Una zattera, un approdo

Performance di teatro e di scrittura dalle pagine dell'Odissea

Centro Sacro Cuore – Fatebenefratelli

San Colombano al Lambro, 5 Aprile 2016 – ore 10,30 Sala Convegni

L'Odissea: in apparenza un'unica grande storia, in realtà un mosaico di storie intrecciate nella memoria di cantori itineranti. Il cieco Omero era uno di questi, forse il capo o il maestro di una confraternita di cantori, esperti nell'arte della parola, ricercatori e interpreti di racconti tramandati provenienti da uno scenario frammentato di isole, di coste e di entroterre.

Dall'enciclopedica raccolta di racconti memorizzati, rivisitati come fa il sogno per accostamenti, sovrapposizioni, elisioni, ibridazioni, ha preso vita un mondo composito di paesaggi tutt'altro che uniformi, abitati da popolazioni che si affacciano con la diversità delle loro abitudini su mari le cui acque si confondono in una più vasta estensione. Sulla mappa di un Mediterraneo, nel contempo reale e immaginario, il canto evocatore di imprese di uomini e di dei ha tracciato i percorsi di un'esplorazione del comportamento umano che mai più così organica si è compiuta tra antichità ed età moderna. Suo esito la messa in luce della complessa funzionalità della mente, nelle sue disposizioni morali, conoscitive ed emozionali.

Non c'è pagina dell'Odissea da cui non emerga qualche aspetto del desiderio, della volontà, del sentire umano. Fortuna e contemporaneità del poema omerico si annidano in questo incessante scrutare nel gioco delle intenzioni, nelle oscillazioni dei sentimenti, nel riverbero dei ricordi, nelle lacerazioni passionali: da un libro all'altro non si attenua il fascio di luce gettato tra gli episodi per scandagliare i segreti, arcani meandri dell'anima. Un'anima mutevole, irrequieta, astuta, che non si vuol fare irrigidire, in cammino verso una meta: la meta del riconoscimento, del ricongiungimento con la propria identità. Itaca è questo: la terra simbolica, il luogo delle radici e dell'unità. Un luogo ben fisso nella mente, vicinissimo ma tuttavia lontano perché di continuo va riconquistato.

La vita così si presenta nell'Odissea: un vicino allontanarsi e un lontano approssimarsi. Nulla di più vero della problematicità, se non dello squilibrio che innerva l'esistenza. Condizione che non sempre gli uomini e le donne riescono a gestire nel corso delle loro esperienze. Da qui l'idea di poter far incrociare l'Odissea con altre odissee, di far scaturire dalla prima parole e immagini per la pur breve scrittura liberatoria delle seconde. Così nel vasto mare della narrazione omerica la scelta di lettura per il laboratorio con i degenti del Centro è caduta sul racconto, contenuto nel libro quinto e nel libro sesto, del vero inizio del ritorno di Ulisse verso Itaca, quando ormai solo, persi tutti i compagni, dopo sette anni vissuti nel nascondimento dell'antro della ninfa Calipso, per intercessione di Atena e per volontà di Zeus, l'eroe riprende la via del mare su una zattera da lui stesso costruita: via soggetta ad un tragico naufragio per vendetta del dio del mare, quel Poseidone, padre del Ciclope accecato dall'intrepido Ulisse, che ormai nel mezzo di una tempesta denudato di tutto e in balia della forza del mare riesce miracolosamente a salvarsi sulla costa dell'isola dei Feaci. Nausicaa e le ancelle lo scopriranno, nascosto tra le foglie, e prendendosene cura gli apriranno una volta per tutte la strada del riconoscimento e del definitivo ritorno.

Nell'arco di cinque mesi, tra novembre e marzo, al giovedì pomeriggio, nello spazio luminoso della biblioteca del Centro, si è andato a compiere il viaggio di Ulisse dall'invisibilità di un'isola sottratta allo sguardo di ogni navigante all'approdo sofferto e al tempo stesso accogliente tra un gruppo di giovani donne colme di attenzione e di umanità. Nel gioco dei passi e nello scambio degli sguardi ispirati dall'ascolto di Omero, nel provare a reinventare le azioni narrate, altre storie si sono aggiunte al gran canovaccio dell'Odissea. La personalità poliedrica di Ulisse ha preso il volto e la storia dei protagonisti in scena. Il suo patire e la sua meta sono simbolicamente divenuti parte dell'esperienza reale dei partecipanti che, di volta in volta immersi nelle atmosfere del racconto e sommersi nei naufragi virtuali delle prove di teatro, hanno trovato la chiave d'accesso agli anfratti nascosti delle loro memorie e da lì con carta e penna sono risaliti alla visibilità di una comunicazione che ha generato pagine di storie condivise e con esse un senso forte di comunità: la comunità del progetto teatro. Ricordi di infanzie ferite, affetti ritrovati nelle immagini di giornate vissute in contesti di relazioni serene, paesaggi marini, memorabili vacanze, un racconto di nascita, esperienze lavorative di accudimento accompagnano i passaggi del racconto epico.

Parte del più ampio progetto Odissee promosso dal Laboratorio degli Archetipi per la XXIX edizione della Rassegna di Teatro delle Scuole, cui partecipano ormai da anni gli utenti del CDD Il Melograno e del CSE/SFA Il Girasole del Centro Sacro Cuore, il laboratorio di teatro e di scrittura è stato ideato da Giacomo Camuri, filosofo, con la conduzione artistica di Micaela Sapienza, atttrice e docente di teatro danza. Con le educatrici del Centro, Patrizia Arrigoni e Emanuela Scandelli hanno partecipato Annamaria, Emanuela, Ettorina, Lucia, Renata, Franco, Gianluca, Giusepppe, Marco, Umberto e un altro Umberto. All'Associazione Malati Mentali di San Colombano al Lambro va il merito di aver sostenuto la realizzazione di quest'ultima appendice al poema omerico.