IN NOME E PER CONTO DI LOUJIN

 

 

Ancora morti ammazzati dall’incuria e dalla politica fasso tutto mi e invece fasso proprio niente. Ancora morti alla deriva ma stavolta neppure come solitamente accade affogati tra le onde del mare. Peggio, bambini e bambine morti per sete e per fame, donne e uomini stremati, ustionati, morti nell’agonia più lenta, più terribile, più inaccettabile.

A chi pensa di fermare questa persistente ecatombe con l’indifferenza, il ritardo organizzato, con la responsabilità rispedita al mittente giocando di sponda, con le motovedette regalate, con le navi da guerra a mezzo del mare, con i flussi di denaro e di armi, sarebbe bene ricordare il valore della vita umana, soprattutto è necessario ricordare quanto sia imperdonabile non salvare un bambino, non esser pronti per tempo, senza se e senza ma. Bambini se ne vanno senza un saluto, una preghiera, in assenza di una costante e giornaliera operazione di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale, ricerca e salvataggio che prenda in carico questa umanità derelitta per una porzione di terra che faccia accoglienza.

Troppo facile trincerarsi dietro il rifiuto, l’impossibilità, la scelta politica di barricare ogni entrata, infischiandocene di quei fagottini privi di vita. Troppo facile e troppo vile, alla luce delle scelte armate, finanziarie, economiche politiche, a favore di altri paesi a noi assai vicini, per cui siamo costretti a innestare le baionette, a dimenticare tante cose, autorizzando così la dimenticanza del barcone rimasto per giorni in mare tra fame e sete. Ben sapendo che il soccorso in mare è un imperativo umanitario contemplato a caratteri cubitali nel diritto internazionale.

C’è un pensiero che scava a fondo la ragione, ma è mai possibile, accettabile, che nessuno abbia raccolto un allarme, nessuno si è accorto di niente, radar e strumentazioni sofisticate dormienti, nessuno disposto ad aiutare se non a salvare? L’impressione che se ne ricava è che la politica, l’Europa, il mondo, finchè lo scempio rimane a debita distanza, si ostina a guardare con noncuranza, soprattutto a non vedere la mattanza continua di innocenti, la tragica disperazione di chi intraprende il viaggio spesso sempre più spesso ultimo, nella totale indifferenza che marca a fuoco una disumanità travestita a forza di una non meglio identificata legalità.