 2006 , e poi ancora nel 2012, e nel 2013 , fino alla recentissima risoluzione del Parlamento Europeo del 1 giugno 2017, hanno avviato campagne e linee guida per porre un freno progressivo al consumo e alla impermeabilizzazione artificiale (soil sealing) così da arrivare all'arresto totale entro il 2050. L'Italia non ha rispettato nessuna delle tappe intermedie di un processo già di per sé difficile. Una proposta di legge di "contenimento del consumo" è giacente da anni in Parlamento, ma talmente massacrata da ambiguità terminologiche e di lettura, e possibilità di deroghe e di proroghe dell'esistente, da rendere inservibile o addirittura dannosa una sua eventuale approvazione.

Non è un caso che, nonostante l'euroscetticismo oggi tanto diffuso, più di 80mila cittadini italiani abbiano firmato tra il 2016 e i 2017 la campagna People4soil che chiedeva in materia una Direttiva europea, e quindi obblighi più precisi e controlli più stringenti nei confronti dei singoli stati.

La nuova proposta di legge è pubblicata nel sito www.salviamoilpaesaggio.it . Qui si possono leggere i dieci articoli, con l'elenco degli estensori, l'esauriente premessa introduttiva che indica anche i dati e le fonti del rapporto ISPRA, e numerosi contributi di approfondimento.

La proposta di legge parte dalla constatazione che il suolo è un bene comune e una risorsa limitata e non rinnovabile (articolo 1), e di conseguenza prevede (articolo 3) che dalla data di entrata in vigore della legge non sia consentito nuovo consumo di suolo libero, e che le esigenze insediative e infrastrutturali siano soddisfatte con il riuso e la rigenerazione del patrimonio esistente (prassi che per altro è già seguita in molte esperienze europee).

L'articolo 2, che sembra il più teorico, e si occupa delle definizioni di ciò che chiamiamo suolo, terra, costruzione, superfici, è forse il cardine di tutto il provvedimento. Sulle definizioni si giocano infatti le deroghe, le interpretazioni ingannevoli e gli aggiramenti che hanno determinato in buona parte anche la perversione della legge oggi giacente in Parlamento. Qui il nuovo testo è chiarissimo: per «consumo di suolo» si intende infatti " la modifica o la perdita della superficie agricola, naturale, seminaturale o libera, a seguito di interventi di copertura artificiale del suolo, di trasformazione mediante la realizzazione entro e fuori terra, di costruzioni, infrastrutture e servizi o provocata da azioni, quali asportazione ed impermeabilizzazione". Altrettanto chiare le definizioni di «superficie agricola, superficie naturale e seminaturale»: si tratta infatti di "tutte le aree non urbanizzate, utilizzate o utilizzabili per attività agricole o silvopastorali, nonché le altre superfici non impermeabilizzate o non compromesse da interventi o azioni (..), indipendentemente dalle classificazioni formali definite dagli strumenti urbanistici.Tali aree possono essere anche intercluse nel tessuto urbano". E questo è un punto notevole se si pensa a quanto contino le aree verdi, i parchi e gli orti urbani e periurbani nel definire il paesaggio delle nostre belle città.

Sulle modalità del riuso e della rigenerazione urbana verte l'articolo 4, che stabilisce anche l’obbligo per i comuni di fare un censimento degli edifici, pubblici e privati, di qualsiasi destinazione, sfitti, non utilizzati o abbandonati, con le loro caratteristiche e dimensioni.

Gli articoli 5 e 6 trattano degli interventi di rigenerazione delle aree urbanizzate degradate da un punto di vista urbanistico, socio-economico, paesaggistico e ambientale. E prevedono le misure di incentivazione attribuite ai diversi soggetti, pubblici e privati.

L’articolo 7 è fondamentale, perché vincola gli oneri di urbanizzazione esclusivamente alla realizzazione delle opere che non comportano nuovo consumo di suolo , ma risanamento, riuso, riqualificazione di aree già edificate, e quindi fa cessare per i comuni l'appetibilità di cedere suolo in cambio di risorse da destinare a altri scopi o servizi.

L’articolo 8 della legge ci richiama infine all'importanza delll'articolo 42 della Costituzione della Repubblica, che definisce la funzione sociale della proprietà privata. Individua quindi i beni che sono considerati abbandonati o inutilizzati e non più rispondenti a una funzione sociale, e ne prevede il ritorno , a cura dei comuni singoli o associati, alla proprietà pubblica. E l'articolo 9 stabilisce l'entrata immediata in vigore dei provvedimenti e le (poche) deroghe, che riguardano solo gli investimenti già in atto.

Già questa brevissima sintesi fa capire l'importanza del lavoro del Forum. "Ora la politica non ha più scuse " dichiarava la locandina della presentazione.

Ma la politica non ha più scuse anche per altri motivi, al di là del tema specifico, pur così fondamentale e vitale, di questa proposta. Questa proposta riflette un metodo di produzione di leggi, quindi di regole comuni. Qui hanno lavorato insieme (come si vede dall'elenco) esponenti di discipline, professioni e collocazioni sociali diverse, e (anche se dall'elenco non si vede) di orientamenti politici differenziati. Tutti hanno lavorato tenendo conto dello stato dell'arte più avanzato in Europa e nel mondo, e in nome non dell'affermazione della propria ragione sociale, professionale o partitica, ma del bene comune, così come è espresso dalla Costituzione della Repubblica e dagli aspetti migliori delle indicazioni europee.

Davvero questo modo di lavorare è il contrario di quello delle lobby, o forse rappresenta l'unica lobby che i decisori politici avrebbero il dovere di ascoltare, quella della cittadinanza consapevole, scientificamente e socialmente competente.

Gli estensori del gruppo non sono sognatori : tra di loro ci sono giuriste/i, scienziate/i, rappresentanti di professioni e categorie produttive. Un bell'esempio, anche per noi che camminiamo sulle strade dell' educazione.

Un bel testo da leggere e commentare insieme agli studenti, per far vedere a che servono in concreto le conoscenze delle discipline e delle professioni nel modellare il futuro di tutti. E magari anche per preparare un po' meglio quelle scadenze e quelle "giornate" che entrano regolarmente nel calendario scolastico (la giornata della Terra, la giornata dell'Albero) e che rischiano di sembrare a volte un po' forzate, come simulazioni di omaggio a un orizzonte virtuoso così spesso negato dalle pratiche .

Leggi qui i perchè della proposta

SISUS aderisce da anni al Forum "Salviamo il Paesaggio" e ne condivide le battaglie, grazie anche all'interesse costante ed all'opera di Claudia Petrucci. Nel 2016, all'inizio di questa campagna abbiamo dato il nostro appoggio incondizionato alla meritevole iniziativa qui presentata