Superare l'etnocentrismo


Vai ai contenuti

Commenti

Gruppi di lavoro > Bilal

Da che parte cominciare, per commentare la presentazione a cui ho assistito, del libro Bilal - Viaggiare, lavorare, Morire da clandestini di Fabrizio Gatti. Un giornalista coraggioso, che mette a repentaglio la propria vita pur di far conoscere la verità su vicende per le quali abbiamo un'informazione a dir poco addomesticata.
Perchè la realtà non è immaginabile da chi, come me, ogni sera trova un letto pulito, può bere ogni volta in cui lo si desidera e disporre di tutte le comodità che si vuole; ma comunque ci impegnamo a lamentarci, mentre chi sta male davvero si accontenta di quello che ha.
Io stessa mi chiedo che cosa spinge qualcuno a fuggire dalla propria terra, pur sapendo che la strada per arrivare in Italia,in questo caso,è colma di insidie e non sempre si arriva vivi alla fine. Ascoltando il racconto, molte volte ho provato un senso di rabbia, perchè noi che apparteniamo ad un mondo benestante continuiamo ad arricchirci alle spalle di chi è troppo povero persino per ribellarsi ed ottenere giustizia.

Miriam Ritossa



Come può l’uomo comportarsi in questo modo?
Com’è possibile che esista una parte del mondo così lontana, ma così vicina? Lontana perché sembra impossibile che possa esistere, per noi che abbiamo tutto, vicina perché è presente anche nel nostro Paese, purtroppo.
È quasi troppo difficile riuscire ad immaginarlo questo mondo: foto, libri, parole e immagini non riescono a renderne l’idea. Bisognerebbe viverlo per capirlo. Per capire cosa significhi distruggersi sotto il sole, abbandonare tutto, andando verso il nulla con la speranza di un futuro, rischiando la vita stessa per cercare di costruirne una migliore. Tutto questo, per poi scoprire che, nel caso si riesca a raggiungere la meta,le cose cambino di poco, o addirittura peggiorino. Un viaggio massacrante che dimostra quanto coraggio abbiano queste persone. Un viaggio caratterizzato dalla sofferenza e violenza provocata da certi verso altri.
È sempre stato così: purtroppo, chi ha il potere lo sfrutta in maniera brutale, perché non può capire cosa significhi trovarsi dall’ altra parte della moneta. Una soglia sottilissima, che però divide due mondi, così vicini e composti entrambi da esseri umani. Ma allora qual’ è il motivo? Uno vero e proprio non c’è. Sarà la convinzione di essere i migliori e di detenere il potere per esercitare la propria autorità sugli altri.
La storia insegna: spesso i grandi del passato, pur sostenitori di libertà e uguaglianza, dopo aver raggiunto il potere è come se dimenticassero il loro scopo iniziale. Trovandosi in questa situazione, che ora tutto è nelle loro mani e poter decidere loro.. l’ orgoglio e l’egoismo hanno da sempre regnato nel genere umano, e continueranno a farlo.
Il concetto di grandezza di un uomo, penso consista nel saper placarli e controllarli, puntando ai propri obiettivi, senza dimenticare, però, i principi di partenza.

Lisanna Bartolovich



Lo spettacolo a cui ho assistito al teatro Miela di Trieste mi è piaciuto molto. A mio parere sia l'autore che i musicisti sono stati molto bravi ad esprimere i sentimenti, la cultura dei popoli africani e quelle sensazioni che Fabrizio Gatti deve aver provato durante il suo lungo viaggio da Dakar all' Italia. Mi è piaciuta molto la parte finale che parla della sua esperienza nei campi di pomodoro dove l' autore e protagonista della storia si trova davanti ad una realtà durissima di violenza e sfruttamento, che sospettavo esistesse, ma non ero mai entrato in un contatto con una testimonianza che provasse questi miei sospetti. A mio avviso la condizione in cui versano i migranti in Italia è a dir poco brutale e provo grande ammirazione verso le persone come Fabrizio Gatti che toccano con mano queste realtà per capirle e denunciarle, e sarebbe cosa giusta che anche la società e le istituzioni riconoscessero la dramaticità della situazione italiana. Infine sono molto contento di aver assistito allo spettacolo nonstante la musica suonata non era di mio gusto anche se carica di significato.

Guido Rossetti Cosulich

Trovo difficoltà a descrivere quello che ho visto durante lo spettacolo di Fabrizio Gatti, intitolato Bilal che racconta la storia di questo giornalista che fa finta de essere un clandestino e si mette in marcia dal sud del mondo fino ad arrivare al di là del mediterraneo.
Una serie incontrastata di emozioni dall’ allegria alla tristezza, ma sempre con al fondo l’amarezza e la rabbia di quello che è stato raccontato.
Provo a chiudere gli occhi sperando do provare ad immaginare, anche minimamente, quello che ha passato lui e che passano tutte le persone, che come loro ultima possibilità per una vita migliore, giusto ad un passo prima della morte decidono di affrontare questo viaggio disumano. Neanche le foto che scorrono mi aiutano ad immaginare, l’unica la voce di una persona, quella di Gatti, che si sente in lui proprio la verità di uno che lo ha vissuto sulla propri pelle. Mi sorgono mille domande in testa come ha fatto Gatti, ma in genere tutti quelli che si mettono in viaggio, a sopportare tutte quelle cose, lui in particolare perché aveva la possibilità di fuggire da questo, aveva quel cartoncino con le venti pagine in mezzo chiamato passaporto.
Mano a mano che il racconto v a avanti non capisco più se si sta parlando di persone o di animali, il modo in cui vengono trattai e considerati mi fanno arrivare al punto di commuovermi. Quando lo spettacolo finisce, ritorno a casa, non riesco a far finta di niente ma non so cosa posso fare, dopo tutto quello che è stato raccontato!Mi sento un po’ in colpa la mia casa è calda con un letto e una disparata serie di comodità che solo ora non mi sembrano più così scontate.
Un’ ultima domanda, la politica come può passare oltre a questi problemi così importanti, le persone che la formano non hanno una coscienza? Dove sono andati a finire i sentimenti di lealtà, altruismo, il rispetto no esiste più. Forse le parole che ho usato sono troppo forti il punto è che ho visto lo spettacolo poco tempo fa e la rabbia e l’amarezza si risvegliano in me se ci ripenso. Pur troppo sono solo una alunna un granello di sabbia disperso nel mondo, non so cosa fare l’unica cosa e quella di raccontare per informare le persone che non conoscono tutto ciò almeno per smuovere un po’ le coscienze.

Caterina Scarazzato



Menu di sezione:


Torna ai contenuti | Torna al menu